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Autore Topic: SUIT YOU UP! [romanzo breve/remake]  (Letto 31148 volte)
gritBh
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« il: 07 Febbraio 2012, 07:21:46 »

Non fosse stato che era seduto, gli sarebbe sembrato di essere a letto, nella sua cameretta, nel bel mezzo della notte. Buio tutt'attorno. Unici rumori il suo respiro e un appena percettibile ronzìo di fondo.
Abbassò lo sguardo: la tetra luce proveniente da display e quadranti gli riconfermarono che no, non si trovava in camera sua. A pensarci bene, la sua camera non era mai stata così silenziosa. Non era mai stata così paurosa...
Il rumore gracchiante e improvviso dei disturbi statici nella sua cuffia gli gelò il sangue, ma lo scosse dal torpore di quel pensiero:
“Bersaglio in avvicinamento, ore 2, tre chilometri, velocità 220...”
Il giovane pilota tirò a sé  la cloche alla sua destra, ruotando la visuale dello schermo principale: non era certo un esperto in astronomia, non avrebbe saputo distinguere le stelle che brillavano timide nello spazio lontano, ma una cosa la sapeva per certo: non esistevano stelle che si muovevano a zig-zag. Non esistevano stelle VIOLA.
“Bersaglio avvistato, confermo Zaku II agganciato col sensore TV, ingaggio!”
L'abitacolo s'inclinò paurosamente sulla destra a causa della manovra evasiva troppo stretta, intrapresa per allontanarsi dal nemico ma al contempo non perderlo di vista. Il computer di bordo disegnò un cerchio rosso sul monitor principale, in corrispondenza del bersaglio. Un sibilo sintetico risuonò in cabina.
“Ho il tono, soluzione di fuoco con Vulcan, fox four!”
Premette con decisione il tasto in corrispondenza del pollice sulla cloche di sinistra. Una raffica di proiettili traccianti, resi incandescenti dalla immensa differenza di temperatura che c'era tra essi e il vuoto cosmico, volarono silenziosi verso il nemico, strappando via alcune piastre di protezione... troppo poco per convincerlo ad abbandonare la lotta: lo Zaku riprese l'assetto di volo e puntò la sua arma principale: un fucile mitragliatore con un calibro spaventoso da 300 mm.
Con un altro scossone, l'abitacolo s'inclinò in direzione opposta, evitando la salva mortale sparata dal Mobile Suit nemico. Il simbolo sintetico di puntamento rimbalzò per tutto il monitor principale, cercando furiosamente di agganciare di nuovo il bersaglio...
Poi, tutto si spense e il ronzìo crebbe in volume e s'abbassò in tono fino a morire. Il portello anteriore si aprì e il sergente addetto all'arruolamento fece capolino.
“Impressionante, signor Ray! Adesso può uscire, la simulazione é conclusa...”
“Tutto qui?”, chiese deluso Amuro, mentre usciva dal piccolo abitacolo del simulatore di Guncannon.
“Questo simulatore serve solo a verificare l'attitudine dei candidati, non ha idea di quanti vogliano fare il pilota e poi vomitino dentro al casco non appena il Mobile Suit inizia a camminare!”, sorrise il sergente, “Mi attenda qui con gli altri e riempia i moduli per l'arruolamento, la chiamerò quando arriva il suo turno!”

“Quell'uomo mi da i brividi! ”, sentenziò Slender.
La risata di scherno del suo collega Gene echeggiò nella cuffia all'interno del suo casco.
“Si, intendo, tutte quelle cicatrici... e quella maschera, poi!”
“Concentrati sul pilotaggio, sergente, atterrare su una colonia spaziale in rotazione non é uno scherzo!”, lo redarguì bonariamente una seconda voce.
Slander controllò gli strumenti dentro l'abitacolo del suo Zaku e rispose:
“Signor-sì, sergente maggiore Denim, la distanza dalla docking bay sud di Side 7 é adesso 15 chilometri, ETA alla presente velocità: 4 minuti...”
“Così mi piaci!”, rispose Denim.
“E comunque sappi che quelle cicatrici sono valse al Maggiore Aznable una promozione di ben 3 gradi!”, aggiunse Gene.
“Credevo fosse stato promosso per le 5 Salamis che ha distrutto, praticamente da solo, a Loum...”, insistette Slander.
“Adesso basta chiacchiere”, li interruppe Denim, “ristabiliamo la formazione, coordinate la discesa con la velocità di rotazione della colonia, attivate le suole elettromagnetiche, jetpack e vernier su stand-by...”.
I tre Zaku II si allinearono l'uno al fianco dell'altro. L'inerzia li fece avanzare lentamente nello spazio nonostante i propulsori fossero spenti, mentre la forza gravitazionale generata dalla massa del gigantesco cilindro che costituiva la colonia spaziale di Side 7 li frenò non appena ne sorvolarono la verticale. A quel punto i potenti elettromagneti alloggiati nei piedi dei Mobile Suit li fecero atterrare, uno ad uno, docilmente sulla superficie metallica.

Amuro si guardò attorno e sbuffò. Era rimasto da solo. La sala conteneva unicamente la sfera di tre metri di diametro che costituiva il simulatore e una banale consolle per il controllo dall'esterno più, abbandonato in un angolo, quello che sembrava un monitor di indicazioni per turisti. Non c'era da stupirsi, quella base dell'esercito Federale era stata appena inaugurata... anzi, ufficialmente non esisteva nemmeno. Si avvicinò al monitor nell'angolo e sfiorò lo schermo. Dal monitor emerse un ologramma rappresentante la Via Lattea, mentre una voce registrata iniziò a recitare:
“Fin dall'alba della sua Storia, l'uomo ha osservato con timore e curiosità le stelle...”
Amuro agitò seccamente la mano da destra a sinistra per mandare avanti la rappresentazione. Apparve una scritta tridimensionale, “A. D. 1630”, e la foto di un uomo barbuto con un cannocchiale in mano:
“...il matematico e fisico italiano Galileo Galilei sfidò la Chiesa e la concezione eliocentrica del tempo...”, continuò la voce registrata.
Amuro agitò di nuovo la mano, apparve la scritta “A. D. 1962” e la proiezione olografica del Presidente John Fitzgerald Kennedy che parlava al Congresso: “Abbiamo scelto di andare sulla Luna non perché é facile, ma perché é difficile. Mandare un uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra entro la fine di questo decennio deve...” Amuro mosse appena la mano. L'immagine di Neil Armstrong che metteva piede sul satellite lo aveva sempre affascinato, pur essendo ormai una cosa banale: “É un piccolo passo per un uomo, ma un balzo da gigante per l'Umanità...”
Amuro agitò ancora la mano. L'ologramma adesso mostrava la data dell'A.D. 2006. Kofi Annan, segretario dell'Onu, riferiva laconicamente: “La popolazione mondiale conta oggi ben 6 miliardi e mezzo di persone, ma saremo ben 10 miliardi entro il 2050...”
Amuro skippò ulteriormente in avanti, apparve una Colonia Spaziale del tipo ad Anello, e la scritta “A. D. 2081”. Ad essa si aggiunse l'immagine di Ricardo Marcelas, Segretario della Federazione Terrestre,  che sentenziò “Addio, Anno Domini... benvenuto, Universal Century”.
Istantaneamente, la scritta si resettò da 2081 a 0001, e “A.D.”venne sostituito da “U.C.”
Amuro osservò la cifra, poi agitò la mano con forza mandando la registrazione ulteriormente avanti: apparve Degwin Zabi in primo piano, coi suoi figli Girhen, Kycilia, Dozul e Garma alle spalle.
“Oggi, 2 Gennaio 0079, i 150 milioni di spazianoidi abitanti il gruppo di colonie designate come Side 3 rigettano il nome di Repubblica di Munzo imposto loro dalla corrotta elite della Federazione e dichiarano guerra al Governo Federale Terrestre, uniti in un principato e sotto la bandiera del loro grande e indimenticato leader, Zeon Zum Daykun!”
Amuro scosse la testa... agitò ancora la mano fino a visualizzare un notiziario di pochi giorni prima: un gigantesco cilindro d'acciaio s'abbatteva su una città, imbiancando lo schermo, mentre la voce del reporter sanciva che “Dopo otto mesi di guerra e metà della popolazione mondiale sterminata, ancora non é possibile identificare un vincitore o un vinto, mentre la situazione di stallo perdura fin dalla distruzione di Sydney a causa del fallito Colony Drop su Jaburo tentato dal Principato di Zeon all'inizio del conflitto...”
“Deve andare via!”, la voce del Sergente richiamò l'attenzione di Amuro.
“Signor Ray, lei non ha ancora compiuto sedici anni, quindi non é arruolabile. Inoltre, esistono delle... direttive speciali, per quelli come lei. Ecco la sua roba...”
Il sergente porse ad Amuro una sfera in plastica verde, delle dimensioni di un pallone da basket, con due LED lampeggianti su un lato e una cartellina di documenti.
“Direttive speciali?”, ripeté Amuro, mentre prendeva Haro, il suo robot di compagnia, e la cartella coi suoi documenti anagrafici.
“Esatto, signore, per cui la prego di non riprovare quand'anche avesse raggiunto l'età prevista, tra qualche settimana”
Amuro sorrise. Se lo aspettava.
“Mi creda, non c'é pericolo, sergente! Addio.”

“Non é stata una grande idea, Tem...”, sospirò il Comandante Paolo Cassius guardando attraverso le finestre della plancia di comando. Il suo interlocutore era Tem Ray, ex ufficiale del genio della EFGF, la fanteria dell'esercito federale terrestre, nonché attuale responsabile del segretissimo “Progetto V” e vecchio amico.
“Far classificare questa unità come astronave-ospedale, intendi?”, gli rispose l'ingegnere, senza distogliere lo sguardo dalla docking bay nord di Side 7, che appariva sempre più vicina.
“Già.”, confermò Cassius, “averla verniciata di bianco e rosso e averla battezzata 'White Base' non sembra aver ingannato quel Musai che ci segue da ore...”
Il Musai, era il tipo di fregata spaziale più comune in quella guerra. Ed era una nave del Principato di Zeon. Piccola, agile, dotata di tre batterie binate di cannoni a megaparticelle, lanciamissili e un hangar in grado d'ospitare ben quattro Mobile Suits modello Zaku, poteva sembrare poca cosa se confrontata alla gigantesca classe Pegasus delle forze spaziali federali di cui la White Base era il secondo esemplare ultimato ed il primo pienamente operativo. Tuttavia, nel corso degli otto mesi di guerra, il Musai e gli Zaku di Zeon avevano scardinato parecchie delle convinzioni e delle dottrine degli strateghi federali. Nessuno, a bordo della White Base, stava sottovalutando quell'incontro sfortunato. Tuttavia il fatto che ancora non avesse attaccato dava da pensare.
“Probabilmente non oserà fare la prima mossa, il Trattato Antartico vieta di sparare sulle unità ospedale”, rifletté ad alta voce Tem Ray, “forse ci sta studiando per capire se siamo davvero quel che diciamo di essere...”
“Forse hai ragione”, annuì Cassius. Ma non avrebbe saputo dire se lo fece per non contraddire l'amico o piuttosto per tranquillizzare l'equipaggio presente. Da vecchio militare qual'era, sentiva puzza di bruciato e non vedeva l'ora di attraccare su Side 7 che, almeno ufficialmente, era ancora considerato territorio neutrale come Side 6.
“Mi serve una squadra per approntare l'imbarco dei prototipi”, la voce dell'ingegnere interruppe il flusso dei pensieri dell'anziano comandante, “e vorrei anche dotare di ordigni i trattori per il trasporto, non si sa mai...”
“D'accordo”, il Comandante si voltò verso il più giovane degli operatori in plancia, “Marker, chiamami quello nuovo, il tenentino...”
“Bright, comandante?”, rispose il giovane sergente lasciando il suo posto e fluttuando leggero per l'assenza di gravità.
“Sì, lui.”

Erano giorni di reclutamento. Amuro raggiunse la hall del Centro d'Arruolamento e guardò i due settori demarcati dalle transenne. Uno, stracolmo di giovani, era la “fila dei coscritti”. L'altro, la fila dei volontari, era assolutamente vuoto. Amuro fece spallucce e s'avviò verso l'uscita. Lo sguardo gli cadde su una ragazza nella fila dell'arruolamento coattivo. Aveva un viso dolce ma bloccato in un'espressione triste e assorta... pensieri lontani che gli occhi di lei, di un blu intensissimo, facevano sembrare ancora più distanti. I suoi tratti regolari e perfetti erano incorniciati da un caschetto di capelli dorati, sottili al punto che perfino la leggerissima brezza presente in un'ambiente artificiale, quale era Side 7, bastava a farli danzare in maniera ammaliante attorno al suo viso. Lei alzò lo sguardo e fissò in risposta Amuro per un momento che parve eterno. Sembrava d'essere di nuovo nel vuoto spaziale, leggeri, liberi... come se si potesse respirare l'uno i pensieri dell'altra...

“Lasciami andare, maledetto scimmione!”
L'urlo veniva dalla porta d'ingresso. Un enorme ufficiale Afroamericano trascinava per un braccio un ragazzo mingherlino e dai capelli ribelli.
“Sottotenente Shiden, si dia un contegno!”, sbraitò il gigante.
“Sottotenente un corno, ho finito la ferma l'anno scorso!”, continuò a protestare l'altro.
“Ebbene, é stato richiamato in servizio! Siamo in guerra, abbiamo bisogno di piloti e lei é un pilota...”
“Siamo su una colonia spaziale, imbecille! TUTTI, qui, sono piloti di qualcosa!”
Scene come quelle Amuro le vedeva ogni giorno da almeno tre mesi, da quando il Poligono Sperimentale della Anaheim Electronics per cui lavorava suo padre era stato requisito dalle Forze Federali Terrestri e trasformato in Centro d'Arruolamento. Distolse lo sguardo da quel quadretto patetico e cercò di nuovo la bionda, ma era già sparita nella calca della fila.
Amuro sospirò e s'avvio verso l'uscita. Una ragazza bruna dai tratti orientali corse dentro urtandolo e facendolo cadere per terra. Haro, il suo robot, nella caduta s'accese e iniziò a rotolargli tutt'intorno mentre la sua voce sintetica ripeteva ad libitum: “Ohi, ohi! Come stai? Ohi, ohi! Come stai?”
“Scusami, ti sei fatto male?”, chiese dolcemente la ragazza, ma Amuro non ebbe il tempo di rispondere. Un uomo sulla sessantina, fasciato in un abito e un aplomb tipicamente britannici, entrò a sua volta e prese la donna per un braccio.
“Signorina Mirai, la scongiuro, se solo suo padre fosse ancora vivo...”
“Se lo fosse gliene direi di tutti i colori, Garrison, lasciami!”, Mirai si liberò con uno strattone e si diresse verso la fila vuota, quella dei volontari. L'uomo le corse dietro.
“Non é questo quello che i suoi genitori desideravano per lei...”
Mirai aveva raggiunto il banco. Un soldato addetto all'arruolamento s'era destato dal torpore della mattinata godendosi quel siparietto.
“So bene cosa volevano loro per me. Ma, almeno per questa volta, si farà a modo mio!”.
Si voltò verso il soldato, sfilò alcuni documenti dalla borsetta e li sbatté sul banco.
“Mi chiamo Mirai Yashima, ho diciotto anni e un brevetto di pilota di shuttle classe StarGlider. Voglio arruolarmi.”
Shiden strattonò l'ufficiale di colore, gli indicò la ragazza e sbottò:
“Ecco, vedi?!”
Amuro, dal canto suo, raccolse Haro e uscì dal palazzo.

Il portello di servizio della docking bay sul lato sud di Side 7 si aprì cigolando. Non era facile forzare un portello del genere con un Mobile Suit senza correre il rischio di proiettarlo a centinaia di metri di distanza, perdipiù nella zona a bassa gravità della colonia, correndo il rischio di farsi notare da tutti. Denim questo lo sapeva bene, motivo per il quale aveva insistito per operare la forzatura in prima persona col suo Zaku, piuttosto che lasciar fare ad una testa calda come Gene.
I tre Zaku svettavano al centro della parete rocciosa ricavata sul lato sud della colonia, un punto di vista invidiabile.
Denim fece in modo che il suo Zaku toccasse quelli di Gene e Slander, attivando il cosiddetto “interfono a sfioramento”, unico mezzo di comunicazione oltre ai laser che non venisse disturbato dalle particelle di scarto dei generatori a fusione dei Mobile Suit.
“Slander, tu rimarrai qui. Voglio che videoregistri qualsiasi cosa vedrai. Ricordati che questa é essenzialmente una missione di ricognizione. Intelligence. Intesi?”
“Sì, sergente maggiore!”
“Gene, tu vieni con me. Nasconderemo gli Zaku in quella pineta in basso e otterremo un punto d'osservazione ravvicinato. Potremmo ottenere anche delle intercettazioni audio, da lì.”
“Roger”
“Bene: lasciamoci cadere sfruttando la gravità crescente... attiva i vernier solo all'ultimo e solo se la velocità di discesa supera i 6 metri al secondo, ricevuto?... Tre... Due... Uno... Mark!”
I due Zaku mossero un passo oltre il dirupo naturale fornito dal punto d'ingresso, rivolgendosi leggermente verso il basso e iniziando una lentissima discesa che li avrebbe mano mano avvicinati alla superficie abitata...

Amuro, seduto su una panchina davanti al Centro d'Arruolamento, aprì il case di Haro, rivelando il computer portatile all'interno. Sul monitor c'era una chiamata videotelefonica in attesa. Amuro sospirò e aprì la comunicazione.
“Ciao Fraw, cosa c'é?”
“Co... sta storia... arr..larsi?”, gracchiò l'altoparlante, mentre sul monitor appariva, pur molto disturbata, l'immagine di una ragazza sui sedici anni dai capelli castani e i tratti europei.
“Fraw, la comunicazione é disturbata... puoi ripetere?”, implorò Amuro, avendo capito nonostante tutto l'argomento della sfuriata della ragazza.
“Hayato mi ha detto che andav.... rrolarti! Cosa t'é pr..so???”
“Nulla, Fraw, ho hackerato un simulatore di Mobile Suit dal computer di mio padre e volevo verificare quanto era veritiero... e fingere di volermi arruolare era il solo modo!”, sorrise Amuro.
Fraw apparve stupita per un attimo, poi sembrò infuriarsi ancora di più.
“E se ti.... vesser... preso??? Sarest... andato a morire in ...erra per uno.... erzo???”
Amuro sorrise di nuovo.
“Non c'é pericolo, a quanto pare mio padre ha dato ordine che ogni mia richiesta d'arruolamento venga respinta. Non mi verranno mai a cercare, non sono nemmeno sulla lista dei coscrivibili...”
Fraw scosse la testa ancora più irritata:
“Ti pare... rmale ...persone che... orrebbero sf... e tu sche....”
“Fraw, non ti ricevo bene, hai settato il videotelefono come ti avevo detto?”
“E non pro... are a pren... rmi in giro con... scusa che non... enti!” sbottò furiosa Fraw mentre la sua immagine cambiava in bianco e nero e andava distorcendosi.
“Fraw”, rispose paziente Amuro, “ti giuro che la comunicazione é disturbatissima, per cui o hai sbagliato un'altra volta a settare i parametri o...”
La comunicazione s'interruppe. Amuro realizzò cosa stava per dire... un brivido, un brivido vero stavolta, gli attraversò la schiena. Si alzò lentamente dalla panchina e si guardò intorno.
“...oppure c'é qualcuno che sta irradiando particelle Minovsky dentro Side 7!”
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8ceal
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« Risposta #1 il: 12 Febbraio 2012, 12:36:27 »

beh... ti dai alla scrittura? wink
bel lavoro, un preludio alla OYW da side 7
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Odo l'uomo del giappone che mi dice: ufo robot ufo robot
gritBh
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« Risposta #2 il: 12 Febbraio 2012, 16:24:04 »

Non é finito, mancano due capitoli....
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osreita
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« Risposta #3 il: 17 Febbraio 2012, 21:17:15 »

non è male bright - mi è sembrato che ci potesse essere qualche piccola imprecisione, ma dovrei rileggerlo per verificare - spero non ci siano solo un secondo e un terzo capitolo... espandi non essere modesto.sviluppa.
sbaglio o è leggermente più aderente ai romanzi di tomino? non li ho letti, ne ho solo sentito parlare e ne ho quindi un'impressione sfumata, di seconda mano.
vedo che hai utilizzato l'idea di Char sfigurato ( a questo punto però l'insieme - maschera più cicatrici - fa un po' darth vader no?) e che sei romanticamente attaccato all'idea di un amore fra Sayla e Amuro ( anche nell'altro racconto che ho letto...)

ma vuoi riscrivere tutto l'UC - non sarebbe nemmeno una cattiva idea smile

più versioni circolano dei miti, più i contorni sono sfocati, più i miti restano vivi...
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irHaku
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« Risposta #4 il: 18 Febbraio 2012, 08:36:53 »

Amuro doveva essere cieco, oltre che scemo, per non guardare una Dea che gli si para davanti. Ed infatti, a quanto traspare da Z, lui un pensierino ce l'aveva fatto, anche se con scarsi risultati. Il racconto è molto bello.
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"In Sayla We Trust"

"Sayla Mass! È per assicurarci che questo simbolo dell’Universo non sia più sconvolto che siamo nati!
Sayla Mass! È per restituire un vero potere nelle sue mani che sorgiamo noi, la Brigata di Sayla!"
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« Risposta #5 il: 18 Febbraio 2012, 08:56:14 »

Z mi manca Rolling Eyes
ma nei romanzi si era andati ben oltre il pensierino - chissà come mai in fase anime hanno cambiato.
tra l'altro mi sembra che in origin yas abbia addirittura indebolito il legame tra i due, che nell'anime è evidentemente molto forte.
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irHaku
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« Risposta #6 il: 18 Febbraio 2012, 11:01:16 »

Il commento di Fraw su Amuro e la Divina è presente anche nei film. In Origini in verità mi sembra che, sebbene un legame esplicito non ci sia (nella serie era dovuto anche al fatto che i due pilotavano il Gundam e la Divina divenne poi il pilota del G Armour, che fa da porta Gundam), un certo interesse da parte di Amuro ci sia comunque. In un volume Fraw gli comunica che da quel momento sarà lei ad occuparsi delle comunicazioni, dal momento che la Divina è stata assegnata al pilotaggio, Amuro, al sentire la notizia, ci rimane male (infatti pensa a tutte le volte in cui la Divina lo chiamava per radio per dargli gli ordini). Quando le Stelle nere attaccano in Armenia, Amuro difende la Dea come un leone, mi sembrava sinceramente troppo preoccupato, più di quanto non sia una persona per un amico in pericolo.
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« Risposta #7 il: 18 Febbraio 2012, 15:05:57 »

si nell'anime i due avevano modo di condividere degli spazi comuni piuttosto importanti...
in origin mi sembra che ci siano un paio di momenti di vicinanza ( in prigione entrambi con crisi new type - a jaburo quando lei gli butta via i farmaci - quando se lo va a riprendere dalla madre - quando lo fa allenare per scuoterlo dal suo torpore) ma in generale mi sembra che la distanza fra i due sia maggiore anche perchè lei appare decisamente più adulta ( di lui e di come era nell'anime) e decisa.
l'episodio armeno... mah, penso che lui avrebbe combattuto così per chiunque.

ma Bright? è sparito? si batte la fiacca qui! vogliamo il seguito!


ps il commento di Fraw così come l'apparizione di lei in Z restano per me misteri non avendo mai visto più che frammenti di z su youtube... anche belli per la verità - e poi la sua apparizione in ZZ sempre su youtube, ma solo pochi secondi, non so se abbia un ruolo maggiore nel complesso dell'anime..
« Ultima modifica: 18 Febbraio 2012, 15:08:07 da onailime » Loggato

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« Risposta #8 il: 19 Febbraio 2012, 11:46:42 »


ma Bright? è sparito? si batte la fiacca qui! vogliamo il seguito!



Appena tornato in Italia, ancora vittima del jet lag, secondo capitolo pronto, datemi tempo.
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« Risposta #9 il: 19 Febbraio 2012, 11:49:04 »

bentornato - avevo immaginato.
io sono tornato martedì da new york - temevo il jet lag ma non l'ho sentito nè all'andata nè al ritorno...
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« Risposta #10 il: 20 Febbraio 2012, 13:10:21 »

non è male bright - mi è sembrato che ci potesse essere qualche piccola imprecisione, ma dovrei rileggerlo per verificare - spero non ci siano solo un secondo e un terzo capitolo... espandi non essere modesto.sviluppa.
sbaglio o è leggermente più aderente ai romanzi di tomino? non li ho letti, ne ho solo sentito parlare e ne ho quindi un'impressione sfumata, di seconda mano.
vedo che hai utilizzato l'idea di Char sfigurato ( a questo punto però l'insieme - maschera più cicatrici - fa un po' darth vader no?) e che sei romanticamente attaccato all'idea di un amore fra Sayla e Amuro ( anche nell'altro racconto che ho letto...)

ma vuoi riscrivere tutto l'UC - non sarebbe nemmeno una cattiva idea smile

più versioni circolano dei miti, più i contorni sono sfocati, più i miti restano vivi...

L'idea é di ri-raccontare le sole prime due puntate di Mobile Suit Gundam in modo da renderlo più credibile e rispondere a domande come:
"Come mai basta un manuale ad Amuro per abbattere due Zaku?"
"Come mai Char se ne può andare in giro mascherato e nessuno gli dice niente?"
"Come mai Kai sa guidare il Guncannon?"
"Come mai dei civili riescono a far funzionare egregiamente la White Base?"
"Perché non sostituiscono da subito Amuro alla guida del Gundam?"
"Perché la WB é interamente verniciata di bianco, in un contesto in cui si combatte a vista e quindi meno si é visibili, meglio é?"
"Perché Amuro inizialmente sale di sua sponte sul Gundam, poi non vuole più saperne, poi ancora quando rischia di essere destituito dal suo pilotaggio lo ruba piuttosto che saltare di gioia?"
Etc etc etc
Ripeto: il bello é cercare di fare in modo che, sostituendo questo romanzo breve alle prime due puntate, tutto si renda spiegabile e coerente senza andare a cozzare con quanto succede nella serie successivamente, ma liberando il plot di base da alcune ingenuità. Quello che avrei voluto vedere in Origini, insomma, speranza parzialmente disattesa.
Comunque, nei romanzi Amuro é un militare di carriera, cosa che io non mi sono sognato di inserire perché proprio il dramma di un ragazzino costretto a combattere una guerra che non sente sua é a mio parere uno dei temi più forti e tragici in Gundam, né ancora oggi mi capacito di come Tomino abbia potuto sottovalutare questo aspetto nei suoi romanzi.
Torno a revisionare il capitolo II...
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osreita
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« Risposta #11 il: 20 Febbraio 2012, 23:22:50 »

L'idea é di ri-raccontare le sole prime due puntate di Mobile Suit Gundam in modo da renderlo più credibile e rispondere a domande come:
"Come mai basta un manuale ad Amuro per abbattere due Zaku?"
"Come mai Char se ne può andare in giro mascherato e nessuno gli dice niente?"
"Come mai Kai sa guidare il Guncannon?"
"Come mai dei civili riescono a far funzionare egregiamente la White Base?"
"Perché non sostituiscono da subito Amuro alla guida del Gundam?"
"Perché la WB é interamente verniciata di bianco, in un contesto in cui si combatte a vista e quindi meno si é visibili, meglio é?"
"Perché Amuro inizialmente sale di sua sponte sul Gundam, poi non vuole più saperne, poi ancora quando rischia di essere destituito dal suo pilotaggio lo ruba piuttosto che saltare di gioia?"
Etc etc etc
Ripeto: il bello é cercare di fare in modo che, sostituendo questo romanzo breve alle prime due puntate, tutto si renda spiegabile e coerente senza andare a cozzare con quanto succede nella serie successivamente, ma liberando il plot di base da alcune ingenuità. Quello che avrei voluto vedere in Origini, insomma, speranza parzialmente disattesa.
Comunque, nei romanzi Amuro é un militare di carriera, cosa che io non mi sono sognato di inserire perché proprio il dramma di un ragazzino costretto a combattere una guerra che non sente sua é a mio parere uno dei temi più forti e tragici in Gundam, né ancora oggi mi capacito di come Tomino abbia potuto sottovalutare questo aspetto nei suoi romanzi.
Torno a revisionare il capitolo II...

rispondo rapidamente alle domande epocali
1) perchè è un figo pazzesco
2) perchè è Char ( cioè un figo pazzesco)
3) perchè non è un gundam - lo guida perfino Hayato
4) perchè c'è Sayla che li sprona con la sua avvenenza e intelligenza newtype  prostrato
5) perchè è un figo pazzesco
6) tipica forma di mimetismo alla rovescia - hai presente le raganelle velenose: coloratissime - la with base deve fare paura " se si vede così bene e non se ne preoccupa chissà quanto dev'essere forte"
7) perchè è umano e contraddittorio. troppo serio, mi ripiglio: perchè è Amuro, cioè un figo pazzesco.

scherzi a parte capisco l'intento, così come capisco l'appunto a origini ( che a me fondamentalmente piace, ma in cui rilevo punti deboli che forse si sarebbero potuti evitare - chissà magari un giorno posto anche la mia di recensione, ma non so se ho voglia di fare una cosa così lunga e seria).

non ho letto i romanzi di Tomino ( avevo dimenticato la maiuscola, ma così diventava un formaggio) e non so se li leggerò ...
sono d'accordo con te che il venir meno del tema del combattente forzato toglie molta forza al racconto - altrettanto vero che il farne un militare di carriera rende ( o potrebbe o dovrebbe rendere) il tutto un po' più concretamente realistico tratto effettivamente più marcato nei romanzi, se non ho capito male spulciando qua e là.

ammazza ho il cervello in pappa sono fuori casa da troppe ore - non sono nemmeno sicuro di avere scritto in italiano...
vabbe' amen.
buon lavoro con la revisione.

come lo tradurresti il titolo? il mio inglese è troppo scolastico.
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gritBh
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« Risposta #12 il: 22 Febbraio 2012, 11:00:54 »

                    II

Sebbene Side 7 fosse ben lontana da essere un gruppo di colonie completo, l'area residenziale della prima colonia, denominata Green Noah, era stata ultimata da ben tre anni. Le villette a schiera, tutte identiche nel loro voler scimmiottare quelle che ancora si potevano trovare in una qualsiasi periferia americana, formavano una grande distesa di mura bianche e tetti rossi.

Amuro, che nella provincia americana c'era nato e vi aveva vissuto per quasi dodici anni, trovava quell'imitazione assurda e di pessimo gusto. Se i Sides erano la nuova frontiera per l'umanità, che motivo c'era d'aggrapparsi così ferocemente agli stilemi del passato?
Con Fraw, discutevano spesso su questo punto. Lei diceva che replicare l'ambiente terrestre era il modo migliore per far abituare le persone alla loro nuova condizione. Amuro rispondeva sempre che non era certo la forma delle case l'ostacolo da superare per abituarsi a vivere su Side 7, bensì la consapevolezza che ogni bicchiere d'acqua che si beveva era stato prodotto filtrando e raffinando l'urina di tutti gli abitanti della colonia, per non parlare della bolletta per l'aria respirabile!

Amuro fermò la sua auto elettrica davanti al garage. Fraw e Hayato stavano discutendo davanti all'ingresso di casa sua. “Questa non ci voleva”, pensò Amuro. Ogni volta che Fraw veniva a fargli visita era per perdere tempo in chiacchiere. Sebbene fosse stata la prima persona con cui avesse fatto amicizia da quando si era trasferito su Side 7, tre anni prima, da un po' di tempo si era reso conto che i loro interessi non andavano più di pari passo e la loro complicità stava affievolendosi. Non era l'unico ad essersene accorto, e la presenza sempre più frequente di Hayato non era un caso. Il “piccolo” Hayato, tutti lo chiamavano così a causa della sua statura, aveva una cotta per Fraw da quando li conosceva. Era così buffo che Fraw non se ne fosse accorta affatto e lui invece sì, rifletté Amuro mentre, stringendo Haro sotto il braccio, scavalcava con fare noncurante il muricciolo che separava il garage dal giardino di casa in modo da evitare di passare per l'ingresso e  davanti ai due amici.
“Amuro!”, gridò Fraw, privando istantaneamente d'ogni attenzione Hayato.
Amuro, che già era sulla soglia di casa si voltò e si limitò a rispondere:
“Ho fretta, devo controllare una cosa!”
Ciò detto, infilò la porta e sparì dentro casa.
“Amuro, sei un maleducato!”, gridò Fraw, correndogli dietro.
Hayato allungò la mano per trattenerla e provò a dire qualcosa, ma nessuna delle due azioni gli riuscì bene: rimase per qualche secondo con una mano protesa e la bocca aperta nell'atto di iniziare a parlare, da solo, in mezzo al vialetto. Sbuffò, si rimise in spalla la borsa sportiva del dojo di judo di cui faceva parte e girò sui tacchi allontanandosi, scuro in volto.

“Tutti e tre i rimorchi sono stati equipaggiati con gli esplosivi radiocomandati, signore!”, disse il giovane ufficiale battendo i tacchi e porgendogli un minuscolo comando a distanza.
Tem Ray, nel prendere il piccolo apparecchio, lo squadrò da capo a piedi: aveva chiesto del personale qualificato per minare i rimorchi dei prototipi, nel caso fosse occorsa la necessità di distruggerli, e il Comandante Cassius gli aveva affibbiato quel tenente di prima nomina, magro come un chiodo, con modi impacciati e un insopportabile accento britannico.
“Ti chiami Bright, vero?”, disse alla fine l'ingegnere.
“Sì, signore!”
“Sei alla prima nomina, quindi hai diciannove anni, giusto?”
“Sì, Signore!”.
“Porca miseria”, pensò Ray, “non posso certo affidarmi a questa recluta!”
“Mettimi in contatto col comandante Cassius...”, sbottò.
“Sì, signore!”, disse Bright traendo un Walkie-Talkie dalla sua cintura.
“..e piantala di ripetere 'Sì signore'!”, aggiunse Tem.
“Sì signore... voglio dire... d'accordo, signore!”, disse Bright mentre cercava affannosamente di regolare lo squelch sulla piccola ricetrasmittente. Tem Ray lo guardò con tenerezza: sapeva bene che quelli della generazione di Bright si erano ritrovati arruolati senza nemmeno sapere perché, a causa della guerra con Zeon. Non c'era motivo di essere troppo duro con lui, il ragazzo sembrava volersi impegnare genuinamente.
“Cosa c'é che non va?”, gli chiese alla fine.
Bright alzò il volume del Walkie Talkie al massimo. Uno strano rumore tamburellante irradiò dall'altroparlante. “Tutti i canali di servizio sembrano disturbati... ma dentro la colonia non dovrebbero esserci interferenze!”
Tem Ray gli prese il Walkie Talkie di mano é provò lui stesso a cambiare un paio di frequenze. Il repentino cambio d'espressione dell'ingegnere non sfuggì al giovane ufficiale.
“Lascia stare la radio e và di corsa dal comandante! Fai attivare i sismografi della White Base.”
“I... sismografi, signore?”
“Sulle colonie non li hanno, ma sulla nostra nave sono stati montati apposta.”, rispose secco l'ingegnere, “Queste non sono normali interferenze...”

“...sono particelle Minovsky, avevo indovinato!”, disse Amuro, con una punta di entusiasmo che avvertì subito come assolutamente fuori luogo. Ma i quadranti del vecchio analizzatore di spettro delle onde elettromagnetiche che suo padre gli aveva portato in uno dei suoi ultimi viaggi sulla Terra non lasciavano margine di dubbio.
Fraw, che si era autoinvitata nella sua stanza, lo guardò interdetta.
“I notiziari dicevano che stamattina avrebbe attraccato una nave ospedale dell'Esercito Federale, magari sono causate da quella...”
“No, Fraw”, scosse la testa Amuro, “le navi da battaglia hanno generatori schermati, quindi rilasciano le particelle solo di proposito, ad esempio durante una battaglia... non c'é motivo d'irradiarle mentre sono dentro Side 7, anche perché impedirebbero l'uso di ogni apparecchio che sfrutta le onde elettromagnetiche...”
Amuro accese la tv in camera e fece zapping sui vari canali: alcuni erano molto disturbati, altri no.
“Vedi? I canali via cavo funzionano tutti perfettamente, mentre quelli via etere no!”
“E allora cosa potrebbe essere?”, domandò confusa Fraw.
“Qualcosa che su Side 7 non dovrebbe esserci”, rispose greve Amuro. Si avvicinò all'amica e gli mise le mani sulle spalle: “Ascoltami bene, Fraw. Voglio che adesso torni a casa tua, da tua madre, e ti prepari a raggiungere il rifugio blindato più vicino.”
Fraw sgranò gli occhi. I rifugi erano stati realizzati per i casi di emergenza, qualora un meteorite avesse colpito Side 7, per garantire la sopravvivenza della popolazione. Si facevano delle esercitazioni di evacuazione, ogni tanto. Ma mai, mai lei si sarebbe aspettata di ricevere un ordine del genere da un suo coetaneo, da Amuro men che meno. Tuttavia, lo conosceva bene. Sapeva che non le avrebbe mai detto una cosa del genere solo per farle uno scherzo.
“Tu cosa farai?”, gli chiese.
“Ci dovrebbe essere mio padre, sulla nave appena arrivata. Cercherò di contattarlo, forse lui ne sa qualcosa...”
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gritBh
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« Risposta #13 il: 22 Febbraio 2012, 11:01:40 »


“E con questo fanno tre!”, disse il Sergente Denim mentre guardava attraverso il binocolo.
I due piloti erano usciti dai cockpit dei loro Zaku, mimetizzati alla buona nella fitta vegetazione alla base delle montagne costituenti la parete sud della colonia spaziale, e stavano osservando da lontano l'ex impianto industriale della Anaheim.
Denim era il prototipo del sottufficiale inferiore. Non troppo alto, tarchiato in quel mix di muscoli e ciccia che lo avrebbero fatto distinguere da un ufficiale anche a distanza. La sua barba non curata e l'aspetto da trentenne vissuto completavano il quadro, molto contrastante con la figura del suo subalterno, il sergente Gene, alto e magro e che, pur non sembrando un ragazzino come il giovane Slander, non dimostrava affatto i suoi ventisette anni né fisicamente, né come indole.
“Tre rimorchi per trasporti eccezionali...”, disse Gene, “...le notizie intelligence erano esatte: la Anaheim s'é messa in affari coi Federali... maledetti lunariani!”
Denim abbassò il binocolo e si voltò verso il suo sottoposto.
“Per quel che ne sappiamo, sotto le coperture di quei camion potrebbe esserci qualsiasi cosa. Questa colonia non é ancora completa...”
Gene sbuffò e indicò in direzione dello stabilimento.
“Denim, non raccontiamoci balle... rimorchi lunghi venti metri e accuratamente coperti con doppi teloni! Personale in subbuglio che sciama tutt'attorno! Buggy con finti tecnici a bordo! Una nave Federale nuova di zecca che attracca qui proprio oggi! Quelli non trasportano pilastri, dev'essere quello che chiamano 'Progetto V'!”
Denim sbuffò e tornò a osservare attraverso il binocolo.
“Nessuno sa di cosa tratti questo fantomatico progetto V, Gene... anche se ammetto che non so cosa darei per sbirciare sotto quei teloni!”
Un sibilo costrinse Denim a distogliersi dall 'osservazione ancora una volta: Gene era tornato sul suo Zaku, che si stava alzando in piedi emettendo tutta una serie di sbuffi e fischi.
“Gene, pezzo d`idiota, cosa pensi di fare?!”, urlò Denim.
“Soddisfare la sua curiosità, Denim...”, rispose Gene attraverso gli altoparlanti esterni del suo Mobile Suit, “...e guadagnarmi una promozione!”

“Il sismografo non indica proprio niente!”, disse il giovane operatore dopo aver controllato per l'ennesima volta.
“Va bene così, Oscar, spegni tutto!”, rispose il Paolo Cassius.
Bright scosse la testa mentre osservava il monitor che si oscurava. Per un istante, prima che si spegnesse del tutto, gli sembrò di vedere un bagliore. La sua immaginazione. Forse.
“Comandante, l'ingegner Ray sembrava così convinto...”
Il Comandante Cassius mise una mano sulla spalla di Bright.
“Tem Ray non é più stato la stessa persona, dopo la separazione dalla moglie. É diventato paranoico e troppo attaccato al suo lavoro. Credimi Bright, io...”
L'esplosione di uno sparo lo interruppe. Poi, un'altra. E un'altra ancora.
Il Sergente Oscar riaccese il monitor del sismografo: un grafico composto da decine di picchi e oscillazioni apparve davanti agli occhi di tutti.
“Voglio una scansione a infrarossi di tutta la colonia, subito!”, urlò Cassius.
Marker, l'altro operatore, si arrampicò sulla sua consolle e collegò il sistema di videosorveglianza interna di Side 7 al gigantesco schermo principale ricavato sul tetto della Plancia.
“Settore nord, negativo...”, disse, agendo sulla sua tastiera, “settore ovest, negativo...”
Cassius chiuse gli occhi. Se loro erano entrati in Side 7 da Nord, allora era ovvio che...
“Settore sud: due impronte termiche correlabili a Mobile Suit!”, gridò Marker.
“Bright, prendi dieci uomini armati e corri allo stabilimento dall'ingegner Ray. Digli che la copertura é saltata, di imbarcare i prototipi e distruggere tutto il resto, chiaro?”
Bright annuì e, diomenticando per una volta le formalità militari, corse verso l'ascensore.
Cassius si tolse il berretto da Comandante e si passò una mano tra i capelli.
“Mettetemi in contatto col Comandante dell'installazione militare!”, ordinò.

La Sala Mensa della Anaheim Electronics aveva accolto un pubblico certamente più felice di quello presente quel giorno. Nonostante il magistrale panorama di Side 7 offerto dall'immensa, luminosissima finestra semicircolare che occupava l'intera parete sud, l'ambiente era reso tetro dal volti scuri dei presenti. Da quando le Forze Federali avevano confiscato quell'installazione industriale per farne ufficialmente un Centro di Reclutamento, e ufficiosamente un poligono sperimentale, la Sala Mensa era diventata l'anticamera dell'inferno per tutti i coscritti, che vi attendevano, spesso per molte lunghe ore,  il compiersi del loro destino. Qui infatti venivano assegnati ruoli, corpi, destinazioni... e divise conformi ad essi. Girava voce che, se quando chiamavano il tuo nome vedevi poggiare sul banco di distribuzione una giubba grigia con tasconi frontali dotati di bottoni, eri già carne morta: ti toccava la fanteria. Se le tasche erano invece dotate di chiusura lampo, eri stato destinato ai corpi spaziali, o EFSF. Ma saresti stato carne morta ugualmente.
Kai Shiden venne trascinato nella sala dal gigantesco ufficiale afroamericano e letteralmente gettato da parte, in un angolo. Inciampò nelle sue stesse gambe ruzzolando sul freddo pavimento metallico. Il suo accompagnatore non sembrò curarsene, anzi guadagnò il centro della sala e squadrò in un batter d'occhio le decine di presenti in modo così intenso che quando iniziò a parlare chiunque, nella stanza, pensò si stesse rivolgendo direttamente a lui.
“Sono il sottotenente Ryu José, delle Forze Spaziali Federali”, esordì il gigante, “il vostro incorporamento inizierà a breve.” Fece una pausa d'effetto e guardò ancora una volta tutti in faccia.
Il suo pubblico sedeva ordinatamente ed in mesto silenzio su sedie in plastica rossa ancorate al pavimento in coppie, contrapposte a due a due. I tavolini che un tempo separavano le coppie di sedie prospicienti erano stati smantellati e portati via per guadagnare spazio.
“Da adesso non voglio sentire volare una mosca, i vostri nomi verranno chiamati in ordine alfabetico, prima coloro che hanno già prestato servizio nelle Forze Federali, poi tutti gli altri.”
José sorrise tra sé: quei poveracci erano talmente spaventati da non riuscire a proferire parola da ore, quindi il suo appello al silenzio era del tutto inutile. Non gli piaceva recitare un copione, quel copione in particolare, per cui non trovò nulla di sbagliato nell'aggiungere:
“Normalmente non mi occupo degli arruolamenti, oggi tocca a me ma non ne sono felice, quindi facciamo così: voi non create problemi a me...”, si puntò l'indice destro sul suo possente petto, “... e io non ne creerò a voi”, continuò girando il dito verso il suo pubblico, “e Dio sa se voi non avete bisogno di altri problemi, oggi! Ci sono domande?”
Shiden alzò la mano. José lo vide e lo ignorò scuotendo leggermente la sua gigantesca testa.
“Bene”, concluse, “voglio che quelli che hanno già prestato servizio militare si siedano alla mia sinistra, su questo lato della sala. Gli altri siedano a destra, al centro, ovunque ci sia posto... ma non a sinistra! Chiaro?”
Senza attendere conferme o risposte, girò sui tacchi e si diresse verso uno dei banconi precedentemente destinati alla distribuzione dei cibi, i cui vani per la tavola calda erano stati spogliati di pentole e pentoloni e riempiti con uniformi federali.
Shiden si tirò in piedi, battendosi le mani sui pantaloni per spolverarli, e si guardò attorno.
La trovò sulla sinistra, in fondo alla sala... la bionda che aveva adocchiato all'ingresso. Emise un fischio d'approvazione mentre considerava che gli altri ragazzi presenti dovevano davvero essere paralizzati dalla paura, per aver lasciato un simile bocconcino a sedere da sola!
Indossò la faccia tosta più tosta che aveva, si infilò le mani in tasca per darsi un tono -qualunque esso fosse-  e si avvicinò fischiettando alla ragazza, fermandosi a pochi passi da dove lei sedeva composta, con lo sguardo azzurro perso nel vuoto.
“Accidenti, chi avrebbe mai detto che nelle Forze Federali ci siano ragazze così belle!”, esordì.
La bionda gli rivolse lo sguardo e, come se stesse osservando un curioso scherzo della natura, si limitò a domandare:
“Prego?”
Shiden, tutto contento d'aver creato un qualche tipo di connessione, si sedette accanto a lei.
“Dicevo che non credevo ci fossero anche delle belle ragazze, nell'esercito!”, ribadì porgendole la mano, “Comunque, piacere, il mio nome é...”
“...Sottotenente Kai Shiden!”, finì lei, senza emozione.
Kai si sentì preso in contropiede, ma aveva un ego troppo grande per desistere nel suo tentativo di corteggiamento.
“Sai il mio nome? Mi hai già adocchiato, eh?”
La ragazza strinse appena la mano di Kai e la ritirò subito, come se avesse toccato qualcosa di sgradevole.
“Tutti, qui, sanno come ti chiami. La tua scena madre all'ingresso non é certo passata inosservata!”
Kai sorrise per sdrammatizzare:
“Non mi trovo troppo a mio agio con i modi arroganti della Federazione!”
“...disse lo straniero che attacca bottone con le sconosciute parlando del loro aspetto fisico!”, aggiunse lei, sarcastica.
“Ce l'hai un nome, o i tuoi ti hanno fatta carina e basta?”, ghignò lui.
“Sayla Mass”, sorrise inaspettatamente la ragazza.
“Mass come la nobile casata europea?”, chiese Kai.
“Proprio loro”, rispose lei dopo averlo squadrato. “Come li conosci?”
“Studio da giornalista”, rispose Kai. “o meglio, studio Scienze Politiche, in effetti”
“Credevo servisse il diritto di voto, per quella facoltà”, obiettò lei.
“Credevi bene”, rispose Kai facendo il saluto militare, “gli spazionoidi per avere il diritto di voto devono servire nelle forze federali per almeno un anno”, agitò la mano come a scacciare l'idea, “ecco perché avevo fatto l'ufficiale di complemento, l'anno scorso!”
“Bella fregatura”, sorrise lei.
“E tu? Se sei una Mass, come minimo sei nata sulla Terra...”, disse sornione Kai.
“Facoltà di Medicina di Side 7. Solo per gli studenti nati qui. A meno che...”, rispose Sayla con un sospiro.
“...un trimestre di servizio nelle forze federali!”, continuò Kai, eccitato dall'aver trovato un punto di contatto con lei. “Quindi, saresti un'infermiera?”
“No. Ho fatto l'operatore alle telecomunicazioni nella EFSF. Interfoni a contatto, ricetrasmettitori laser, radio tradizionali... quella roba lì!”, rispose lei.
“Congedata poco prima che iniziasse la guerra, vero? E, così, hanno fregato anche te!”, rise Kai.
Sayla fece per rispondere, ma il rumore martellante del motore di un elicottero catturò all'istante l'attenzione di tutti. Kai guardò attraverso la gigantesca finestra panoramica: due elicotteri anticarro avevano sorvolato l'edificio e volavano a velocità sostenuta verso l'estremità sud della Colonia Spaziale.
José lasciò il bancone a centro sala e mosse alcuni passi verso la finestra.
Una sventagliata di proiettili di grosso calibro aprì dei fori sulla parete sud, nel cemento come nel vetro della finestra panoramica, che pure era di tipo blindato.
Tutti si gettarono sul pavimento per ripararsi. Il silenzio tetro della rassegnazione aveva improvvisamente ceduto il posto a stridenti urla di terrore.
José alzò di nuovo lo sguardo attraverso la finestra: uno dei due elicotteri ruotava violentemente su sé stesso, disegnando una scia di fumo nero che ne tracciava la traiettoria di volo. Stava precipitando proprio lì davanti.
Ryu prese la sua decisione in un secondo.
“Tutti al riparo dietro ai banchi di distribuzione!”, urlò, alzandosi e lanciandosi lui stesso dietro il primo riparo disponibile.
L'esplosione mandò la finestra definitivamente in pezzi.

C'erano dei limiti ben precisi, per un'astronave da guerra che volesse avvicinarsi ad un Side ufficialmente neutrale. Questo limite era disegnato da una serie di satelliti stazionari dotati di ripetitori radio, laser e luminosi, delimitanti la porzione di spazio nella Sfera Terrestre di giurisdizione di quel Side.
Lo Xamel, unità della classe Musai, stazionava ormai da qualche ora sul margine Sud di questo confine, sebbene la definizione di “margine Sud”, priva di senso nello spazio e usata in modo abbastanza arbitrairio, fosse un'indicazione dettata più dalla consuetudine che da reali  motivazioni.
Attraverso le finestre della plancia della piccola unità Zeoniana, il corpulento Tenente Dren osservava il solitario cilindro di Side 7, riflettendo su cosa avrebbe detto al suo diretto superiore per rendere più accettabile un simile guaio. Decise che un'immagine sarebbe valsa più di mille parole.
“Stampami la foto inviata da Slander!”, ordinò infine all'operatore alle telecomunicazioni.
In quel momento sentì distintamente il rumore di due suole magnetiche che toccavano il pavimento alle sue spalle. La voce che seguì confermó la sua intuizione.
“Novità da quella specie di cavallo a dondolo, Dren?”
Dren si voltò e scattò sull'attenti davanti al suo interlocutore appena arrivato. Nonostante lavorasse con lui ormai da mesi, non s'era ancora  abituato ad averci a che fare.
Il Maggiore Char Aznable. Il più giovane ufficiale superiore nelle Forze Armate del Principato di Zeon, vent'anni appena, dieci meno di Dren.
Il suo grado non era atterrato sulle spalline per caso. Nella prima grande battaglia di quella guerra combattuta nella porzione di spazio noto come “Loum”, Char Aznable aveva distrutto, da solo, ben cinque incrociatori federali classe Salamis, unità assai più potenti di una classe Musai, quantomeno sulla carta. Nel compiere quest'impresa, l'allora Sottotenente Aznable aveva sperimentato la scarsa sicurezza del suo Mobile Suit, uno Zaku II di preserie, rischiando la sua stessa vita in un improvviso quanto inspiegabile incendio all'interno del cockpit, che aveva lasciato profonde bruciature e cicatrici su tutto il suo corpo.
La Zeonic, che produceva gli Zaku per il Principato, per scusarsi aveva costruito un elmo speciale che, pur non coprendo del tutto il volto del giovane ufficiale e non riuscendo a celare del tutto i segni che lo sfiguravano, leniva il dolore delle ferite e compensava le conseguenze subite dalla funzionalità di occhi e orecchie, rendendo Char di fatto privo di qualsivoglia handicap.
La famiglia Zabi, regente il Principato di Zeon, dal canto suo aveva accolto l'opinione diffusa tra le truppe secondo la quale Char Aznable, se non fosse stato costretto a ritirarsi per quell'incidente, avrebbe spazzato via da solo l'intera flotta federale, accordandogli una promozione senza precedenti di ben tre gradi. Nessuno aveva quindi investigato su cosa fosse effettivamente successo dentro quell'abitacolo, perché a causa di quell'incidente il Principato aveva ora il suo primo Asso e il suo primo Eroe, la Zeonic aveva potuto perfezionare le sue macchine e affermarne l'efficacia senza pagare penali, e tutti alla fine sembravano essere contenti.
Dren scacciò il disgusto che lo assaliva ogni volta nel vedere, seppur solo in parte, il volto martoriato del suo diretto superiore e gli lanciò contro la stampa appena eseguita di un'immagine trasmessa da Side 7. L'assenza di gravità fece planare lentamente la fotografia tra le mani, coperte da guanti bianchi speciali, del maggiore.
Char studiò l'immagine con attenzione.
“Sotto quel telone c'é un Mobile Suit”, disse infine.
“Non capisco, Comandante”, rispose perplesso Dren, “conosciamo bene i cosiddetti Mobile Suit federali, a parte il Guncannon si tratta perlopiù di macchine edili o tank riadattati, perché portarne di nascosto in un Side così fuori mano?”
“Forse stanno allestendo una base su una colonia neutrale”, pensò ad alta voce Char, “ma non vedo che senso avrebbe, visto che il Principato si trova dal lato opposto della Sfera Terrestre... quindi si tratta di un progetto segreto, qualcosa da tenere lontana dai riflettori... dobbiamo agire con cautela!”
“A questo proposito, Comandante... ci sarebbe un piccolo problema...”, farfugliò Dren.

Quando Sayla si rimise in piedi, la polvere da calcinacci era ancora densamente sospesa nell'aria di ciò che rimaneva nella sala mensa, rendendo la visibilità molto limitata.
Sentì dei tonfi sordi provenire da qualche parte e avvicinarsi costantemente. Guardandosi intorno, vide Kai in piedi, immobile, che guardava nella direzione in cui, fino a pochi momenti prima, c'era la finestra panoramica.
Trovando una corrispondenza nella sua cultura accademica, Sayla si avvicinò a Kai, lo afferrò per un braccio e lo scosse temendo fosse sotto shock. Poi, decise di seguirne lo sguardo.
E fu allora che vide il monocolo spettrale al centro della testa di uno Zaku II che perlustrava l'interno di quel che rimaneva della sala.
Il gigante di metallo sembrò non far caso a loro due né a tutte le altre persone, molte delle quali giacevano ancora al suolo immobili, ma si voltò e spiccò un salto allontanandosi e alzando una nuova nuvola di detriti a causa dei getti del suo jet-pack. Quelli tra i presenti che erano ancora coscienti, urlarono di paura.
Kai si guardò attorno, afferrò Sayla per un braccio e fece per tirarla via, ma lei si ritrasse.
“Che fai?”, gli chiese.
“Approfitto della situazione e me la do a gambe, cos'altro dovrei fare?!”, urlò lui.
Il viso di Sayla si corrugò in un'espressione di rabbia e disappunto.
“Qui c'é gente che ha bisogno d'aiuto!”, disse, indicando i corpi ancora al suolo.
“Pensi di poterli salvare tutti, Dottoressa? Questi sono spacciati! Io sono ancora vivo, invece, e voglio rimanerlo! Vieni con me o no?”, rispose Kai, esasperato.
Uno schiaffo di una violenza inaspettata s'abbatté sul volto del giovane. Si trovò a pensare quanto fosse strano che una ragazza così delicata avesse una tale forza fisica.
“Se parli così perché sei sotto shock, questo dovrebbe rimetterti il cervello a posto. Se invece sei solo un vigliacco ed un egoista come penso, allora vattene pure e salva la tua miserabile vita, verme!”, intimò Sayla.
Kai non credeva alle sue orecchie. Contrariamente alle sue abitudini, tentò una seconda volta:
“Sayla qui non c'é più niente da salvare, capisci? Corri solo il rischio di morire anche tu, questo posto non reggerà ancora molto, specie se quel Mobile Suit dovesse tornare...”
A Sayla venne in mente una frase che aveva sentito spesso, da bambina.

“Non mi aspettavo che uno come Denim si facesse sfuggire di mano una recluta come Gene”, ammise greve Char mentre continuava ad osservare la fotografia, “ma potremmo sfruttare la situazione come diversivo! Dren,  prepara una squadra di incursori in Normal Suit, la guiderò personalmente dentro Side 7!”
Dren sbatté gli occhi, stupefatto.
“Comandante, siamo a corto di munizioni e rifornimenti, e lì dentro sta infuriando una battaglia! Non avremmo modo di fornire nemmeno il fuoco di copertura durante una probabile ritirata! Almeno, non ci vada lei personalmente!”
“Intendo andare a vedere con i miei occhi” rispose perentorio Char, facendo gelare il sangue a Dren che si chiedeva spesso quanto, di quegli occhi elettronici ricavati nella sua maschera, fosse effettivamente “suo”.
“Comandante, é rischioso...”, fu tutto quello  che riuscì a rispondere.
A Char venne in mente qualcosa che diceva spesso suo padre.

“A volte, il rischio é l'unica opzione!”, risposero in un inconsapevole e distante unisono Sayla e Char.
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irHaku
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« Risposta #14 il: 22 Febbraio 2012, 11:52:07 »

Stupendo, Bright, mi vergogno della mia misera storiella. Veramente bello, soprattutto nel punto in cui è applica il metodo educativo Bright a quel deficiente di Kai. Complimenti. Si conclude qui?
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"In Sayla We Trust"

"Sayla Mass! È per assicurarci che questo simbolo dell’Universo non sia più sconvolto che siamo nati!
Sayla Mass! È per restituire un vero potere nelle sue mani che sorgiamo noi, la Brigata di Sayla!"
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