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Autore Topic: SUIT YOU UP! [romanzo breve/remake]  (Letto 31145 volte)
itasoer
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« Risposta #45 il: 08 Settembre 2012, 17:16:24 »

 welcome_all uella! sorpresona! adesso leggo...
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itasoer
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« Risposta #46 il: 08 Settembre 2012, 17:48:36 »

bello, peccato che il seguito arriverà assieme all'anime di origin  Laughing
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rgBthi
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« Risposta #47 il: 09 Settembre 2012, 01:11:11 »

V


Il Sottotenente Pilota Ryu José aveva a malapena vent'anni. Nonostante la sua giovane età, era stato impegnato nella guerra con Zeon fin dal primo giorno, in parte a causa dei suoi brevetti da pilota civile, ma soprattutto a causa delle sue origini spazianoidi. Nei primi mesi del conflitto, l'esercito Federale aveva impiegato quasi esclusivamente truppe nate e cresciute nello spazio. Alle accuse di razzismo, le alte sfere delle Forze Federali avevano risposto che era più logico usare gente abituata all'ambiente spaziale, visto che quella guerra era sicuramente destinata a compiersi interamente nella Sfera Terrestre ma mai sarebbe arrivata sul pianeta madre. All'indomani dello sbarco delle forze del Principato sulla Terra, visto che la dominante di coloni spaziali tra le fila federali non accennava a scemare, il Gran Consiglio aveva scelto un agnello sacrificale da dare in pasto ai media per mettere a tacere quello che ormai era sotto gli occhi di tutti. Fu così che Ryu si trovò ad operare di scorta ad un rappresentante dell'elite terrestre quale il Generale di Corpo d'Armata Abraham Revil. Ufficiale caparbio e scaltro, Revil era inviso ai suoi superiori per le sue capacità militari ben documentate in numerosi conflitti interni e, soprattutto, per la sua innata capacità di farsi apprezzare dai sottoposti. Uno come Revil, finito il conflitto, sarebbe potuto entrare in politica contando su un impressionante zoccolo duro di elettori attivi, visto che solo chi aveva prestato servizio militare aveva diritto di voto e, da che mondo e mondo, i soldati semplici erano assai più dei generali.
Mandarlo a morire in mezzo alle truppe di feccia spazianoide che tanto amava sembrava una mossa politica assai ponderata: avrebbe fornito un martire, un martire Terrestre nel mucchio di martiri coloniali, e liberato una poltrona da un sedere diventato troppo scomodo. Purtroppo Zeon non aveva ucciso Revil, lo aveva semplicemente preso in ostaggio e, peggio ancora, gli aveva fornito la possibilità di fuggire e parlare ai suoi uomini. Il suo discorso ribattezzato “Non ci sono soldati nel principato di Zeon” lo aveva reso l'eroe che il Governo Federale non avrebbe mai voluto, e incendiato gli animi dei soldati da prima linea come Ryu, accentuandone il disappunto verso l'elite Terrestre che nulla aveva fatto per salvare il comandante supremo del suo stesso esercito.
Per questo Ryu era diventato un feroce combattente, ma anche un contestatore parimenti feroce. La sua abitudine di parlare troppo schiettamente alle persone sbagliate gli aveva causato l'impiego in una base sperduta su Side 7 condannandolo, a dispetto dei suoi brevetti e delle sue abilità, a fare da reclutatore di altri spazianoidi come lui. Dover constatare giorno dopo giorno la ritrosìa dei civili ad impegnarsi in un conflitto che aveva ormai travalicato le sue connotazioni politiche per diventare una vera e propria guerra civile, era per un militare fiero come lui uno stillicidio. Quotidianamente incontrava persone come Kai Shiden che, pur consapevoli della posta in gioco, esigevano vigliaccamente che fosse qualcun altro a fare il lavoro “sporco”. Ryu percepiva questo modo di agire come profondamente ingiusto, di certo non molto migliore di quello dell'Elite che mandava al macello i cittadini coloniali. Se un certo razzismo tra Terrestri e Spazionoidi, quantunque ingiusto, non era certo una sorpresa, il razzismo tra spazionoidi era qualcosa di semplicemente folle. Perché anche su Side 7 c'era chi contestava la EFSF per non aver ancora sbaragliato Zeon, salvo poi negare il proprio apporto per aiutare ad ottenere quel risultato. L'indifferenza alla guerra, data la situazione, sarebbe stata un atteggiamento di gran lunga più rispettabile.
Poi, ogni tanto saltava fuori qualche sorpresa, come la ragazza orientale che s'era offerta come pilota volontaria quella mattina, al centro di reclutamento. E adesso quel giovane di cui aveva sentito, quello che era salito su quel prototipo e aveva fatto a pezzi uno Zaku, mettendosi nei guai.
Quando Ryu aveva imprigionato Kai dentro ad un Guncannon in manutenzione, non aveva ancora ben chiaro l'uso che ne avrebbe fatto... ma adesso, vedendo la situazione coi suoi occhi e non attraverso i monitor, gli venne un'idea.
Lo Zaku si stagliava proprio di fronte alla saracinesca che separava l'hangar in cui era ormeggiata la White Base dall'interno  di Side 7, dandole le spalle. Il Mobile Suit di Zeon teneva sotto tiro il prezioso prototipo federale che era apparentemente disarmato.
“Aprite la saracinesca di servizio ed il portello della catapulta di sinistra!”, ordinò al Sergente Omur, che stavolta eseguì senza fiatare.
Ryu guardò il Guncannon come se potesse vedere Kai Shiden, al suo interno. Non sapeva praticamente nulla di Kai, se non che era un pilota militare brevettato e che non voleva saperne nulla di farsi coinvolgere nella guerra. Una volta liberato, sarebbe di certo scappato. Nel farlo, forse, avrebbe fornito al Gundam il diversivo che serviva.
“Puntate la catapulta in direzione dello Zaku e preparate il Guncannon per il lancio!”, ordinò ancora.
“Lanciarlo direttamente contro lo Zaku? Ma non sono nemmeno cento metri! Si schianterà sull'altro come una boccia da bowling!”, trasalì stavolta il tecnico.
Ryu calò pesantemente una mano sulla spalla di Omur.
“Esatto. Fammi vedere un bello strike!”, sorrise Ryu.
Omur, perplesso, prese il suo commlink e comunicò i dati per la correzione dell'angolo di lancio, guardandosi bene dall'indicarne la motivazione.
Tre secondi dopo, il Guncannon rosso era sulla catapulta, e le luci nell'hangar passarono dal rosso al verde.

“Bright, maledizione, chiami i rinforzi!”, gridò Tem Ray al giovane ufficiale che ancora osservava, rigido come fosse in trance, lo stand-off tra lo Zaku di Denim e il Gundam.
L'ingegnere infine lo afferrò con entrambe le mani e lo scosse.
“Bright, per l'amor del cielo, usi quel maledetto commlink! C'é mio figlio, là dentro!”
Bright si scosse dal suo torpore. Guardò il ricetrasmettitore che teneva, quasi inconsapevolmente in mano.
Il professor Ray glielo strappò e fece per attivarlo da solo, ma, sorprendentemente, l'oggetto si animò prima che potesse usarlo. Una chiamata in arrivo.
“A chiunque sia in ascolto al North Space Gate, qui Eliambulanza Gunperry in hovering sul centro di reclutamento federale”, disse una voce femminile.
Bright strappò di mano a sua volta il comunicatore a Ray, mentre cercava con lo sguardo l'aeromobile. Lo trovò esattamente dove gli era stato riferito che si trovava.
“Gunperry, parla il Sottotenente Noah Bright delle Forze Federali, identificatevi e dichiarate le vostre intenzioni”, sbottò.
“Da Gunperry, abbiamo l'Alpha Leader a bordo e stiamo recuperando i superstiti del Bravo Team, le cariche sono armate ed in countdown, ripeto cariche armate ed in countdown, stimato per il brillamento: due primi”, replicò la donna, senza identificarsi.
“Ce l'hanno fatta!”, si fece sfuggire Bright con un sorriso.
“No!”, urlò Tem Ray, “no!”
Prima che Bright potesse fare qualunque cosa, l'ingegnere era saltato su una delle jeep elettriche superstiti ed era partito a tutto gas dirigendosi a valle. No, dovette ricredersi il giovane militare, Tem Ray non aveva a cuore altro che le sue macchine e la richiesta di salvare il figlio rinchiuso dentro una di esse era solo una scusa per garantire anche la salvezza del prototipo, rifletté.
Il sinistro sibilo prodotto dal braccio dello Zaku di Denim che alzava il fucile puntandolo verso il Gundam richiamò la sua attenzione mentre alle sue spalle, oltre la saracinesca di servizio che portava allo spazioporto, uno dei portelli anteriori della White Base iniziò ad aprirsi...

Nell’abitacolo la temperatura s'era abbassata di parecchio a causa del potente sistema di condizionamento che doveva garantire un idoneo microclima per il funzionamento delle numerose apparecchiature piuttosto che per il comfort del pilota. Nonostante ciò, Amuro sentiva il sudore colargli lungo la schiena.
Continuava a premere ossessivamente il tasto in corrispondenza del suo pollice sulla cloche di sinistra, ma tutto ciò che otteneva era un sibilo sintetico e un laconico messaggio su schermo che recitava “Vulcan: No Ammo”.
Su quello stesso schermo, parzialmente celato dal messaggio in sovrimpressione, il secondo Zaku lo teneva sotto tiro col suo gigantesco fucile mitragliatore.
Amuro iniziò a maledire la sua malsana idea di impadronirsi del Gundam. Quella macchina era troppo diversa dal Guncannon, dove erano le altre armi? Il vecchio tipo 77 sceglieva autonomamente se fosse più conveniente far fuoco coi Vulcan piuttosto che coi potenti obici o i lanciarazzi montati sulle spalle, a seconda del tipo di bersaglio, della sua distanza, della disponibilità di munizioni... e offriva di volta in volta al pilota un'alternativa. Questo nuovo modello, apparentemente, non aveva altre armi incorporate che non fossero quei due miseri cannoncini sulle tempie... come poteva suo padre dire che quel Suit fosse addirittura la chiave per la vittoria contro Zeon? Era folle!
Lo Zaku fece un ulteriore passo in avanti. L'istinto di autoconservazione di Amuro lo portò a riprendere il controllo di sé. Sicuramente c'era una ricetrasmittente, nel cockpit, poteva cercare di chiedere aiuto! Era pur sempre a bordo di un importantissimo prototipo... suo padre, i federali, qualcuno avrebbe senz'altro cercato d'aiutarlo!
Attivò la ricetrasmittente laser e la puntò alle spalle dello Zaku, in direzione della saracinesca dello spazioporto. Solo a quel punto s'accorse che, dietro il North Gate, uno dei due hangar frontali della gigantesca astronave ormeggiata all'interno era appena stato aperto completamente.
La ricetrasmittente agganciò un segnale ed emise un “bip”.
Amuro, di scatto, agì sul guadagno e sul volume. Uno strano sibilo fuoriuscì dagli altoparlanti. No, non era un sibilo: sembrava piuttosto l'urlo baritonale e disperato di un adulto che piangeva. Riconobbe la voce di un altro suo vicino di casa: Kai Shiden.
Amuro riportò lo sguardo dalla ricetrasmittente al monitor principale:
Un gigantesco proiettile di colore rosso vivo fu sparato da dentro l'hangar della White Base, dritto alle spalle dello Zaku, investendolo in pieno e proiettandolo a sua volta contro il Gundam.
L'urto spense il monitor principale facendo piombare il cockpit in una parziale oscurità, ma questo non impedì al giovane pilota improvvisato di capire cosa era successo.
Nonostante l'abitacolo fosse assicurato al resto della cellula tramite giunti ammortizzatori e resilienti smorzatori, Amuro avvertì distintamente la drammatica accelerazione causata dall'impatto. Un fiotto di saliva gli sfuggì dalla bocca mentre la vista s'offuscava. Combatté con sé stesso per non perdere i sensi.
Poi, notò che Haro non era più sulle ginocchia, ma galleggiava a mezz'aria.
“Sono stato proiettato al centro della colonia!”, pensò, poi guardò meglio.
Haro non galleggiava... stava lentamente portandosi sul soffitto dell'abitacolo. Troppo, troppo lentamente. E allora il giovane capì. Non era solo assenza di gravità... la forza G stava venendo lentamente ma inesorabilmente  sostituita da una costante accelerazione lineare.
Stava precipitando, dal centro della colonia verso la superficie. Un volo di quasi duemila metri diretto verso una superficie rotante...

L'ingegnere Tem Ray era stato ufficiale del Genio della EFGF, la Fanteria della Federazione Terrestre, prima di accettare il lavoro alla Anaheim. Nei suoi anni di gioventù aveva preso parte a diversi conflitti intestini all'Unione, alcuni risolti nello spazio di pochi giorni, altri entro alcune settimane. Mai e poi mai si sarebbe aspettato che in piena Era Spaziale, anzi addirittura già entro il  primo secolo in cui essa era stata inaugurata, si potesse scatenare una guerra propriamente detta e così lunga. Otto mesi. Dopotutto, la prima cosa che aveva imparato nei suoi anni di servizio militare era che l'uomo, per quanto intelligente e avanzato, era e restava un animale. E gli animali combattono tra loro per la conquista dei territori. Non é crudeltà, é Natura.
L'altra cosa che si imparava subito nella EFGF era come guidare una jeep nel bel mezzo d'una battaglia. In realtà l'auto in questione non era affatto una vera Jeep, bensì un fuoristrada a propulsione elettrica prodotto dalla Toshiba, sebbene la differenza in termini pratici fosse poca.
Ma la lezione più utile e importante in quel determinato frangente, Tem l'aveva imparata una volta entrato negli stabilimenti della Anaheim Electronics a Von Braun City, sulla Luna. Durante la sua prima settimana, uno dei rail gun elettromagnetici con cui la ditta lanciava i carichi di merci verso la Terra si era disallineato al punto da colpire con uno dei container inviati la torre principale della sede della ditta, decapitandola di quattro dei suoi sette piani. Tem, che si trovava nel livello più basso della zona colpita, quel giorno era rientrato in fretta e furia dopo una, a suo parere, insoddisfacente visita alle catene di montaggio della prima batch di produzione del Guntank. Talmente di fretta era, che si era presentato negli uffici con ancora la Normal Suit indossata.
Tutti i colletti bianchi presenti nell'edificio lo avevano visto e deriso. Qualcuno si era perfino ritratto al suo passaggio, temendo che quella sudicia tuta spaziale potesse in qualche modo rovinare il suo costosissimo completo della Armani di Side 6.
Quei colletti bianchi erano tutti morti, risucchiati nel vuoto dopo che la torre Anaheim era stata colpita da un container contenente un carico di seimila toilette chimiche destinate agli spazioplani di Hong Kong City.  Tem Ray era sopravvissuto, infilandosi prontamente il casco spaziale. Da allora, indossava sempre una Normal Suit, quando lavorava lontano dalla Terra.
Per questo, approfittando del cruise control del suo veicolo e concentrandosi solo sul volante e le sterzate, Tem era riuscito al contempo ad indossare sulla tuta spaziale che già lo fasciava i serbatoi d'ossigeno di emergenza, il vernier personale e adesso stava allacciandosi il casco. Meglio essere pronti al peggio, in questi casi. Ma mai si sarebbe aspettato che quel “peggio” lo avrebbe sorvolato per la terza volta, quel giorno.
Per quanto la sua auto corresse diretta a valle verso i due rimorchi coi prototipi rimanenti, un'ombra lo raggiunse e superò, rubando tutta in un colpo la concentrazione che egli aveva finora sapientemente distribuito tra guida e vestizione, facendolo uscire di strada.
Il veicolo elettrico si fermò sobbalzando entro pochi metri dal ciglio dell'asfalto, con una breve derapata e uno stridìo di pneumatici. Tem Ray si alzò in piedi sul sedile per vedere meglio.
Quel che era caduto dal cielo appena cinquecento metri più avanti, esattamente a metà strada tra i due prototipi, era un groviglio di gambe e braccia meccaniche di dimensioni titaniche.
Poi, avvenne la prima esplosione. Tem vide il rimorchio più lontano, alla sua destra, esplodere sollevando una colonna di fuoco alta venti metri.
“No!”, gridò il tecnico, troppo tardi.
La seconda esplosione tardò di appena due secondi. Vide il bagliore vicino, alla sua sinistra. L'onda d'urto fece tremare tutto Side 7, catapultando l'ingegnere al suolo, fuori dall'auto.
Tem Ray si rimise faticosamente in piedi e, prima di vedere, sentì. Riconobbe dal suono i movimenti della sua creatura, il solo figlio di cui andasse veramente fiero.
Al centro delle due colonne di fumo e fiamme, il Gundam si era divincolato dall'abbraccio dello Zaku e di un Guncannon verniciato interamente di rosso. Tem sorrise compiaciuto per l'ennesima dimostrazione di forza della sua creazione. Ma fu solo un attimo.
Lo Zaku riprese a muoversi e, sebbene ancora al suolo, afferrò il Mobile Suit bianco per una gamba.
Il prototipo federale reagì come fosse animato di vita propria, voltò la testa verso il Suit nemico come avrebbe fatto un essere umano in una rissa di strada, sebbene -pensò Tem- gli oltre duecento sensori sparsi su tutto il corpo permettessero alla macchina di vedere in ogni direzione senza necessariamente muovere il capo. Poi, il Gundam portò la mano sinistra ad una delle due appendici cilindriche che fuoriuscivano dalle sue spalle, mentre con la mano destra afferrò la testa dello Zaku spingendola da parte e costringendolo a esporre il torace.
Tem realizzò quello che stava per succedere, impallidì all'istante, si lanciò sull'auto e afferrò un commlink portatile, orientandone il laser verso il suo adorato prototipo. Verso il suo capolavoro. Verso la macchina meravigliosa che, a meno che non avesse agito per tempo, avrebbe certamente causato la sua dipartita.

“Non mi piace per niente!”, si lasciò sfuggire Char osservando la scena dall'alto dello spuntone di roccia ricavato davanti al portello di servizio interno del South Space Gate.
Il suo binocolo elettronico era dotato di uno zoom digitale con un potente software di ricostruzione dell'immagine integrato, basato sulla natura degli oggetti circostanti. Poteva ricostruire con buona approssimazione l'aspetto di oggetti lontanissimi, magari composti di pochi pixel, a partire da quello che era più logico che essi fossero. Grazie ad esso, Char era riuscito ad inquadrare i due minuscoli proiettori al laser fuoriusciti dal ventre del Gunperry. Lo scopo di quegli strumenti era normalmente inviare e ricevere segnali di soccorso in ambienti il cui la densità delle particelle Minovsky non consentisse l'utilizzo delle onde elettromagnetiche ma, come Char sapeva bene, il segnale da essi trasmesso era programmabile. E il fatto che l'aeromobile indugiasse nelle vicinanze di ciò che restava dei due trailer che trasportavano i prototipi, piuttosto che virare verso lo spazioporto nord e la salvezza, poteva avere solo due spiegazioni: o da quelle parti c'erano ancora dei sopravvissuti, oppure era possibile comandare a distanza gli ordigni che lui stesso aveva visto sui rimorchi. La prima ipotesi non lo disturbava più di tanto... la seconda rischiava di mandare a monte quella che poteva rivelarsi l'operazione militare più importante compiuta dal Principato fino a quel momento, perfino più di Loum. Non poteva permettersi di perdere quell'occasione così ghiotta e così inaspettata. Si voltò verso lo Zaku di Slander, che lo sovrastava in posizione di tiro e poggiò una mano sul suo scafo per attivare l'interfono a sfioramento.
“Slander, hai una soluzione di tiro su quell'aviotrasporto federale?”, chiese. Non sarebbe stato possibile immaginare altrimenti, ma la Cometa Rossa aveva avuto già fin troppe spiacevoli sorprese circa l'effettiva preparazione dei suoi uomini, quel giorno.
“Affermativo, Comandante”, rispose esaltato Slander.
“Grazie al cielo!”, pensò Char, ma disse piuttosto: “Abbattilo!”
“Signore!”, fu la sola risposta di Slander. Nessun colpo. Char ci mise un po' a capire che quel “signore!” non era un assenso all'ordine impartito, ma un goffo tentativo del giovane sottufficiale per richiamare la sua attenzione. Si voltò.
Qualcosa aveva investito sia lo Zaku di Denim che il Mobile Suit bianco, spingendoli oltre il dirupo. Char seguì esterrefatto la lenta parabola dovuta all'iniziale riduzione della velocità, seguita dalla sempre più veloce discesa in verticale. Vide i vernier montati lungo il corpo del prototipo federale lanciare brevi vampate di gas surriscaldati, nel tentativo di correggere la traiettoria.
“Non ce la farà mai”, pensò Char. Ristabilì il contatto con Slander.
“Lancia il segnale di ritirata, dobbiamo uscire di qui prima che...”
Un'esplosione lo interruppe. Poi, un'altra poco più in là. Due alte colonne di fiamme si innalzarono verso il centro della colonia, producendo strani giochi di fumo e luci.
“...prima che la colonia collassi!”, finì Char.
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rgBthi
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« Risposta #48 il: 09 Settembre 2012, 01:12:40 »

L'impatto fu così devastante che Amuro, per un attimo, dubitò che il sopravvivergli sarebbe stato la migliore opzione. Sei airbag si estesero dai lati del seggiolino del pilota e dal centro della consolle di comando per bloccarlo e proteggerlo: le minicariche esplosive che ne comandavano l'apertura lo assordarono, l'improvvisa estensione dei cuscini, che lo colpirono come una valanga di pugni, gli spezzò il fiato e fece sanguinare il naso. Adesso, Amuro capiva perché le tute dei piloti di Suit avevano dei rinforzi in kevlar. Gli effetti del rinculo di una caduta che nessun ammortizzatore al mondo avrebbe mai potuto smorzare si sommarono ai precedenti: tutti gli oggetti contenuti nell'abitacolo volarono in tutte le direzioni: Haro rimbalzò su tre pareti prima di terminare il suo volo contro uno degli airbag ormai già sgonfio a metà.
Dopo qualche secondo di stasi totale, il cockpit riprese ad ondeggiare nuovamente, seppure in maniera più controllata. Il monitor principale si riaccese, rendendo la situazione più chiara.
“Si sta rimettendo in piedi da solo!”, notò sorpreso il giovane pilota dopo una rapida occhiata.
Un pesante volume piombò con lo spigolo della costola sul capo di Amuro, quindi gli atterrò aperto sulle ginocchia. Il ragazzo soffocò una bestemmia strofinandosi la fronte dove già l'ennesimo bernoccolo stava formandosi, poi abbassò lo sguardo sul proiettile che lo aveva colpito: un manuale di pronto utilizzo del suit.
Era aperto alla pagina “Selezione delle Armi”.

L'impatto dopo una lunga caduta era l'argomento della terza lezione di pilotaggio di Mobile Suit, ricordò Denim mentre riprendeva la normale posizione di pilotaggio dopo essersi accovacciato per limitare i danni. Quando la sua vista annebbiata dagli effetti dei g negativi fu in grado di rimetterli a fuoco, i display mostravano il suo avversario che lo sovrastava, già rigido in piedi. Troppo rigido.
“Il Suit sa rimettersi in piedi automaticamente”, capì Denim, “ma il pilota non lo sta governando!”. Forse l'uomo all'interno aveva perso i sensi, forse era addirittura morto per la caduta. Di certo, non stava agendo sui comandi della macchina. Un'occasione ghiotta contro quel mostro, finalmente. Denim agì sulla leva che comandava il braccio destro del suo Zaku.

L'impatto non fu rovinoso come Kai si sarebbe aspettato. Una serie di airbag si estese impedendogli di andare a sbattere contro i molti spigoli vivi presenti nell'abitacolo. Quando i cuscini si sgonfiarono e lo liberarono, le cinture di sicurezza presero a stringere al punto che si sentì cogliere da un senso di nausea. Si accorse che i suoi capelli erano dritti sulla sua testa e provò a rimetterli al loro posto pettinandoli con le mani ma, appena smise, essi tornarono dritti. Ci riprovò, ottenendo lo stesso risultato. Si passò le mani sulla testa con insistenza una terza volta, senza migliore fortuna, e allora finalmente capì.
“Cavolo”, pensò ad alta voce, “sono a testa in giù!”

Char afferrò al volo la mano del sergente Cozun per aiutarlo ad atterrare. Lo Space Gate sud era sito quasi al centro del cilindro che costituiva Side 7, pertanto la gravità era assai ridotta rispetto ai settori più periferici. Le esplosioni della battaglia sembravano inoltre aver in qualche modo variato l'assetto della Colonia Spaziale, rallentandone la rotazione e riducendo così l'accelerazione centrifuga che forniva la gravità all'insediamento.
“Notizie di Gene?”, domandò il Maggiore. Cozun scosse tristemente la testa, facendo intendere che sì, lo aveva visto... ma non c'era stato nulla da fare.
Char annuì e indicò il robusto cavo metallico munito di maniglie che era stato esteso dal polso dello Zaku di Slander.
“Sergente, controlla che gli uomini feriti siano assicurati alla towing rope, i più gravi per primi, gli altri a seguire. Tu prendi il penultimo punto di ancoraggio, lascia l'ultimo per me. Evacuazione al mio segnale!”
“Non sarebbe più sicuro se lei si rifugiasse nel cockpit con Slander, comandante?”, chiese Cozun.
“No.”, rispose Char sorridendo e tornando ad osservare il campo di battaglia attraverso il suo binocolo digitale, “non voglio perdermi nemmeno un secondo di questa faccenda!”.
Al centro del visore, il Gundam si stagliava in piedi mentre lo Zaku di Denim, ancora a terra, lo afferrava per una gamba.

Amuro scorse rapidamente le righe e i diagrammi sul manuale. Non ebbe tempo per soffermarsi e pensare  che quello era il primo testo in formato cartaceo che leggeva in vita sua. Gli e-book erano una realtà da secoli, ormai, ma nel bel mezzo di una battaglia non c'era niente di meglio di un manuale stampato alla vecchia maniera per rinfrescare ai piloti le procedure d'emergenza. Se non altro, in caso di blackout, il manuale di carta non si resettava.
Amuro premette un primo selettore. Su un angolo dello schermo principale apparve la scritta “Beam Sabres in charge”, accanto ad un istogramma che passò rapidamente da 0 a 100%.
La scritta cambiò in “Beam Sabres ready”.
Amuro consultò il passo successivo della guida. Fece per premere un secondo tasto, ma il cockpit riprese ad ondeggiare paurosamente. Il giovane spostò la sua attenzione sullo schermo di sinistra:
Lo Zaku, ancora al suolo, lo aveva afferrato e cercava di tirarlo giù. Un allarme suonò dentro il cockpit e la voce sintetica del computer di bordo tornò a farsi sentire: 
“Minaccia esterna rilevata, agire autonomamente con l'arma corrente?”
Amuro, senza pensarci un attimo, manovrò in avanti la cloche di destra, quindi premette il grilletto su quella di sinistra.

“Amuro, Amuro, fermati!”, gridò Tem Ray al commlink che stringeva nella mano sinistra, mentre con la destra indirizzava il sensore laser del ricetrasmettitore dritto verso l'apparato equivalente del Gundam, una sorta di lingua metallica rossa posta sul mento del Mobile Suit.
Non ottenne nessuna risposta. Evidentemente suo figlio aveva attivato un po' di tutto in quella macchina fenomenale, tutto eccetto gli apparati di comunicazione... il suo sguardo cadde sul cofano anteriore della jeep. Probabilmente nell'uscire di strada, il cavo che collegava l'apparato ricetrasmittente al proiettore laser si era per qualche motivo staccato.
Stavolta, Amuro non c'entrava niente.
Tem lasciò cadere il commlink mentre tornava a osservare basito il gigante bianco di sua creazione mentre questi staccava l'appendice cilindrica che sporgeva dalla sua spalla sinistra, la puntava in alto e attivava, facendone fuoriuscire una lama di densa luce rossa lunga circa dieci metri.
Tem si lasciò cadere sul sedile della jeep, mise in moto e, con uno stretto testacoda, iniziò la sua corsa disperata nel tentativo di salvarsi la vita.

“Qui si mette male!”, si lasciò sfuggire Char. Al centro del mirino del suo binocolo digitale, il prototipo federale impugnava una lama di luce rossastra con la mano sinistra mentre con la destra spostava il corpo dello Zaku di Denim per garantirsi uno spazio in cui infierire il colpo di grazia.
“Comandante, vede quello che vedo io?”, gli chiese per via interfonica il giovane Sergente Slander.
“Affermativo, Slander, se hai il bersaglio quello che voglio é un tiro singolo. Uno solo! Denim dovrà farselo bastare!”

Kai sapeva di non essere certo un cuor di leone, ma se c'era un pregio che gli avevano sempre riconosciuto era che non si abbatteva facilmente. Anche adesso, appeso a testa in giù nella semioscurità, legato nell'abitacolo di una macchina che non conosceva,  la sua mente lavorava febbrilmente a quello che era ormai il suo motto:
“Non importa dove mi trovo, l'importante é uscirne con le mie gambe!”
La prima cosa che provò fu aprire il portello per uscire. Le manovre erano identiche a quelle dei normali caccia federali e lui le eseguì prontamente e a menadito, dopotutto era la prima cosa che insegnavano e quella che lui aveva imparato meglio. Sul monitor principale, nero fino a quel momento e che Kai era sicuro fosse in tilt, apparve il messaggio “Error: Hatch Obstructed”, seguito da un suono che somigliava vagamente ad una pernacchia.
Kai sbuffò, ma il suo cervello si era già rimesso in moto.

Bright osservò, dall'alto della rupe del North Space Gate la scena che si consumava due chilometri più in basso: due colonne di fuoco, prodotte da due esplosioni che avevano scosso la colonia come un vero terremoto, si erano innalzate laddove prima c'erano i due rimorchi che trasportavano i preziosissimi prototipi... e, al centro di esse, il solo Gundam superstite era impegnato in una battaglia che non sembrava essersi ancora conclusa con l'ultimo dei due Zaku. Bright vide la lama di luce uscire dall'elsa impugnata dal Mobile Suit bianco e capì che il tempo stringeva.
Il vento s'alzò tutt'intorno mentre il Gunperry lo sorvolò. Bright si voltò verso i suoi uomini in attesa lungo la soglia della saracinesca di accesso allo spazioporto.
“Concluso il recupero del Gunperry, chiudete tutto e preparate la White Base per il decollo! Side 7 é condannato!”

Kai si grattò la testa e fece mentalmente l'inventario delle cose che non andavano. Il portello era bloccato, okay, quindi o il suit era disteso su di esso, o qualcos'altro era adagiato sopra il suit. Il monitor principale era buio, però funzionante, quindi la telecamera principale era ostruita da qualcosa. I possibili motivi restavano gli stessi, ma qualcosa sulla testa di Kai faceva propendere per un'ipotesi più che per l'altra.
“Porca vacca, sono praticamente atterrato sulla faccia!”, pensò Shiden, mentre eseguiva l'unica altra manovra possibile per sincerarsi della situazione esterna: attivare la telecamera posteriore.

Amuro prese il controllo della mano sinistra del Gundam, quella che impugnava la Beam Sabre, e lo trasferì alla leva sinistra. Quindi, la spinse in avanti con tutta la sua forza.

Char alzò il braccio cosicché Slander potesse vederlo. Poi, lo fece cadere, ordinando allo Zaku di fare fuoco.

Tem Ray guardò nel retrovisore e vide il Gundam che abbatteva la lama di energia dritta nel torace dello Zaku che lo teneva bloccato ma, prima che il colpo fosse inferto, uno spostamento d'aria sollevò un nuvolone di polvere.

Slander vide il braccio del Maggiore Char Aznable ricadere, ordinandogli il fuoco. Esitò per un solo istante, controllando che il mirino collimasse perfettamente col bersaglio. Ma una densa nuvola di polvere s'alzò improvvisamente attorno ai due Mobile Suit in lotta, portandoli fuori dalla visuale.

Bright scappò dentro il Gate dello spazioporto, a pochi metri dalla piattaforma dove il Gunperry era appena atterrato. Il Sottotenente Ryu José chiuse la saracinesca con la manovra d'emergenza non appena il giovane collega fu rientrato.

La nube di polvere rendeva impossibile distinguere lo Zaku di Denim dal prototipo federale. Slander allontanò l'indice dal grilletto all'ultimo momento e gridò all'interfono: “Comandante Char, non ho più contatto visivo!”

Dieci secondi prima, quando Kai aveva acceso la telecamera posteriore del Guncannon, quello che aveva visto non gli era piaciuto: un Mobile Suit bianco che non aveva mai visto in vita sua svettava a, sovrastandolo, al centro del monitor, con uno strano fascio di densa luce rossa in mano... un fascio che adesso sembrava stesse abbattendo su di lui. Preso dal terrore, l'ex-pilota premette contemporaneamente entrambe i pedali, che in una situazione normale avrebbero comandato i propulsori montati sulla schiena del Suit, nel tentativo di volare via. Il Guncannon vibrò e tremò, ma inizialmente non si mosse di un solo millimetro. In compenso, una densa nube di polvere si levò, oscurando anche l'ultima telecamera.

Char trattenne il fiato per un istante che sembrò eterno, poi la nube di polvere si diradò, portata via da uno strano mobile suit rosso che strisciò e rimbalzò disordinatamente sul terreno per quasi mezzo chilometro. La schiarita rivelò il Mobile Suit bianco che impugnava con entrambe le mani la sua lama a raggi, infilzandola pesantemente nel torace dello Zaku di Denim. Il binocolo elettronico gli cadde di mano e giù lungo la scarpata, ma il Maggiore non ebbe il tempo di dannarsi per le numerose foto perdute. Il suo pensiero corse per un istante alla ragazza bionda incontrata quella mattina. Poi, lo spirito di sopravvivenza e l'attaccamento alla sua segreta missione ebbero il sopravvento. Si voltò verso i suoi uomini, afferrò l'ultima maniglia disponibile sulla towing rope e gridò: “tutti via di qui, presto!”

Amuro, a corto di fiato e con la fronte imperlata di sudore, osservò attraverso il monitor principale le due mani del Gundam che tenevano la Beam Sabre saldamente piantata al centro del torace dello Zaku. Vide la mano del mobile suit di Zeon che, a corto di energia, perdeva la presa su di lui e cadeva inanimata al suolo. L'angolo destro delle sue labbra fece per stendersi in un sorriso, ma fu solo un attimo. Un nuovo evento attirò la sua attenzione, già messa a dura prova troppe volte quel giorno: il fascio di megaparticelle che costituiva la lama della sciabola iniziò a brillare in modo intermittente, poi a piegarsi quasi ad angolo retto rispetto alla direzione naturale. Una piccola lampadina nella cultura accademica del giovane si illuminò improvvisamente per spiegare il fenomeno, con una brutta notizia:
“Una variazione del campo magnetico”, pensò ad alta voce Amuro, “il reattore di questo suit sta per esplodere!”
Senza pensarci e senza bisogno di consultare il manuale, premette forte su ambo i pedali che controllavano i propulsori vernier.

La jeep di Tem Ray corse lungo il viadotto che portava al North Space Gate. L'ingegnere alternava la sua attenzione tra la strada e lo specchietto retrovisore, nel quale riusciva ancora a vedere occasionalmente scampoli dell'epilogo del primo combattimento del suo adorato prototipo. Sorrise allorché la nuvola di polvere si diradò, mostrando il Gundam vittorioso che trafiggeva il secondo suit di Zeon... sorrise, nonostante sapesse bene cosa quell'attacco avventato avrebbe comportato... sorrise, nonostante nell'abitacolo di quella macchina apparentemente condannata ci fosse suo figlio. Poi, riportò l'attenzione sulla sua destinazione, la saracinesca del Gate Nord che, notò, si stava lentamente chiudendo. Voleva dire che la White Base era in procinto di decollare, di abbandonare Side 7. Un'imprecazione gli sfuggì dalle labbra mentre quell'ennesima distrazione gli costava la tenuta di strada: l'ultima curva prima della rampa finale lo coglieva inaspettato. La jeep uscì di strada e Tem dovette combattere arduamente col volante per evitare che il veicolo si ribaltasse.

Char, aggrappato al cavo da traino di emergenza assicurato allo Zaku di Slander, osservò il cilindro che costituiva la colonia spaziale di Side 7 man mano che se ne allontanava. Nonostante la feroce battaglia consumatasi all'interno, dallo spazio esterno tutto pareva quieto e tranquillo. Ma sapeva bene che le cose sarebbero cambiate nel volgere di pochi istanti. Quando, finalmente, vide una piccola stella illuminare lo scafo della colonia seppe che l'inevitabile si era compiuto. Attivò il contatto a sfioramento con Slander.
“Slander, contatta Dren col circuito laser, voglio che qualunque cosa somigliante ad un Mobile Suit fuoriesca dalla falla di Side 7 venga catalogata e localizzata... e fai lanciare il mio Zaku con armamento ed equipaggiamento di tipo Charlie-Sierra!”, ordinò.

Amuro lottava con le leve di comando laterali e la cloche centrale, i pedali del Jetpack e quelli dei vernier secondari, il manuale cartaceo e Haro che volavano da un lato all'altro della cabina, cercando disperatamente di mantenere la quota. Sul monitor principale, il foro creato sulla superficie di Side 7 si avvicinava sempre più... anche se era chiaro che era il Gundam ad andargli incontro, risucchiato dalla decompressione in atto all'interno della colonia. Vicino, sempre più vicino. In un attimo vi fu dentro. Il computer di bordo percepì la riduzione di gravità in atto e sentenziò: “Gravità in diminuzione, caricamento automatico programma AMBAC”.
Amuro sospirò di sollievo, il sistema AMBAC avrebbe autobilanciato il mobile suit una volta fuori dalla colonia, permettendogli di muoversi nello spazio e rientrare dentro Side 7 attraverso uno dei portelli di servizio. La comunicazione di sistema successiva gli gelò il sangue:
“Errore di sistema, software di controllo AMBAC non installato correttamente!”

Tem Ray si aggrappò al volante della jeep con la mano sinistra, curando di bloccare con la destra la tenuta stagna del casco spaziale sul colletto della normal suit. L'auto iniziò a vibrare e muoversi ortogonalmente alle ruote.
L'ingegnere fece appena in tempo ad aggrapparsi al volante anche con la seconda mano, prima che il veicolo fosse sollevato dall'esplosiva forza di decompressione e risucchiato nello spazio attraverso la falla nello scafo di Side 7. Attraversandolo, Tem vide alberi, veicoli e cadaveri che venivano risucchiati parimenti... poi, la jeep urtò il Gundam e deviò il suo volo, andando a conficcarsi dritta dritta sul bordo esterno della colonia.

Amuro vide pian piano tutti i vari oggetti posti all'interno della cabina iniziare a galleggiare attorno a lui: Haro, il manuale, le cinghie d'emergenza, perfino quel che rimaneva degli airbag ormai sgonfi. Poi un urto micidiale attraversò il cockpit facendolo vibrare. Improvvisamente, tutto quello che fluttuava gli cadde addosso. Si coprì il viso con le braccia per proteggersi dagli urti e, quando quella pioggia di proiettili fu finita, riaprì gli occhi e guardò nel monitor principale: un Guncannon interamente verniciato di rosso era al centro dell'inquadratura, saldamente aggrappato ai bordi lacerati del foro... si reggeva con una mano e i piedi, mentre l'altra aveva afferrato con presa sicura il braccio destro del Gundam.

Kai non sapeva davvero com'era successo ma, dopo essere stato risucchiato nella falla, si rese conto che il suo Guncannon era rimasto incastrato nel bordo della colonia, infilatovi per tutta la lunghezza delle gambe e fino alla cintola. Tentò qualche manovra di base per riavviare i motori, senza esito. Poi, qualcosa lo urtò violentemente.
Sentì lo scafo del suit che riprendeva indiscutibilmente a muoversi, a rotolare lungo la falla come fosse rimasto impigliato ad un qualche detrito di grosse dimensioni che lo aveva strappato a quella trappola di metallo solo per gettarlo nello spazio. Si sentì morire, scavò nel profondo dei ricordi per verificare se ricordava una qualche preghiera tramandatagli dalla nonna originaria di Porto Rico...
“Gravità in diminuzione, AMBAC attivato!”, disse una voce sintetica in cabina.
Con un altro scossone, lo scafo trasmise la calda sensazione della stabilità... qualunque cosa fosse l'AMBAC, Kai lo benedisse dal profondo del suo cuore vedendo sui monitor che la sua posizione all'interno del gigantesco foro era stabile.
Poi, ondeggiando a causa della scarsa gravità, il braccio destro del Guncannon entrò in inquadratura. Incastrato alla fine di esso, c'era il mostruoso Mobile Suit bianco che lo aveva terrorizzato con la sua lama di luce pochissimi minuti prima.
Kai tremò, e fece un salto isterico quando una voce parlò alla radio:
“Non so chi tu sia, amico, ma ti ringrazio per avermi afferrato!”
“Questo idiota pensa che l'abbia fatto apposta!”, pensò Kai.
Poi, guardò il mostro bianco più attentamente. Federale, non c'era dubbio. Probabilmente un modello molto avanzato e costoso. Forse, perfino un prototipo ultrasegreto.
Se i federali volevano proprio credere che lui l'avesse salvato deliberatamente, beh...
“Non c'é problema, bello”, rispose alla radio, “tieniti stretto, che ti tiro su!”
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« Risposta #49 il: 09 Settembre 2012, 01:14:10 »

EPILOGO

Il sottotenente Noah Bright rimase accanto al letto del Comandante Paolo Cassius finché i sedativi non fecero effetto e l’anziano ufficiale si addormentò.
“Non c’è molto che si possa fare, al momento”, disse mestamente il sergente Sunmalo, unico infermiere autentico a bordo di quella finta nave ospedale che era la White Base, “Possiamo solo sperare che su Luna 2 abbiano un’equipe medica di prim’ordine, e che le sue condizioni non peggiorino durante il viaggio”
“Sempre se riusciremo mai a intraprenderlo, questo viaggio!”, rispose frustrato Bright, e subito se ne pentì notando l’improvvisa occhiata di terrore lanciatagli dalle nuove arrivate.
C’erano due civili, in infermeria, due giovani donne. La prima, una ragazza dai capelli castani sui sedici anni, era riuscita a raggiungere la nave dietro consiglio di Amuro Ray, il figlio dell’ingegnere della Anaheim adesso ai comandi del Gundam. Aveva tratto in salvo una bambina di appena quattro anni e adesso si stava dando da fare come aiuto infermiera, forte di un corso di Pronto Soccorso mai ultimato. L’altra era la donna che aveva recuperato e riportato alla base il povero Comandante Cassius dopo lo scontro a fuoco con Char, una ragazza bionda dall’aspetto fine ma dai modi estremamente determinati. Prima di lasciare l’infermeria, Bright si rivolse a quest’ultima:
“Grazie per averlo salvato”, le disse.
“Potevo fare altrimenti?”, rispose lei guardando nel vuoto, come presa da pensieri ben più grandi.
“Altri avrebbero pensato a salvare solo la loro, di pelle, sergente Sayla Mass…”, rispose pacato il giovane ufficiale osservandola trasalire e degnarlo finalmente d’attenzione.
“Temo che avremo bisogno di approfittare del suo talento di operatore alle telecomunicazioni almeno fino al nostro arrivo a Luna 2, per cui la reintegro in servizio con effetto immediato, intesi?”, continuò.
Sayla abbassò lo sguardo, non per manifestare inferiorità, non gliene poteva importar meno in quella situazione, ma perché i suoi pensieri l’avevano assalita di nuovo. Bright male interpretò questa condotta remissiva.
“Bene, l’attendo in plancia tra cinque primi, se non sa dove si trova prenda l’ascensore e segua le indicazioni”, concluse l’ufficiale facendo per uscire attraverso la porta scorrevole.

La porta dell’ascensore si riaprì sul Ponte Hangar e Bright uscì e s’affacciò alla passerella, contemplando dall’alto il triste lascito del Comandante Cassius: tre mobile suits, una manciata di veicoli, nessun vero pilota a parte Ryu Josè. La sua attenzione si fermò su quest’ultimo. Era infilato per metà nell’abitacolo di un Guntank, impegnato a spiegare le basi del pilotaggio ad un ragazzino, un giovane profugo di Side 7, basso di statura e dai tratti spiccatamente orientali.
“Che diavolo stai facendo?!”, la voce di Kai echeggiò nell’hangar attirando l’attenzione di tutti, Bright compreso, sul Guncannon che il povero Sergente Omur stava tentando di riverniciare nella prevista livrèa grigia a bassa osservabilità.
“Questa, se mai deciderò di scendere ancora in battaglia, sarà la MIA unità, con i MIEI colori, che portano fortuna a ME!”, aggiunse Kai sbraitando, “Per cui tu la lascerai esattamente com’è: testa grigia, corpo rosso!”
Omur sbuffò e raccolse il suo verniciatore spray portatile.
“Fammi almeno scrivere in bianco il numero identificativo, barone rosso, altrimenti la prossima volta che ‘scenderai in battaglia’ invece che atterrare sulla pancia potresti essere scambiato per Char e venire falciato dal Gundam!”,  rispose il meccanico, tra il sarcastico ed il frustrato.
Già, il Gundam, altro bel problema.
Bright lo osservò sullo spot numero 1 dell’hangar, proprio accanto alla catapulta per il lancio. Lo stavano rifornendo e riarmando, mentre l’upload dei driver per il combattimento in assenza di gravità era già stato ultimato. Amuro giaceva seduto ai piedi del colosso bianco, a gambe incrociate, con Haro in grembo. Sbuffava.
“Ho una notizia buona e una cattiva, tenente!”, disse un giovanissimo sottufficiale dai capelli biondi, rivolgendosi a Bright e distogliendolo dalle sue osservazioni.
“Prima la cattiva, Sergente Job”, rispose.
“Nel forzare il blocco di sicurezza dell’RX-78, Amuro ha usato un pet-bot, uno di quei robot di compagnia che, tra le altre cose, leggono i bioritmi del padrone. La nuova chiave di blocco è stata impostata coi bioritmi del figlio del professor Ray, forse inavvertitamente…”
“Per cui, adesso, il prototipo può essere usato solo da lui?”, interruppe nervosamente Bright.
“Esattamente”, ammise Job John.
“E non si può forzarla di nuovo, in qualche maniera?”, chiese Bright.
“Servirebbe un comando vocale da parte del Professor Ray, ma risulta disperso. Lo abbiamo cercato ovunque, senza risultato”
“E forzarlo col computer?”, insistette l’ufficiale.
“Si può fare in pochi minuti… a Jaburo! Coi computer della White Base, per compilare un trojian adatto servirà almeno una settimana di elaborazioni e prove…”
“Una settimana!”, sbottò Bright, infuriato, “quale sarebbe la notizia buona, in tutta questa tragedia, Job?!”
Il sergente porse un fascicolo al giovane ufficiale. Bright lo aprì, perplesso.
“Amuro Ray ha affrontato una simulazione su Guncannon questa mattina”, sospirò Job John, “ha evitato accuratamente l’attacco di un MS-06S, peraltro infliggendogli danni di classe media!”
“Un MS-06S?”, chiese sorpreso Bright alzando gli occhi dal fascicolo e squadrando il sottufficiale.
“Esatto”, rispose solenne questi, “La simulazione era basata su Loum… quel ragazzino ha evitato e colpito una versione virtuale dello Zaku di Char Aznable!”
“Non è possibile!”, disse Bright.
“Lo pensavo anche io”, rispose Job John spostando lo sguardo da Bright ad Amuro, “Ma ho controllato e ricontrollato la registrazione… quel ragazzino è il primo ad essere sopravvissuto a quella simulazione!”
Bright si morse un labbro.
Char!
Amuro, seppure in una simulazione, aveva colpito Char con un vecchio Guncannon. Uscendone indenne.
Char, la Cometa Rossa!
Colui il quale, adesso, li stava aspettando fuori da Side 7.
“Finite di armare il Gundam”, disse infine Bright, riconsegnando il fascicolo e girando sui tacchi.
“Tra quanto decolliamo?”, chiese Job John.
“Non appena avrò trovato qualcuno in grado di pilotare questa nave!”, rispose Bright entrando nell’ascensore di servizio.

Le porte scorrevoli si aprirono e Bright entrò in plancia. Teneva il capo chino come se i suoi dubbi e le sue preoccupazioni si fossero trasformate in un fardello pesantissimo ma invisibile che gli era stato poggiato sul collo. Il sergente Marker gli andò incontro, seguito da una ragazza in abiti civili.
L’attenzione di Bright fu subito catturata: pur se di origini britanniche, Noa era nato e cresciuto a Hong Kong, ultimo rampollo di una famiglia di diplomatici ormai in rovina. Cresciuto in mezzo agli orientali, non era certo strano che fosse attratto dalle donne di quelle etnìe. La ragazza sembrava poco più giovane di lui, coi capelli neri ordinati in un pratico caschetto, il viso spiccatamente giapponese nella carnagione e nei tratti che contrastava con l’abbondanza di curve su un corpo minuto. Lo sguardo di Bright non sfuggì alla donna, che arrossì facendolo arrossire a sua volta.
“Tenente Bright, miss Mirai Yashima, chiedeva di poterle parlare.”, disse Marker.
“Ero stato informato presenza a bordo di un esponente del clan Yashima”, esordì imbarazzato Bright, “ma, nella situazione attuale, temo di non poterle garantire alcuna sistemazione degna del suo lignaggio, signorina.”
“Non era per questo”, sorrise lei parimenti imbarazzata, “so che avete perso il vostro pilota… ecco, io sono un pilota…”
Ci mancava solo questa, pensò Bright, una principessina aristocratica e femminista che vuol giocare a fare l’eroina. Tuttavia, gli Yashima erano troppo importanti e potenti per arrischiarsi ad offendere anche solo velatamente uno di loro.
“Miss Yashima”, sorrise Bright, “che genere di brevetto possiede?”
“SpaceGlider, tutti i modelli”, rispose sicura Mirai.
“Lo SpaceGlider?”, sbottò Bright in una risata nervosa rivolgendosi a Marker, “Uno shuttle per uso sportivo?”
“Non… non è esatto…”, rispose imbarazzato Marker
“Sono Shuttle acrobatici”, puntualizzò Mirai.
Marker si sistemò gli occhiali sul naso e annuì.
Bright guardò Mirai sotto una nuova luce. Tirò le somme.
Una pilota acrobatica. Un giovane talento ai comandi di un potentissimo Mobile Suit sperimentale. Una nave spaziale dalle capacità ancora ignote al nemico.
Luna 2 era a sole quattro ore di volo. Forse, la situazione lasciata da Cassius non era poi così disperata. Forse, forse, ce la potevano fare.
“Vada al timone”, disse gentilmente Bright a Mirai mentre prendeva un microfono dalla poltrona di comando, poi avvicinò questo alla bocca:
“A tutti dall’ufficiale in Comando, Posto di Manovra Generale, primo grado d’approntamento, primo stato di sicurezza, attivare tutti i canali di comunicazione, gli uomini liberi dalle manovre di decollo raggiungano i posti di combattimento, Mobile Suit pronti allo scramble!”

FINE
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itasoer
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« Risposta #50 il: 09 Settembre 2012, 09:27:51 »

eh eh mi hai fregato! adesso leggo!
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« Risposta #51 il: 09 Settembre 2012, 13:27:19 »

speta speta che ce n'è troppo, domani le copio e me le leggo............ lasciale li sai
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ruikHa
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« Risposta #52 il: 09 Settembre 2012, 13:50:36 »

Troppo bella, Bright, Tomino ti fa un baffo!

Ma ora non ci puoi mica lasciare qui! Chi ci racconterà il proseguo della guerra?
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« Risposta #53 il: 09 Settembre 2012, 15:26:30 »

be' non ho letto tomino, quindi non azzardo paragoni ... in effetti però anch'io stimolerei un sequel, anche se capisco che è uno sforzo immane...
poi ho qualche curiosità, appena posso le butto giù..( per ora giù ci sono io - un po' di febbre...)
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« Risposta #54 il: 09 Settembre 2012, 15:54:27 »

Grazie ragazzi, ma non chiedetemi di andare oltre. Già é stato faticoso finirlo.
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« Risposta #55 il: 02 Novembre 2012, 22:34:59 »

Wow...cioe',e' perfetto....perfetto...io ho letto i romanzi di Yoshiyuki,e devo dire che "Suit You Up" (ammesso che sia il "titolo ufficiale" XD) e' una figata,e sai perche'? Perche' inizia,si svolge,si ferma,ri-inizia e finisce come "volevo io"...non so,e' perfetto....anche se,da uno come te,mi sarei aspettato magari delle specifiche piu' dettagliate sui ms e i vari mezzi,ma direi che gia' cosi' come hai fatto e piu' che buono....pensavo,come te la caveresti con qualcosa che e' ambientato in un UC piu' "avanti" nel tempo? Avendo meno informazioni a disposizione (ma cio' dipende dall'epoca di cui parliamo,ovvio) e dunque piu' roba su cui lavorare,che faresti? Come varierebbe il tuo stile narrativo? E se invece dovessi creare una storia non UC? Non dico necessariamente di un universo alternativo di Gundam gia' esistente,ma di qualcosa di nuovo...di tua invenzione....segui il discorso no? Beh,se non ti ho disturbato troppo con queste domande,mi interesserebbero le tue risposte...

EDIT : ah,una curiosita' da perfettini : all'inizio,nel primo "issue",c'e' quello schizofrenico  di Amuro che si allena nel simulatore,e combatte con lo Zack nello spazio....lo intravede perche' nota un puntino luminoso viola che va a Zig-Zag,non ho capito se la luce viola e' data dal mono-eye dello Zack (ah,scusate se lo scrivo cosi' "Zack",ma,un po perche' preferisco,un po' perche' i Nippo lo pronunciano cosi',lo so,fidatevi) oppure se sia il fluido di lavoro/propellente del razzo chimico che funge appunto da propulsione....se fosse cosi',non si tratterebbe di una corrente di plasma di un gas che,ionizzato,da una colorazione viola? Tipo l'Elio appunto,pero',avevo capito che i primi ms di Zion utilizzassero sistemi propulsivi ancora a razzo chemio-convenzionale....boh,scusa per tutte 'ste domande....e' che volevo dei chiarimenti,seppur minimi.
« Ultima modifica: 02 Novembre 2012, 22:41:07 da il neutrino vagante » Loggato
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« Risposta #56 il: 03 Novembre 2012, 11:44:57 »

boh a me sembra estremamente dettagliato sul piano tecnico - aggiungere le specifiche in senso stretto sarebbe una palla mortale smile.
parla di airbag, sistemi di guida, ammortizzatori, bilanciamento, i mobile suite che lascia immaginare sono molto più lenti (mi sembra) e "goffi" di quelli a cui siamo abituati...più proporzionati alle loro dimensioni, la guida necessita tempi di reazione a volte anche lunghi (quando cadono per esempio...)
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« Risposta #57 il: 03 Novembre 2012, 12:26:02 »

Infatti,e' stato assai bravo sotto questo lato tecnico,ma per certe cose,non so,mi sarei aspettato delle informazioni ancora piu' dettagliate..ma posso capire che in effetti il tutto,se lo si va a vedere cosi' nel dettaglio,diventa noioso (penso eh,poi non so voi) e terribilmente lungo....dunque,nulla da dire...mi interesserebbe poi appunto il suo parere su quel dettaglio che non sono riuscito a cogliere...
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« Risposta #58 il: 03 Novembre 2012, 20:08:49 »

Grazie per i complimenti, la luce viola che Amuro vede nelprimo capitolo é effettivamente il mono-eye (i vernier, funzionando a intervalli, non avrebbero consentito da soli un'osservazione abbastanza lunga da poterli prendere a riferimento per mirare). Riguardo i tecnicismi, ritengo che eccedere possa allontanare il lettore medio. Per gli assetati di tecnicismi ho inserito qua e là dei dettagli, magari qualche comunicazione radio fatta in procedura standard, termini reali come "ho il tono", piuttosto che il comune (nella fiction) "bersaglio agganciato", che non dice niente, nei combattimenti reali (agganciato con cosa? a chi?).

Suit You Up (sì, é il titolo originale e definitivo, vuol dire "preparati!" e sfrutta il gioco di parole con "suit") non é un abecedario per affamati di tecnica militare, ma per fan di Gundam a tutto campo.
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« Risposta #59 il: 03 Novembre 2012, 20:14:12 »

Immaginavo! rotolul Era il Mono Eye infatti...poi credo che nello spazio la "fiammata" non la vedresti neanche....sbaglio?

Comunque,un gran bel lavoro Bright,nulla da dire in contrario...so che avevi fatto anche un breve racconto su Artesia,appena ho tempo lo leggo pure quello! prostrato
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