rkiuHa
Tenente Generale
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« il: 24 Luglio 2011, 16:49:14 » |
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Nota dell'autore. La discussione nel topic di Unicorn mi ha suggerito questo breve racconto, che non vuol essere nulla di speciale. Rispetto ai due racconti estemporanei precedenti, questo ha un taglio di maggior serietà. Siate clementi con il suo autore e buona lettura de "Il viaggio di lavoro di Cameron".
Federal Hotel, Hong Kong. Un uomo, molto distinto, entra nella hall dell'albergo più lussuoso della città e si dirige con passo sicuro verso il bar, non senza guardarsi intorno ogni secondo, come se temesse d'essere seguito o di fare incontri spiacevoli.
Ella era già lì, come aveva promesso, un largo cappello le copriva parzialmente il volto, gli anni trascorsi e le traversie della guerra non avevano però diminuito la sua bellezza, intatta come quando s'erano frequentati da ragazzi. Erano stati fidanzati per un po', le loro famiglie avevano combinato il loro matrimonio, egli ne era stato felice, non aveva mai sperato che quell'angelica creatura, unica erede di un'antichissima e ricchissima famiglia, potesse un giorno divenire sua moglie. Eppure, per interesse, le due famiglie avevano deciso così; poi la guerra aveva cambiato tutto. Egli, da sempre persona tranquilla e pacifica, alcuni l'avrebbero detto un vigliacco, s'era ritirato in una zona neutrale perdendo le sue tracce; l'aveva poi ritrovata timoniere su una nave da guerra con un gorilla d'origini americane che le ronzava intorno. Il loro incontro era stato burrascoso, il suo carattere, sempre pronto ad aiutare il prossimo, non s'era amalgamato con quello di un semplice funzionario statale e s'erano nuovamente lasciati. Poi aveva saputo che il gorilla era morto in battaglia e la sua ex s'era sposata con il comandante della nave di cui era stata timoniera. Quindi nulla per mesi. Fino a quando egli non fu inviato dal suo ministero per affari di stato a Hong Kong; qui, in una strada, l'aveva rivista, sembrava triste e preoccupata, ma il suo sorriso le illuminò il viso e gli riscaldò il cuore. Decisero di rivedersi con più calma e prendere magari un drink in ricordo dei vecchi tempi.
Egli la raggiunse e si sedette di fronte a lei. Parlarono a lungo del loro passato e del suo presente. Il matrimonio non andava benissimo, il marito era stato assegnato al trasporto passeggeri, in un mondo gestito da disonesti e ruffiani la sua intransigenza ed onestà non avevano pagato, tanti incapaci stavano facendo carriera sotto la protezione dei pezzi grossi del governo e delle forze armate, ma suo marito no. Era un veterano di guerra e l’avevano messo a comandare voli passeggeri. Non riuscivano quindi a vedersi molto, i soldi non bastavano mai, ella era troppo orgogliosa per chiedere aiuto alla sua famiglia, che non aveva accettato questo matrimonio con un umile comandante, ed i loro rapporti s’erano rotti. Il cuore di lui, al sentire tutte queste sventure, divenne piccolo e sanguinante, la donna che aveva sempre amato non era felice ed infatti proprio in quel momento delle lacrime iniziarono a bagnarle il volto bello e preoccupato. Egli non riuscì a trattenersi, il dolore di lei ed i molti drink che avevano bevuto durante la chiacchierata l'avevano spronato e gli avevano dato coraggio (un coraggio che non credeva d'aver mai avuto o provato, come quando aveva sfidato la morte per scortare la nave di lei fuori dal molo per difenderla dai suoi feroci nemici); le prese quindi la mano che era poggiata sul tavolo, ella lo guardò stupita per quel gesto e con gli occhi gli chiese cosa ciò significasse, vedeva il suo stesso volto riflesso negli occhiali di lui e, dietro di essi, gli occhi di quel semplice impiegato che ancora comunicavano l’amore che provava per lei. Ebbe paura di quei sentimenti, e dei suoi, ritrasse la mano e fece per andarsene, uscendo dal locale. Egli la seguì fin nella hall e la fermò stringendola al suo corpo; il calore delle loro anime si toccava attraverso quel contatto, egli pensò a ciò che sarebbe potuto essere, ella cercò di dimenticare il suo presente. Le propose di salire in camera, egli alloggiava infatti in quell’albergo, ella rimase incerta ma egli la rassicurò che era solo per parlare con più tranquillità, accettò.
La stanza era illuminata dal sole al tramonto sull’ampia baia, i due si sedettero sul comodo divano, egli iniziò a parlarle del passato, del loro passato insieme, di quand’erano stati fidanzati; alla fine non resistette più (i molti drink che aveva continuato a bere anche in camera gli avevano ormai fatto perdere anche le ultime remore) e le confessò il suo perpetuo amore, mai diminuito in tutto quel tempo, le parlò del suo dolore a saperla sposa di un altro, del suo maggior dolore a saperla ora infelice: “Potrei, almeno per poche ore, far scomparire la tua tristezza dal tuo cuore, solo se tu volessi”. Dicendo ciò le prese nuovamente la mano tra le sue dita, ella, questa volta, non si ritrasse. “Vorrei tanto dimenticare i miei problemi, ma io amo mio marito e non mi pento di quanto ho fatto, il mio sfogo era solo dovuto alla sua lontananza ed alle mie traversie”. “Non mentire a te stessa, sei sola, come una vedova. Dove sono i tanti figli di cui parlavi quando eravamo ragazzi? Dove la gioia della tua gioventù, quella tua forza d’animo che mi fece innamorare di te?”. Dicendo ciò, egli continuava ad avvicinare il suo volto a quello di lei, fino a quando le sue labbra non si posarono sulle sue, calde e vellutate. Il profumo che emanava dalla sua pelle e dai suoi capelli era inebriante, i suoi profondi occhi neri erano smarriti e mostravano una dura lotta interna tra ragione e passione, ella comunque non s’opponeva e questo lo spingeva ad osare ancora. Una mano iniziò a sbottonare la camicetta rosa che ella indossava, un bottone, un secondo, un terzo. Il suo voluttuoso seno, che faceva ora capolino dall’apertura della camicetta, contenuto in un elegante reggiseno rosa, palpitava sotto i battiti del suo cuore eccitato dai drink e dalla situazione imprevista ma forse cercata; egli la guardava intensamente negli occhi per capire se ella volesse o meno, la sua mano intanto, lasciata la camicetta mezza aperta e mezza chiusa, iniziò a scenderle lungo il fianco, giungendo fino alle sue lunghe ed affusolate gambe, ancora fasciate dalla gonna e dalle calze; i suoi baci, intanto, s'erano spostati dalle sue morbide labbra al suo elegante collo abbellito solo da un filo di perle che ne faceva risaltare maggiormente la perfezione. Egli quindi si fermò, la guardò intensamente e s’avvicinò nuovamente al suo viso, ella allora si riprese e cercò di dire “No”, ma la parola le morì in gola, bloccata da un lungo, appassionato bacio, come quelli che suo marito le dava nei primi tempi del matrimonio. Egli la sollevò e la pose sul letto, quindi riprese a toglierle il resto dei vestiti…
Circa dieci mesi dopo, l’uomo si trovava nel suo ufficio governativo quando ricevette un messaggio da Hong Kong. Non s’era più visto e sentito con lei da quel giorno, quando s’era rivestita ed era fuggita via mormorando tra sé “cosa ho fatto”; egli aveva cercato di contattarla, ma tutto era stato inutile, alla fine aveva ultimato il suo incarico ed era ripartito. Ora questa sua lettera. Era molto asciutta e quasi fredda: “Mio caro, ti informo che io e mio marito abbiamo avuto un bambino che abbiamo chiamato Hathaway. La gravidanza è andata bene, però il piccolo è nato prematuro di otto mesi”. Era allegata una foto del piccolo. Egli la guardò con attenzione, in quel bambino rivedeva lei, era incredibile quanto il piccolo le somigliasse, sebbene non trovasse in lui alcuna cosa che gli ricordasse il padre, poi lo sguardo gli cadde su un piede del bambino che era tenuto in braccio dalla mamma. Ella lo teneva in modo strano, quasi innaturale, come se volesse mettere in mostra quel piede; a ben vedere sembrava quasi che sul piede ci fosse qualcosa, come una macchia. Ingrandì la foto diverse volte ed alla fine la vide, una voglia a forma di stella al centro del piede destro. Ebbe un sussulto, freneticamente si tolse la scarpa destra e la calza, al centro del suo piede c’era una voglia a forma di stella. “È nato di otto mesi”, disse tra sé. Il pensiero gli fece girare la testa, un sorriso gli apparve sul volto, si mise a saltare per la stanza, stupendo la sua segretaria che lo conosceva come una persona fredda e controllata. Stava per uscire dall’ufficio per andare in un bar, voleva bere. Poi gli venne un pensiero, “perché aveva messo chiaramente in mostra il piede nella foto?” Un sospetto gli passò per la mente, forse voleva che egli sapesse, ma perché? Chiese il piano dei turni di servizio di suo marito. In quei giorni era partito, sarebbe stato via un mese; capì. Chiamò la segretaria “mi prenoti un volo per Hong Kong per questa sera, starò via quindici giorni, e mi prenoti una camera al Federal”. Doveva vedere il bambino, e sua madre. Uscendo dall’ufficio pensò: “Forse sarà il caso di dare ad Hathaway una sorellina”. E ridendo tra sé si diresse verso la strada.
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