Bgirht
Tenente Generale
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« Risposta #13 il: 22 Febbraio 2012, 11:01:40 » |
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“E con questo fanno tre!”, disse il Sergente Denim mentre guardava attraverso il binocolo. I due piloti erano usciti dai cockpit dei loro Zaku, mimetizzati alla buona nella fitta vegetazione alla base delle montagne costituenti la parete sud della colonia spaziale, e stavano osservando da lontano l'ex impianto industriale della Anaheim. Denim era il prototipo del sottufficiale inferiore. Non troppo alto, tarchiato in quel mix di muscoli e ciccia che lo avrebbero fatto distinguere da un ufficiale anche a distanza. La sua barba non curata e l'aspetto da trentenne vissuto completavano il quadro, molto contrastante con la figura del suo subalterno, il sergente Gene, alto e magro e che, pur non sembrando un ragazzino come il giovane Slander, non dimostrava affatto i suoi ventisette anni né fisicamente, né come indole. “Tre rimorchi per trasporti eccezionali...”, disse Gene, “...le notizie intelligence erano esatte: la Anaheim s'é messa in affari coi Federali... maledetti lunariani!” Denim abbassò il binocolo e si voltò verso il suo sottoposto. “Per quel che ne sappiamo, sotto le coperture di quei camion potrebbe esserci qualsiasi cosa. Questa colonia non é ancora completa...” Gene sbuffò e indicò in direzione dello stabilimento. “Denim, non raccontiamoci balle... rimorchi lunghi venti metri e accuratamente coperti con doppi teloni! Personale in subbuglio che sciama tutt'attorno! Buggy con finti tecnici a bordo! Una nave Federale nuova di zecca che attracca qui proprio oggi! Quelli non trasportano pilastri, dev'essere quello che chiamano 'Progetto V'!” Denim sbuffò e tornò a osservare attraverso il binocolo. “Nessuno sa di cosa tratti questo fantomatico progetto V, Gene... anche se ammetto che non so cosa darei per sbirciare sotto quei teloni!” Un sibilo costrinse Denim a distogliersi dall 'osservazione ancora una volta: Gene era tornato sul suo Zaku, che si stava alzando in piedi emettendo tutta una serie di sbuffi e fischi. “Gene, pezzo d`idiota, cosa pensi di fare?!”, urlò Denim. “Soddisfare la sua curiosità, Denim...”, rispose Gene attraverso gli altoparlanti esterni del suo Mobile Suit, “...e guadagnarmi una promozione!”
“Il sismografo non indica proprio niente!”, disse il giovane operatore dopo aver controllato per l'ennesima volta. “Va bene così, Oscar, spegni tutto!”, rispose il Paolo Cassius. Bright scosse la testa mentre osservava il monitor che si oscurava. Per un istante, prima che si spegnesse del tutto, gli sembrò di vedere un bagliore. La sua immaginazione. Forse. “Comandante, l'ingegner Ray sembrava così convinto...” Il Comandante Cassius mise una mano sulla spalla di Bright. “Tem Ray non é più stato la stessa persona, dopo la separazione dalla moglie. É diventato paranoico e troppo attaccato al suo lavoro. Credimi Bright, io...” L'esplosione di uno sparo lo interruppe. Poi, un'altra. E un'altra ancora. Il Sergente Oscar riaccese il monitor del sismografo: un grafico composto da decine di picchi e oscillazioni apparve davanti agli occhi di tutti. “Voglio una scansione a infrarossi di tutta la colonia, subito!”, urlò Cassius. Marker, l'altro operatore, si arrampicò sulla sua consolle e collegò il sistema di videosorveglianza interna di Side 7 al gigantesco schermo principale ricavato sul tetto della Plancia. “Settore nord, negativo...”, disse, agendo sulla sua tastiera, “settore ovest, negativo...” Cassius chiuse gli occhi. Se loro erano entrati in Side 7 da Nord, allora era ovvio che... “Settore sud: due impronte termiche correlabili a Mobile Suit!”, gridò Marker. “Bright, prendi dieci uomini armati e corri allo stabilimento dall'ingegner Ray. Digli che la copertura é saltata, di imbarcare i prototipi e distruggere tutto il resto, chiaro?” Bright annuì e, diomenticando per una volta le formalità militari, corse verso l'ascensore. Cassius si tolse il berretto da Comandante e si passò una mano tra i capelli. “Mettetemi in contatto col Comandante dell'installazione militare!”, ordinò.
La Sala Mensa della Anaheim Electronics aveva accolto un pubblico certamente più felice di quello presente quel giorno. Nonostante il magistrale panorama di Side 7 offerto dall'immensa, luminosissima finestra semicircolare che occupava l'intera parete sud, l'ambiente era reso tetro dal volti scuri dei presenti. Da quando le Forze Federali avevano confiscato quell'installazione industriale per farne ufficialmente un Centro di Reclutamento, e ufficiosamente un poligono sperimentale, la Sala Mensa era diventata l'anticamera dell'inferno per tutti i coscritti, che vi attendevano, spesso per molte lunghe ore, il compiersi del loro destino. Qui infatti venivano assegnati ruoli, corpi, destinazioni... e divise conformi ad essi. Girava voce che, se quando chiamavano il tuo nome vedevi poggiare sul banco di distribuzione una giubba grigia con tasconi frontali dotati di bottoni, eri già carne morta: ti toccava la fanteria. Se le tasche erano invece dotate di chiusura lampo, eri stato destinato ai corpi spaziali, o EFSF. Ma saresti stato carne morta ugualmente. Kai Shiden venne trascinato nella sala dal gigantesco ufficiale afroamericano e letteralmente gettato da parte, in un angolo. Inciampò nelle sue stesse gambe ruzzolando sul freddo pavimento metallico. Il suo accompagnatore non sembrò curarsene, anzi guadagnò il centro della sala e squadrò in un batter d'occhio le decine di presenti in modo così intenso che quando iniziò a parlare chiunque, nella stanza, pensò si stesse rivolgendo direttamente a lui. “Sono il sottotenente Ryu José, delle Forze Spaziali Federali”, esordì il gigante, “il vostro incorporamento inizierà a breve.” Fece una pausa d'effetto e guardò ancora una volta tutti in faccia. Il suo pubblico sedeva ordinatamente ed in mesto silenzio su sedie in plastica rossa ancorate al pavimento in coppie, contrapposte a due a due. I tavolini che un tempo separavano le coppie di sedie prospicienti erano stati smantellati e portati via per guadagnare spazio. “Da adesso non voglio sentire volare una mosca, i vostri nomi verranno chiamati in ordine alfabetico, prima coloro che hanno già prestato servizio nelle Forze Federali, poi tutti gli altri.” José sorrise tra sé: quei poveracci erano talmente spaventati da non riuscire a proferire parola da ore, quindi il suo appello al silenzio era del tutto inutile. Non gli piaceva recitare un copione, quel copione in particolare, per cui non trovò nulla di sbagliato nell'aggiungere: “Normalmente non mi occupo degli arruolamenti, oggi tocca a me ma non ne sono felice, quindi facciamo così: voi non create problemi a me...”, si puntò l'indice destro sul suo possente petto, “... e io non ne creerò a voi”, continuò girando il dito verso il suo pubblico, “e Dio sa se voi non avete bisogno di altri problemi, oggi! Ci sono domande?” Shiden alzò la mano. José lo vide e lo ignorò scuotendo leggermente la sua gigantesca testa. “Bene”, concluse, “voglio che quelli che hanno già prestato servizio militare si siedano alla mia sinistra, su questo lato della sala. Gli altri siedano a destra, al centro, ovunque ci sia posto... ma non a sinistra! Chiaro?” Senza attendere conferme o risposte, girò sui tacchi e si diresse verso uno dei banconi precedentemente destinati alla distribuzione dei cibi, i cui vani per la tavola calda erano stati spogliati di pentole e pentoloni e riempiti con uniformi federali. Shiden si tirò in piedi, battendosi le mani sui pantaloni per spolverarli, e si guardò attorno. La trovò sulla sinistra, in fondo alla sala... la bionda che aveva adocchiato all'ingresso. Emise un fischio d'approvazione mentre considerava che gli altri ragazzi presenti dovevano davvero essere paralizzati dalla paura, per aver lasciato un simile bocconcino a sedere da sola! Indossò la faccia tosta più tosta che aveva, si infilò le mani in tasca per darsi un tono -qualunque esso fosse- e si avvicinò fischiettando alla ragazza, fermandosi a pochi passi da dove lei sedeva composta, con lo sguardo azzurro perso nel vuoto. “Accidenti, chi avrebbe mai detto che nelle Forze Federali ci siano ragazze così belle!”, esordì. La bionda gli rivolse lo sguardo e, come se stesse osservando un curioso scherzo della natura, si limitò a domandare: “Prego?” Shiden, tutto contento d'aver creato un qualche tipo di connessione, si sedette accanto a lei. “Dicevo che non credevo ci fossero anche delle belle ragazze, nell'esercito!”, ribadì porgendole la mano, “Comunque, piacere, il mio nome é...” “...Sottotenente Kai Shiden!”, finì lei, senza emozione. Kai si sentì preso in contropiede, ma aveva un ego troppo grande per desistere nel suo tentativo di corteggiamento. “Sai il mio nome? Mi hai già adocchiato, eh?” La ragazza strinse appena la mano di Kai e la ritirò subito, come se avesse toccato qualcosa di sgradevole. “Tutti, qui, sanno come ti chiami. La tua scena madre all'ingresso non é certo passata inosservata!” Kai sorrise per sdrammatizzare: “Non mi trovo troppo a mio agio con i modi arroganti della Federazione!” “...disse lo straniero che attacca bottone con le sconosciute parlando del loro aspetto fisico!”, aggiunse lei, sarcastica. “Ce l'hai un nome, o i tuoi ti hanno fatta carina e basta?”, ghignò lui. “Sayla Mass”, sorrise inaspettatamente la ragazza. “Mass come la nobile casata europea?”, chiese Kai. “Proprio loro”, rispose lei dopo averlo squadrato. “Come li conosci?” “Studio da giornalista”, rispose Kai. “o meglio, studio Scienze Politiche, in effetti” “Credevo servisse il diritto di voto, per quella facoltà”, obiettò lei. “Credevi bene”, rispose Kai facendo il saluto militare, “gli spazionoidi per avere il diritto di voto devono servire nelle forze federali per almeno un anno”, agitò la mano come a scacciare l'idea, “ecco perché avevo fatto l'ufficiale di complemento, l'anno scorso!” “Bella fregatura”, sorrise lei. “E tu? Se sei una Mass, come minimo sei nata sulla Terra...”, disse sornione Kai. “Facoltà di Medicina di Side 7. Solo per gli studenti nati qui. A meno che...”, rispose Sayla con un sospiro. “...un trimestre di servizio nelle forze federali!”, continuò Kai, eccitato dall'aver trovato un punto di contatto con lei. “Quindi, saresti un'infermiera?” “No. Ho fatto l'operatore alle telecomunicazioni nella EFSF. Interfoni a contatto, ricetrasmettitori laser, radio tradizionali... quella roba lì!”, rispose lei. “Congedata poco prima che iniziasse la guerra, vero? E, così, hanno fregato anche te!”, rise Kai. Sayla fece per rispondere, ma il rumore martellante del motore di un elicottero catturò all'istante l'attenzione di tutti. Kai guardò attraverso la gigantesca finestra panoramica: due elicotteri anticarro avevano sorvolato l'edificio e volavano a velocità sostenuta verso l'estremità sud della Colonia Spaziale. José lasciò il bancone a centro sala e mosse alcuni passi verso la finestra. Una sventagliata di proiettili di grosso calibro aprì dei fori sulla parete sud, nel cemento come nel vetro della finestra panoramica, che pure era di tipo blindato. Tutti si gettarono sul pavimento per ripararsi. Il silenzio tetro della rassegnazione aveva improvvisamente ceduto il posto a stridenti urla di terrore. José alzò di nuovo lo sguardo attraverso la finestra: uno dei due elicotteri ruotava violentemente su sé stesso, disegnando una scia di fumo nero che ne tracciava la traiettoria di volo. Stava precipitando proprio lì davanti. Ryu prese la sua decisione in un secondo. “Tutti al riparo dietro ai banchi di distribuzione!”, urlò, alzandosi e lanciandosi lui stesso dietro il primo riparo disponibile. L'esplosione mandò la finestra definitivamente in pezzi.
C'erano dei limiti ben precisi, per un'astronave da guerra che volesse avvicinarsi ad un Side ufficialmente neutrale. Questo limite era disegnato da una serie di satelliti stazionari dotati di ripetitori radio, laser e luminosi, delimitanti la porzione di spazio nella Sfera Terrestre di giurisdizione di quel Side. Lo Xamel, unità della classe Musai, stazionava ormai da qualche ora sul margine Sud di questo confine, sebbene la definizione di “margine Sud”, priva di senso nello spazio e usata in modo abbastanza arbitrairio, fosse un'indicazione dettata più dalla consuetudine che da reali motivazioni. Attraverso le finestre della plancia della piccola unità Zeoniana, il corpulento Tenente Dren osservava il solitario cilindro di Side 7, riflettendo su cosa avrebbe detto al suo diretto superiore per rendere più accettabile un simile guaio. Decise che un'immagine sarebbe valsa più di mille parole. “Stampami la foto inviata da Slander!”, ordinò infine all'operatore alle telecomunicazioni. In quel momento sentì distintamente il rumore di due suole magnetiche che toccavano il pavimento alle sue spalle. La voce che seguì confermó la sua intuizione. “Novità da quella specie di cavallo a dondolo, Dren?” Dren si voltò e scattò sull'attenti davanti al suo interlocutore appena arrivato. Nonostante lavorasse con lui ormai da mesi, non s'era ancora abituato ad averci a che fare. Il Maggiore Char Aznable. Il più giovane ufficiale superiore nelle Forze Armate del Principato di Zeon, vent'anni appena, dieci meno di Dren. Il suo grado non era atterrato sulle spalline per caso. Nella prima grande battaglia di quella guerra combattuta nella porzione di spazio noto come “Loum”, Char Aznable aveva distrutto, da solo, ben cinque incrociatori federali classe Salamis, unità assai più potenti di una classe Musai, quantomeno sulla carta. Nel compiere quest'impresa, l'allora Sottotenente Aznable aveva sperimentato la scarsa sicurezza del suo Mobile Suit, uno Zaku II di preserie, rischiando la sua stessa vita in un improvviso quanto inspiegabile incendio all'interno del cockpit, che aveva lasciato profonde bruciature e cicatrici su tutto il suo corpo. La Zeonic, che produceva gli Zaku per il Principato, per scusarsi aveva costruito un elmo speciale che, pur non coprendo del tutto il volto del giovane ufficiale e non riuscendo a celare del tutto i segni che lo sfiguravano, leniva il dolore delle ferite e compensava le conseguenze subite dalla funzionalità di occhi e orecchie, rendendo Char di fatto privo di qualsivoglia handicap. La famiglia Zabi, regente il Principato di Zeon, dal canto suo aveva accolto l'opinione diffusa tra le truppe secondo la quale Char Aznable, se non fosse stato costretto a ritirarsi per quell'incidente, avrebbe spazzato via da solo l'intera flotta federale, accordandogli una promozione senza precedenti di ben tre gradi. Nessuno aveva quindi investigato su cosa fosse effettivamente successo dentro quell'abitacolo, perché a causa di quell'incidente il Principato aveva ora il suo primo Asso e il suo primo Eroe, la Zeonic aveva potuto perfezionare le sue macchine e affermarne l'efficacia senza pagare penali, e tutti alla fine sembravano essere contenti. Dren scacciò il disgusto che lo assaliva ogni volta nel vedere, seppur solo in parte, il volto martoriato del suo diretto superiore e gli lanciò contro la stampa appena eseguita di un'immagine trasmessa da Side 7. L'assenza di gravità fece planare lentamente la fotografia tra le mani, coperte da guanti bianchi speciali, del maggiore. Char studiò l'immagine con attenzione. “Sotto quel telone c'é un Mobile Suit”, disse infine. “Non capisco, Comandante”, rispose perplesso Dren, “conosciamo bene i cosiddetti Mobile Suit federali, a parte il Guncannon si tratta perlopiù di macchine edili o tank riadattati, perché portarne di nascosto in un Side così fuori mano?” “Forse stanno allestendo una base su una colonia neutrale”, pensò ad alta voce Char, “ma non vedo che senso avrebbe, visto che il Principato si trova dal lato opposto della Sfera Terrestre... quindi si tratta di un progetto segreto, qualcosa da tenere lontana dai riflettori... dobbiamo agire con cautela!” “A questo proposito, Comandante... ci sarebbe un piccolo problema...”, farfugliò Dren.
Quando Sayla si rimise in piedi, la polvere da calcinacci era ancora densamente sospesa nell'aria di ciò che rimaneva nella sala mensa, rendendo la visibilità molto limitata. Sentì dei tonfi sordi provenire da qualche parte e avvicinarsi costantemente. Guardandosi intorno, vide Kai in piedi, immobile, che guardava nella direzione in cui, fino a pochi momenti prima, c'era la finestra panoramica. Trovando una corrispondenza nella sua cultura accademica, Sayla si avvicinò a Kai, lo afferrò per un braccio e lo scosse temendo fosse sotto shock. Poi, decise di seguirne lo sguardo. E fu allora che vide il monocolo spettrale al centro della testa di uno Zaku II che perlustrava l'interno di quel che rimaneva della sala. Il gigante di metallo sembrò non far caso a loro due né a tutte le altre persone, molte delle quali giacevano ancora al suolo immobili, ma si voltò e spiccò un salto allontanandosi e alzando una nuova nuvola di detriti a causa dei getti del suo jet-pack. Quelli tra i presenti che erano ancora coscienti, urlarono di paura. Kai si guardò attorno, afferrò Sayla per un braccio e fece per tirarla via, ma lei si ritrasse. “Che fai?”, gli chiese. “Approfitto della situazione e me la do a gambe, cos'altro dovrei fare?!”, urlò lui. Il viso di Sayla si corrugò in un'espressione di rabbia e disappunto. “Qui c'é gente che ha bisogno d'aiuto!”, disse, indicando i corpi ancora al suolo. “Pensi di poterli salvare tutti, Dottoressa? Questi sono spacciati! Io sono ancora vivo, invece, e voglio rimanerlo! Vieni con me o no?”, rispose Kai, esasperato. Uno schiaffo di una violenza inaspettata s'abbatté sul volto del giovane. Si trovò a pensare quanto fosse strano che una ragazza così delicata avesse una tale forza fisica. “Se parli così perché sei sotto shock, questo dovrebbe rimetterti il cervello a posto. Se invece sei solo un vigliacco ed un egoista come penso, allora vattene pure e salva la tua miserabile vita, verme!”, intimò Sayla. Kai non credeva alle sue orecchie. Contrariamente alle sue abitudini, tentò una seconda volta: “Sayla qui non c'é più niente da salvare, capisci? Corri solo il rischio di morire anche tu, questo posto non reggerà ancora molto, specie se quel Mobile Suit dovesse tornare...” A Sayla venne in mente una frase che aveva sentito spesso, da bambina.
“Non mi aspettavo che uno come Denim si facesse sfuggire di mano una recluta come Gene”, ammise greve Char mentre continuava ad osservare la fotografia, “ma potremmo sfruttare la situazione come diversivo! Dren, prepara una squadra di incursori in Normal Suit, la guiderò personalmente dentro Side 7!” Dren sbatté gli occhi, stupefatto. “Comandante, siamo a corto di munizioni e rifornimenti, e lì dentro sta infuriando una battaglia! Non avremmo modo di fornire nemmeno il fuoco di copertura durante una probabile ritirata! Almeno, non ci vada lei personalmente!” “Intendo andare a vedere con i miei occhi” rispose perentorio Char, facendo gelare il sangue a Dren che si chiedeva spesso quanto, di quegli occhi elettronici ricavati nella sua maschera, fosse effettivamente “suo”. “Comandante, é rischioso...”, fu tutto quello che riuscì a rispondere. A Char venne in mente qualcosa che diceva spesso suo padre.
“A volte, il rischio é l'unica opzione!”, risposero in un inconsapevole e distante unisono Sayla e Char.
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