tosarei
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« Risposta #30 il: 26 Marzo 2014, 09:08:34 » |
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oh finalmente! peccato che adesso stia lavorando e per le prossime 8/9 ore non possa leggerlo
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« Risposta #31 il: 26 Marzo 2014, 10:56:44 » |
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io avevo stampato i primi per leggerli a letto, ma non mi ricordo che fine hanno fatto. poi archivio per quando avrò tempo cioè mai
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tosarei
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« Risposta #32 il: 30 Marzo 2014, 09:43:19 » |
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"Rosencranz e Guilderstern sono morti" una citazione al cubo . pensa che proprio in questi giorni mi era venuta voglia di rivedere il film di Tom Stoppard, che ai tempi avevo visto almeno tre volte (al cinema). adesso però 1) finiscilo 2) fai rimontare la Divina, che me la stai un po' strapazzando...
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« Ultima modifica: 30 Marzo 2014, 10:03:55 da artesio »
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« Risposta #33 il: 31 Marzo 2014, 10:52:47 » |
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Meraviglioso, peccato che Kai sia ancora vivo. Ed entra in scena Cosmo Babylonia? Ci manca solo una neonata Cecilia (ma forse non è ancora nata). Per una volta Haro serve a qualcosa! Ottimo lavoro. Non c'è nulla di più bello della Divina che strapazza Kai in ogni momento, se poi lo lasciasse, per sbaglio, sulla nave sarebbe il massimo.
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"Sayla Mass! È per assicurarci che questo simbolo dell’Universo non sia più sconvolto che siamo nati! Sayla Mass! È per restituire un vero potere nelle sue mani che sorgiamo noi, la Brigata di Sayla!"
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tosarei
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« Risposta #34 il: 31 Marzo 2014, 14:33:36 » |
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peccato che Kai si riveli molto perspicace - qua e la più di lei ...
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iHkrua
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« Risposta #35 il: 31 Marzo 2014, 16:30:47 » |
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« Risposta #36 il: 07 Aprile 2014, 13:30:56 » |
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VI
Sebbene la Ra Cailum, astronave ammiraglia dei Lond Bell Corps, misurasse quasi mezzo chilometro di lunghezza e contasse un equipaggio paragonabile ad una piccola cittadina, il fenomeno colloquialmente conosciuto come “radio prora”, ovvero la facilità con cui le voci di corridoio ed i pettegolezzi si spargevano tra le persone di ogni età, ruolo e grado, non era meno efficace di quanto fosse nelle unità minori della flotta federale. La notizia di quanto stava avvenendo appena oltre le Nubi di Kordilewsky, a poche decine di chilometri dalla nave, era stata originata dalla Sala Radio, che l'aveva comunicata come suo dovere in Plancia, dove un cuoco impegnato nel servire il caffé al personale di guardia l'aveva captata e riportata alle cucine, dalle quali era stata poi diffusa alle mense ed al bar, per raggiungere infine le sale macchine e i due hangar principali. “Hai sentito, Jupiter boy? Là fuori c'é nientemeno che la Cometa Rossa!”, aveva ciarlato ad un certo punto uno dei meccanici, e la notizia aveva colto Judau Ashta così di sorpresa dal distogliere la sua attenzione da quell'epiteto, “Jupiter boy”, che detestava profondamente e che già lo aveva spinto a fare a pugni molte volte coi suoi commilitoni da quando, pochi mesi prima, aveva lasciato la Compagnia Energetica di Giove per tornare, dopo un decennio, a prestare il suo talento come pilota di Mobile Suit agli ordini di Bright Noa. Judau aveva incontrato Amuro Ray solo due volte, in vita sua, non dando particolare peso alla cosa, almeno inizialmente. La Guerra di Un Anno aveva infuriato e s'era spenta quando lui era ancora un bambino, troppo lontana nel tempo e nello spazio, vissuta a distanza e di riflesso nella relativamente sicura Shangri-La di Side 1, colonia filo-zeoniana che aveva goduto di protezione da parte del Principato, a patto di cedere in cambio parte del proprio Spazio Aereo all'asteroide-fortezza chiamato prima Solomon e successivamente Kompei Island. C'erano voluti i Titans, o meglio un sopravvissuto di essi, Yazan, per far maturare in quel ragazzino una coscienza adulta, all'alba della Prima Guerra di Neo Zeon. Il conflitto aveva trasformato quello che era un ladruncolo ed un giovinastro in un adulto maturo, in un fratello maggiore premuroso e alla fine in un marito dedito, cambiamenti che lo avevano portato perfino ad allontanarsi dai commilitoni per molti anni. Solo la notizia della morte di Amuro Ray a seguito del suo estremo tentativo, peraltro riuscito, di impedire alla vecchia roccaforte nemica Axis di cadere sulla Terra aveva innescato nell'ormai venticinquenne Judau il tarlo del dubbio, il sospetto di non essere là dove avrebbe dovuto, di non star facendo quello per cui era davvero nato. Gli ci erano voluti mesi per convincere Roux, la sua ex compagna d'armi e adesso consorte, a lasciarlo provare, a lasciarlo tornare. Non meno tempo aveva preteso la Compagnia di Giove prima di concedergli un periodo sabbatico ovviamente non remunerato. La paga da sottotenente di Lond Bell non era minimamente paragonabile a quella di addetto alla sicurezza dei trasporti energetici per conto della ditta, ma la sensazione di essere finalmente nel posto giusto, a fare la cosa giusta, almeno per adesso bastava a colmare la differenza. Fu rimuginando questi pensieri che Judau lasciò l'hangar, percorrendo sei diversi corridoi saldamente aggrappato alle maniglie scorrevoli, fino a giungere in Plancia. Quando entrò il comandante dell'astronave, il Capitano di Vascello Josef Meran, aveva due proiezioni olografiche davanti agli occhi: la prima era una videochiamata al Comandante in Capo di Lond Bell, il Contrammiraglio Bright Noa, che gli parlava dal suo ufficio di Londenion; l'altra era un'istantanea dello spazio esterno. Judau si concentrò su quest'ultima: vide una porzione dello scafo di una gigantesca astronave che istantaneamente riconobbe come una classe Jupitris, identica a quelle sulle quali aveva lavorato fino a pochi mesi prima... lo stupore nel vederne un esemplare in un'area così inusitata del Sistema Solare venne però sorpassato da quanto dominava il centro dell'immagine: un Gundam vecchio modello ed uno Zaku rosso che affrontavano, spalla a spalla, un plotone di Geara Zulu che sembravano intenzionati a circondarli. “Judau, so a cosa stai pensando...”, lo distolse una voce interfonica proveniente dall'altra trasmissione. Judau alzò lo sguardo verso Meran e l'ologramma di Bright. “...non abbiamo abbastanza elementi per decidere quale linea d'azione intraprendere”, continuò Bright, “stavo appunto consigliando al Comandante Meran di aspettare ed osservare l'evolversi della situazione...” Bastarono quelle poche parole a far trasalire il giovane ufficiale. “Tra qualche minuto potrebbe non esserci più, una situazione da osservare!”, sbottò fuorioso Judau indicando l'altra immagine. “La Cometa Rossa é una fuorilegge ricercata dalla Federazione”, disse Meran scuotendo la testa. “Per voi, forse... per me é una persona cui devo la vita di mia sorella!”, rispose Judau voltandosi di scatto ed infilando la porta della plancia. Meran provò ad articolare un rimprovero, ma non fece in tempo ad emettere un suono che il pilota era già uscito, verosimilmente diretto all'hangar dei Mobile Suit. Il comandante volse lo sguardo al suo superiore, che sedeva alla sua scrivania con le mani incrociate sul ripiano ed i pollici che tamburellavano nervosamente sui palmi. “Lascialo andare”, disse lui, “perlomeno, finalmente avremo un collaudo realistico del nuovo Gustav Karl!” “É un elemento difficile, da gestire!”, rispose Meran, sottintendendo quanto fosse dipeso dal volere di Bright, il rientro di uno come Judau nelle Forze Federali. E quanto lui vi si fosse opposto, a suo tempo. “Lo so”, ammise il contrammiraglio, “ogni volta che gli parlo, rimpiango Kamille e Banagher!” “Pensavo rimpiangesse il Colonnello Ray, ammiraglio!”, sospirò Meran. Bright annuì, greve. “Vent'anni fa non mi sarei mai sognato che un giorno l'avrei detto ma… Amuro, adesso, lo rimpiango ogni giorno.”
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« Risposta #37 il: 07 Aprile 2014, 13:31:34 » |
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Kai adorava avere ragione. Non c'era sensazione più inebriante, per lui, che il riscontro oggettivo di un fenomeno o una situazione che avesse già in anticipo dedotto o subodorato. Se poi la sua intuizione s'era dovuta scontrare col sentire altrui, prima della conferma, la sensazione che ne traeva era dieci, cento, mille volte ancora più appagante. A Kai piaceva un sacco il voltarsi verso qualcuno, sorridergli e dire: “te lo avevo detto!” Stavolta però, Kai avrebbe voluto sbagliarsi. Non percepiva alcunché di piacevole nell'aver verificato la sua tesi. I muscoli del viso erano tesi in un'espressione terrorizzata che nulla aveva del tipico sorriso cinico ed un po' sghembo del giornalista. Aveva pronunciato una sola parola, se così la si poteva definire, dal momento in cui lui e Sayla avevano lasciato la Topkapi a bordo dello Zaku rosso di Char, un suono inintelligibile che non suonava affatto come il suo tipico e canzonatorio “te lo avevo detto”, ma piuttosto come il lamento del paziente di un dentista operato senza anestesia. “Gyhaaaaaaaarl!!!”, più o meno. Mentre Kai si copriva il visore del casco della normal suit con entrambe le mani, incastrato nel retro del sedile di pilotaggio occupato da Sayla, quest'ultima lottava con i controlli del mobile suit per mantenere un assetto di volo decente, nonostante la grandinata di proiettili che si abbattevano su di loro facendo vibrare il cockpit nella sua interezza, ma che avrebbero di certo sortito più drammatico effetto se non fossero stati in massima parte deflessi dall'ampio scudo da suit federale che lo Zaku stava brandendo con la mano destra, in aggiunta a quello di normale dotazione fissato sulla spalla sinistra. “Smettila di piagnucolare!”, lo rimproverò la donna, “i Geara Zulu ci stanno ignorando, ed i soli cannoncini Vulcan del Gundam non bastano a forare l'armatura di uno Zaku custom!” “Perché”, chiese terrorizzato il giornalista “non sta sparando con nient'altro?” “Guarda tu stesso!”, lo sfidò Sayla, mentre premeva entrambe i pedali per aumentare la spinta dei propulsori vernier. Timidamente, il casco di Kai fece capolino da dietro al poggiatesta del sedile del pilota... ma tornò subito dietro all'improbabile rifugio. “Cazzo! Ma ha ancora il beam rifle in mano!”, protestò. “Ma non lo sta usando”, corresse lei, “forse ha finito le munizioni!” “L'abbiamo controllato da cima a fondo, nell'avviarlo”, obiettò Kai, “tra missili e beam, aveva assai più colpi di quanti gliene servissero!” “Nonostante questo”, ribadì Sayla, “il suo sembra un tentativo di tenerci a distanza, piuttosto che di abbatterci!” Kai si affacciò di nuovo. “Beh, allora facciamolo contento ed allontaniamoci, no?” Sayla si voltò sorridendo. “Scherzi? L'unico modo che abbiamo per comunicare con Haro é toccare il Gundam... gli andremo dritti addosso!” E premette i pedali dei vernier fino in fondo. Forse fu l'accelerazione repentina piuttosto che la rivelazione degli intenti della compagna, tuttavia Kai si sorprese a ripetere perfettamente l'inintelligibile neologismo di poco prima...
“Mi conferma, quindi, che i dati contenuti nel computer della Topkapi non sono mai stati copiati?”, insisté Meitzer Ronah. M’Quve inarcò il sopraciglio dell’occhio buono. Si guardò attorno prima di rispondere: gli altri con lui sul minishuttle di salvataggio stavano ultimando le manovre per la fuoriuscita dalla docking bay della Topkapi, mentre gli otto Geara Zulu sopravvissuti del Crossbone Team avevano attorniato la navetta per proteggerla durante quella delicatissima fase iniziale del volo. “Affermativo, milord, l’unica copia l’ho effettuata poco fa io stesso e gliela sto trasmettendo in background con questa comunicazione laser…” Ronah sfilò un tablet pieghevole dal taschino della sua vistosa divisa, lo svolse e controllò qualcosa. “Ho ricevuto tutto, Colonnello. Ottimo lavoro!” “E per quanto concerne i rinforzi?” Ronah ripiegò distrattamente il tablet. “Oh, per quelli… ritengo non ve ne sia più alcuna necessità!” M’Quve deglutì intuendo quale sarebbe stato il prossimo ordine dell’aristocratico. Si voltò verso i suoi uomini e urlò: “Invertire la rotta, torniamo subito sul Topkapi!” Ronah guardò fisso dal monitor e disse, decisamente rivolto a qualcun altro: “Crossbone Team da Crossbone Vanguard… procedere con l’eliminazione dei testimoni!” L’occhio buono di M’Quve strabuzzò mentre gli otto Geara Zulu che avrebbero dovuto scortarlo in salvo si voltarono all’unisono verso il minishuttle e, come impegnati in una macabra coreografia, puntarono i loro beam cannon verso di lui…
Esaurite le poche preghiere che ricordava, Kai passò a chiedersi perché mai in tutta quella storiaccia fatta di finti disturbi elettromagnetici ed invisibilità radar fasulle, lui fosse finito sull’unico Mobile Suit davvero privo di radio, ma anche di commlink laser compatibile coi protocolli federali, che fosse ancora in servizio da oltre vent’anni… e si rispose che sarebbe verosimilmente morto così, lanciato in una carica suicida guidata da una pazza sorella di un noto megalomane contro il più letale soldato meccanico mai costruito. L’improvvisa decelerazione accompagnata da scossoni ai limiti dell’umana sopportazione lo catapultarono fuori dal suo rifugio improvvisato, mandandolo a sbattere con la schiena contro il monitor panoramico di destra. “Haro, cessa il fuoco, siamo noi!”, urlò Sayla al microfono. Kai si voltò galleggiando nell’assenza di gravità e vide lo scudo supplementare dello Zaku saldamente puntellato contro il torace dell’Omega Gundam, che sembrava guardarli dritti in faccia, ma non sparava più. “Miss Sayla…”, si sentì rimbombare dopo un istante che parve eterno attraverso le pareti stesse del cockpit. La voce di Haro, attraverso il sintetizzatore vocale dell’RX-78-99, appariva più profonda e priva della tipica cantilena. Il Gundam si allontanò un attimo e sembrò squadrarli, poi si avvicinò di nuovo e poggiò la mano sinistra sulla spalla dello Zaku, ristabilendo il contatto audio. “…mi permetta di dirle che i suoi gusti in fatto di Mobile Suit sono alquanto discutibili!” “Ma sentilo!”, sospirò Sayla soffocando un sorriso. Kai scosse la testa e guardò oltre la spalla del Gundam, verso la Topkapi ed i Mobile Suit nemici. “C’è del fermento, davanti alla docking bay!”, disse infine. Sayla lo guardò: era facile al piagnisteo fin da quando lo conosceva, ma doveva ammettere che, passate le crisi, si riprendeva alla svelta. “Haro, nessuno deve lasciare quella nave vivo!”, ordinò perentoria. L’Omega Gundam si voltò verso il Topkapi e poi di nuovo verso lo Zaku. “Roger”, rispose, “potreste per cortesia restituirmi il mio scudo, adesso?” Kai e Sayla si scambiarono un’occhiata, poi lei fece spallucce e manovrò la cloche di destra. Lo Zaku porse lo scudo all’Omega Gundam, il quale lo afferrò, lo agganciò al braccio, lo stese davanti a sé con un fare che, non fosse stato per l’immutabilità espressiva del suo “volto”, sarebbe sembrato nostalgico.. dopodiché lo sganciò e lo lanciò via, lontano, alla deriva nello spazio. “Ma che cavolo fai?!”, si sorpresero a dire all'unisono Sayla e Kai. Tuttavia, a loro insaputa, nel buio del cockpit dell'RX-78-99, il colore dei display relativi al lanciamissili del braccio sinistro e del beam rifle, finalmente, era passato dal “rosso” al “verde”...
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« Risposta #38 il: 07 Aprile 2014, 13:32:08 » |
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L'FD-03 Gustav Karl era il nuovo prototipo di mobile suit della Anaheim Electronics, sviluppato da quell'RGM-89 Jegan che aveva ben figurato tra le fila della Lond Bell Corps ai tempi della Seconda Guerra di Neo Zeon, al punto da surclassare il concorrente diretto (e meglio armato) GM III quale Mobile Suit di punta per tutte le forze federali. Le Alte Sfere erano così favorevolmente impressionate dal Jegan da aver stipulato ordini e commesse per almeno vent'anni, il che poneva la Anaheim nella sgradevole condizione di essere la maggiore concorrente di sé stessa. Con l'intento di sfruttare la deriva positiva intrapresa dal programma Jegan, la ditta aveva quindi deciso di svilupparne una versione meglio armata e corazzata, in modo non dissimile da come aveva già fatto nell'anno 0083 affiancando al GM II il GM Cannon. Da qui era nato appunto il Gustav Karl, battezzato col nome di un antico sistema missilistico anti-tank di grande successo alla fine del Ventesimo Secolo del Vecchio Calendario, progettato per fornire ai Jegan “modello base” un intenso fuoco di copertura a medio e corto raggio, ma soprattutto pensato per rifornire il mercato dei Mobile Suit di un degno successore del GM Cannon, ormai impiegato da oltre quindici anni, senza allontanarsi troppo dall'acclamatissimo Jegan pur millantando un design “totalmente nuovo”... e distogliendo l'attenzione degli analisti di settore dai costi operativi, decisamente superiori. Il prototipo affidato a Judau era, assieme ad altri due esemplari identici assegnati sempre alla Ra Cailum, il frutto di tre anni di sviluppo presso gli stabilimenti di Von Braun City sulla Luna ed il poligono sperimentale di Torrington, in Australia. Verificata la bontà del prodotto nell'impiego operativo sulla Terra, la EFF aveva chiesto ulteriori riscontri là dove la minaccia di attacco da parte di un qualche nuovo avversario era più probabile, ossia nello spazio. Il Gustav Karl era grosso, pesantemente blindato e interamente verniciato in tinte blu. Judau, messo a capo del piccolo team sperimentale, aveva impiegato pochissimo a scegliere il nome per la sua nuova squadra: il “Blue Team” era l'avversario che più aveva meritato il suo rispetto, ai tempi della Prima Guerra di Neo Zeon, nei giorni passati a combattere e pattugliare i dintorni di Dakar. Adottare il nome di un nemico rispettabile, sulla nave che già aveva ospitato una nuova incarnazione delle famigerate “Black Tri-Stars” della Guerra di Un Anno, gli parve naturale. Convincere i suoi nuovi compagni, il veterano Primo Maresciallo Tehodore "Terry" Sanders Jr. e la Sottotenente pilota Cyber-NewType Yuri Azissa, una volta narrato l'antefatto, era stato abbastanza semplice. Judau aveva sentimenti perennemente contrastanti verso le decisioni e gli ordini che venivano dall'alto, oggi come dieci anni prima... ma era contento della squadra che aveva messo in piedi e sapeva, nel profondo del cuore, che difficilmente il Contrammiraglio Bright lo avrebbe costretto a fare qualcosa di cui non era convinto oppure, come in questo caso, non avrebbe insistito troppo per fermarlo qualora egli avesse deciso di agire. “Dunque, é vero quello che si dice?”, gli chiese Sanders facendoglisi incontro non appena Judau rientrò nell'ampio Hangar dei Mobile Suit. “Così pare”, ammise Judau, “hai mai incontrato la Cometa Rossa, durante la Guerra di Un Anno?” Sanders sospirò profondamente. “Come ti ho raccontato, non ho avuto gran fortuna nello spazio, a quei tempi”, disse infine, “fino a quando non mi sono rifugiato sulla Terra, nell'Ottavo Plotone del battaglione Kojima, si può dire che non ho fatto altro che perdere compagni su compagni...” “É successo a tutti noi”, lo interruppe Judau, “é la guerra.” “Si”, ammise il maresciallo, “ma in una di quelle missioni la sfortuna era tinta di rosso!” Judau sgranò gli occhi. “Char Aznable?” Sanders chiuse gli occhi. Le labbra si distendevano in una smorfia nervosa mentre parlava. “Lui... sembrava non trovasse altro piacere che combatterci. Si muoveva a zig-zag in mezzo a noi ad una velocità paurosa, impossibile da colpire... alcuni di noi nel provarci si fecero fuori l'un l'altro. Un intero squadrone di Guncannon sbaragliato in pochi minuti da lui e tre dei suoi...” Sanders riaprì gli occhi. “...raccontano che gli Zabi organizzarono una festa per celebrare quella sua azione, ma lui preferì andare su Side 7 a compiere un altro massacro, appena il giorno dopo!” Judau poggiò una mano sulla spalla dell'anziano sottufficiale. “Quell'uomo é morto, lo sai... questa Cometa Rossa é...” “Sua sorella!”, lo interruppe Sanders, con gli occhi colmi di ferocia. Judau tacque e chinò il capo. Poi lo rialzò. “Io ho un debito di riconoscenza, verso quella donna. Qualcosa mi dice che lei non ha niente a che fare con Char...” “Allora perché ne veste i colori? Perché lo ha sostituito adesso che Neo Zeon era stata finalmente decapitata?”, rispose l'altro. “Probabilmente, per impedire che fosse sostituito da qualcuno ancora peggiore!”, disse una voce femminile. Yuri Azissa era coetanea di Judau. Rimasta orfana sulla Terra ai tempi della Guerra di Un Anno, era finita nel famigerato laboratorio Murasame gestito dai Titans ed era stata trasformata in un formidabile CyberNewType, il più psicologicamente stabile mai ottenuto, sebbene nemmeno lontanamente potente quanto le celebri Four Murasame e Rosamia Badan. I laboratori Murasame, come l'agenzia Flanagan, sapevano ovviamente la verità sui NewType, ma quella leggenda ormai universalmente accettata aveva fornito loro l'occasione e la scusa per rendere ammissibile la più inaccettabile delle pratiche scientifiche: la sperimentazione umana finalizzata allo scopo bellico. Dopo la dipartita dei Titans, Yuri aveva prestato servizio nell'AEUG per un anno, prima di sparire nel corso di una missione. Ritrovarla e farla riassegnare alla taskforce di Lond Bell era stata una espressa richiesta di Amuro Ray a Bright Noa, pochi giorni prima della sua tragica morte in azione. I due uomini videro la giovane donna lanciarsi dal cockpit del suo Gustav Karl numero 3 per poi atterrare dolcemente a pochi metri da loro. La tuta sporca d'olio indicava che aveva voluto supervisionare personalmente la messa a punto del suo Mobile Suit. “So per certo che quando lavoravo col Colonnello Ray nello Zeta Team, lui si vedeva regolarmente con lei, anche se pare si nascondessero sotto false identità...”, continuò lei sfilandosi i guanti ormai sudici, “Amuro amava lei tanto quanto ne detestava il fratello, ho avuto modo di conoscerlo bene e... sì, decisamente era attratto da donne problematiche, ma non certo dalle poco di buono, o peggio dalle pazze criminali...” Sanders fece spallucce. “Non ho mai avuto il piacere d'incontrarlo, quindi non saprei dirti ma... ancora oggi su questa nave gira voce che non fosse tanto giusto, di testa!”, disse. “Se é per questo, sono vent'anni che gira voce che tu porti sfortuna, Sanders, eppure noi continuiamo a lavorare con te!”, rispose secca lei. Juadau capì cosa aveva innescato e decise d'intervenire. “Va bene, calmiamoci tutti! Questa é una faccenda personale, non mi aspetto la vostra comprensione né tantomeno il vostro supporto, okay? Andrò da solo...” “La situazione là fuori sta precipitando!”, intervenne il Capitano di Corvetta Maura Boscht, responsabile dell'hangar della Ra Calium, ruolo che aveva già ricoperto sulla Albion, unità gemella della White Base, nei tristi giorni dell'Operazione “Polvere di Stelle”, quindici anni prima. “Il Comandante ha autorizzato la sortita del Blu Team da lei richiesta, Tenente Ashta”, continuò lei, “ma dalla plancia dicono che nelle vicinanze di quella Classe Jupitris abbiano già cominciato a sparare, ci sono almeno otto Geara Zulu oltre allo Zaku e a quel Gundam-type, non é chiaro chi sia affiliato con chi...” Maura fece una pausa e squadrò tutti e tre i piloti dall'alto del suo abbondante metro e novanta di statura. “Se volete ancora andare, dovete comunicarci la tipologia d'equipaggiamento che volete... e dovete farlo adesso!” Judau guardò gli altri due. “Equipaggiamento CQC standard sul Gustav numero 1, vado solo io...”, disse voltandosi verso il suo Mobile Suit. La mano di Sanders calò pesantemente sulla sua spalla, impedendogli di spiccare il salto verso il cockpit. “Facciamo per due, Comandante!”, disse sorridendo Sanders, rivolto all'ufficiale tecnico. Maura si voltò verso Yuri. “Facciamo tre!”, aggiunse lei.
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« Risposta #39 il: 07 Aprile 2014, 13:52:59 » |
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Il portasfiga è ancora vivo? Mitico. E torna pure "testacalda" Judau (che ha mollato la moglie su Giove, era troppo autoritaria?)! E così Amuro c'è riuscito, alla fine! Son contento per lui, non è morto invano!! Mi sono commosso! Si vede, comunque, che è una fanfiction, infatti Bright è stato promosso contrammiraglio invece di finire su qualche pescereccio spaziale!! Ottimo lavoro, al nostro autore, soprattutto là dove Kai se la fa addosso!
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« Risposta #40 il: 07 Aprile 2014, 14:06:58 » |
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Il portasfiga è ancora vivo? Mitico. E torna pure "testacalda" Judau (che ha mollato la moglie su Giove, era troppo autoritaria?)! E così Amuro c'è riuscito, alla fine! Son contento per lui, non è morto invano!! Mi sono commosso! Si vede, comunque, che è una fanfiction, infatti Bright è stato promosso contrammiraglio invece di finire su qualche pescereccio spaziale!! Ottimo lavoro, al nostro autore, soprattutto là dove Kai se la fa addosso! veramente Bright é già contrammiraglio anche in Unicorn! Grazie, come sempre, per i complimenti... Ma non sperare che uccida Kai!
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« Risposta #41 il: 07 Aprile 2014, 14:14:31 » |
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veramente Bright é già contrammiraglio anche in Unicorn! Grazie, come sempre, per i complimenti... Ma non sperare che uccida Kai! Ah, non ci pensavo, ho visto Unicorn tempo fa, hai ragione. Ma perché Kai non può morire? Ma almeno un'invalidità permamente (una cosa anche leggera, tipo che rimanga senza braccia e senza gambe), gliela pago io la pensione!
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« Risposta #42 il: 07 Aprile 2014, 14:18:44 » |
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Ma perché Kai non può morire? Perché il finale che ho pensato, che poi da senso a tutta la storia e mi é maturato in testa prima di tutto il resto, prevede e necessità che resti vivo e operi una scelta gravosa.
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« Risposta #43 il: 07 Aprile 2014, 15:29:49 » |
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E va bene, almeno una lieve invalidità del 100%!
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« Risposta #44 il: 08 Aprile 2014, 23:19:54 » |
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VII
Le esplosioni, osservate da quasi quindici chilometri nello spazio, sembravano quei piccoli flash fotografici provenienti dalle tribune degli stadio durante le partite di calcio, rifletté Kai che di fotografia se ne intendeva, ma di esplosioni lontane nello spazio un po' meno, avendole sempre vissute molto, molto più da vicino. Al posto delle tribune, però, stavolta osservava le fiancate della gigantesca Topkapi, i flash venivano esplosi dal piccolo team di Geara Zulu, i quali non cercavano d'inquadrare un pallone da calcio, bensì uno shuttle in fuga. “Che diavolo sta succedendo?”, si fece sfuggire Sayla. “Pare che il nostro amico a rotelle abbia qualche divergenza di vedute con i suoi piloti”, esultò Kai, “andiamocene e lasciamo che si scannino tra loro!” Sayla parlò direttamente nell'interfono a contatto. “Haro, a parziale modifica degli obiettivi: dobbiamo far fuori i Suit nemici e catturare integro il minishuttle che stanno cercando di abbattere!” Kai trasalì. “Ma... lasciamo fare tutto a lui e noi ce ne andiamo incontro alla Ra Cailum, vero?” Sayla si voltò verso di lui. Nei suoi occhi, una ferocia che Kai non aveva mai visto prima. Quando rispose, la sua voce normalmente armoniosa e profonda sembrava il sibilo di un cobra. “Casval, Amuro, Ramba Ral, Hayato, Ryu, Katz... morti per i giochetti della Massive Dynamics! Voglio M'Quve vivo nelle mie mani, voglio dirgli in faccia i motivi per i quali lo ucciderò, mentre lo ucciderò!” Kai ristette un istante. “Sayla, questa non sei tu...”, sussurrò sbigottito. “Io sono Sarah, adesso!”, rispose, mentre lo colpiva con un formidabile diretto al centro dello stomaco. Kai si piegò in due lottando per non perdere i sensi. “Haro, apri il cockpit”, tuonò la donna all'interfono, mentre apriva a sua volta il portello dell'abitacolo dello Zaku. Assestando al vecchio commilitone una spinta con entrambe i piedi, lo lanciò nello spazio in direzione del portello aperto dell'Omega Gundam, poi richiuse la cabina. “Haro completa il recupero di Kai Shiden!”, ordinò. Attraverso i monitor, vide il cockpit del Gundam che si richiudeva. “Ho Kai Shiden in custodia, miss Sayla”, rispose la voce sintetica. “Bene, formazione d'attacco schiena a schiena, io ho solo cinquanta colpi, aggancia tu i bersagli per il mio Zaku, hai sensori migliori...” I due Mobile Suit si piazzarono schiena contro schiena e puntarono le loro armi. “Ho le soluzioni di tiro su otto Mobile Suit di tipo sconosciuto, Miss Sayla, le sto già trasferendo nella sua Fire Control Station in background a questa comunicazione...” “Sono dei modelli Geara Zulu, aggiungili al database... libertà di fuoco... adesso!”, disse lei. L'Omega Gundam tese il braccio sinistro e, finalmente, lanciò la prima salva di quattro missili. Dentro l'abitacolo, Kai ancora dolorante ed a corto di fiato alzò lo sguardo verso i monitor. “É cominciata...”, disse, rivolto ad un insolitamente silenzioso Haro.
“Non possiamo rientrare nella docking bay, Colonello!”, urlò il tenente, “I portelli sono bloccati in apertura, non ci fornirebbero alcuna protezione!” M'Quve si voltò ed indicò la fiancata del Topkapi la quale, da quel punto d'osservazione, sembrava un'infinita muraglia di metallo. “Raggiungiamo l'approdo a poppa, quello da dove era imbarcato Shiden! Massima velocità!” Sebbene lo shuttle avesse abbastanza vernier da poter ruotare sul suo stesso asse, per cambiare rotta compì invece un'ampia parabola, mentre i colpi sparati a cortissima distanza dai Geara Zulu più vicini si abbattevano sulle sovrastrutture della gigantesca astronave madre, mancandolo sempre di pochissimo. “Stima dei danni!”, urlò M'Quve. “Nessun colpo diretto finora!”, rispose uno dei pochi commandos rimastigli fedeli. “Tenente, mantenga una rotta irregolare, non dobbiamo dare ai loro computer la possibilità di calcolare una soluzione di tiro corretta!” Il Tenente agì sulle cloche di comando facendo piegare lo shuttle su un fianco, con un'accelerazione laterale degna di un caccia. “Eccellenza, riesce a reggersi alla...?”, chiese un altro dei commandos indicando la sedia a rotelle ma non trovando il coraggio di chiamarla col suo nome. Un colpo esplose vicino, ma non abbastanza. “Questo é l'ultimo dei miei problemi, adesso!”, ringhiò M'Quve.
“Yuri Azissa, Gustav Karl numero tre, lancio!”, comunicò la giovane pilota. Il grosso Mobile Suit blu scivolò lungo la corsia di lancio trascinato dalla potente catapulta elettromagnetica e volò incontro agli altri due identici che lo precedevano in formazione quasi senza alcun ausilio dei suoi vernier. Osservandola attraverso il monitor circolare del suo Linear Seat, il maresciallo Sanders ammirò la perizia con cui la manovra di entrata in formazione venne eseguita limitando al minimo l'utilizzo d'energia. “Maledettamente brava...”, si fece sfuggire distrattamente, senza rendersi conto del commlink laser già attivo. “Grazie, anche tu non sei affatto male... per essere un vecchietto!”, gli rispose ridendo una voce femminile in cuffia. Invece che adirarsi, Terry sorrise. Era il loro modo di far pace dopo la spiacevole discussione avuta in Hangar. La voce di Judau interruppe lo scambio di cortesie. “Okay gente, i possibili bersagli sono otto, ma potrebbero diventare undici visto che non sappiamo ancora da che parte stiano né il Gundam e lo Zaku, né quel minuscolo shuttle in fuga, lo vedete?” “Non ancora”, rispose Sanders “Io l'ho agganciato”, gli disse Yuri in cuffia, “passo i dati al tuo computer di bordo!” Un quadrato rosso apparve al centro dello schermo. “Tally oh!”, confermò Sanders annuendo. “Proviamo a fare le cose per bene”, proseguì Judau, “per prima cosa gli intimiamo di fermarsi tutti...” “Non ci ascolteranno...”, disse Sanders. “Non ci ascolteranno!”, gli fece eco Yuri. “Lo so, ma noi ci proveremo lo stesso!”, insisté Judau, canticchiando poi: “Noi non siamo i Titani, non siamo l'AEUG...” “...Siamo rispettabilissimi sbirri federali!”, conclusero tutti e tre in coro. Judau rise e continuò: “niente colpi di testa, risolviamo tutto e torniamo alla nave per l'ora di cena! Weapons Check!” “Tutte in sicura, all green!”, rispose Sanders e poi, tra sé, ripeté il monito del suo vecchio comandante Shiro Amada: “...restare vivi!”
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