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Autore Topic: Alessandra Valeri Maneri...fra leggenda e verita  (Letto 7219 volte)
ebDrsi
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« il: 21 Febbraio 2008, 07:59:31 »

Animeclick pubblica una lunga nota su AVM che merita di essere letta.

Sul serio.


 http://animeclick.lycos.it/notizia.php?id=18270

 Questa pagina si pone come obiettivo principale quello di ridimensionare l'opinione comune riguardo alcuni argomenti di estremo interesse per chi segue cartoni animati giapponesi, sigle, manga e quant'altro, sfatando alcuni miti e definendo i ruoli esatti di alcuni nomi noti agli appassionati del settore: chi era esattamente Alessandra Valeri Manera? Chi censurava i cartoni animati giapponesi? Qual era il rapporto tra la psicologa Vera Slepoj e Alessandra Valeri Manera?

Sarà interessante scoprire come malintesi e fraintendimenti si siano diffusi sulle decine di forum e fanzine (radicandosi alla loro base proprio nel periodo in cui questi ultimi stavano nascendo) fino a deviare e distorcere il pensiero comune intorno al nome di Alessandra Valeri Manera.

• Premessa

• Chi è e cosa ha fatto veramente Alessandra Valeri Manera?

• Censure e adattamenti: un'azienda, tanti nomi e tanti ruoli diversi
 

Ricerca sempre la felicità, Pollyanna!»

Spesso il termine "valori" viene associato a un luogo comune: i vecchi valori, quei valori positivi, educativi, precettivi, sani... non sarò retorico, ma, anche se guardandola oggi sembrerebbe impensabile, c'è stato un periodo in cui anche la tv dei bambini aveva e forniva dei valori.

E' il 1980 circa quando una giornalista Fininvest, non ancora venticinquenne, pone le basi a quella che piano piano e con sempre più forza diventerà la tv dei ragazzi delle reti segnate dal logo del biscione.
Il suo nome è Alessandra Valeri Manera, classe 1956.

E' questo il momento in cui nasce la più bella tv dei ragazzi, quella che si stava delineando già da qualche anno, quella che ora avrà il suo periodo più fiorente, quella più sana, eclettica e educativa, quella che, però, dopo vent'anni vedrà la sua fine: è l'inizio del nuovo millennio quando la fascia ragazzi Mediaset si sgretola, è l'inizio del nuovo millennio quando il ruolo di Alessandra Valeri Manera (fino ad allora direttrice della tv dei bambini, ideatrice di programmi a loro dedicati, produttrice artistica e scrittrice dei testi delle sigle dei cartoni animati) si frantuma e passa a nuovi individui.
 

Chi è e cosa ha fatto veramente Alessandra Valeri Manera?


Direttrice della tv dei bambini per più di vent'anni, ideatrice di programmi a loro dedicati, produttrice artistica e scrittrice dei testi delle sigle dei cartoni animati: per quanto immensi siano i ruoli svolti da questa donna, detti così possono sembrare riduttivi.
Alessandra Valeri Manera è stata sposata, era ed è una donna semplice, di sani principi, ma allo stesso tempo molto intraprendente e capace di farsi portare rispetto.

Se qualcuno aveva la sigaretta accesa nei corridoi Mediaset, al passaggio della signora Manera questa era subito spenta: sapevano tutti che Alessandra odiava il fumo. Sveglia alle 5 e, da perfetta capostruttura, alle 7 subito in ufficio per visionare i palinsesti.

Da sinistra in alto Carmelo Carucci, Vincenzo Draghi e Massimiliano Pani. Dal basso Alessandra Valeri Manera e Cristina D'Avena

Alle 9 rapido sguardo ai testi di Bim Bum Bam e Ciao Ciao, storici programmi da lei ideati, quindi contrattazioni per acquisti dei vari cartoni dal Giappone o dall'America. Pranzo e il pomeriggio in sala d'incisione.
La sera a letto dopo il TG e nel week-end, di consuetudine, la maglia.
Sempre in viaggio per curare la produzione delle sigle dei nuovi cartoni onda, puntualmente prendeva il treno Milano-Voghera per andare a casa di autori come Vincenzo Draghi (interprete e compositore di centinaia di canzoni per bambini) con lo zainetto di Topolino, i sandaletti e le calzettine di cotone.

Ai suoi collaboratori musicisti Alessandra Valeri Manera, che conosceva già la trama del cartone, commissionava alcune sigle attraverso uno storyboard oppure se l'animazione era già pronta, questi la guardavano personalmente. Successivamente Alessandra valutava le musiche proposte dagli autori e a volte capitava che dovessero rifare completamente più di 4 o 5 volte qualche sigla. Alessandra non si accontentava, il pezzo doveva essere perfetto. In lei c'era una correttezza davvero ammirevole riguardo la scelta di uno o di un altro autore.

Ma questo alcuni non l'avevano capito.

Il nome di Alessandra Valeri Manera, infatti, era quello più in vista. Tutto ciò che aveva a che fare con la fascia ragazzi Fininvest/Mediaset era attribuito a lei.

E così tutto il resto non contava, di questi "alcuni" citati prima lei divenne il capro espiatorio.

Questi alcuni, ormai adulti, non erano altro che gli otaku (termine ormai in uso in Italia per indicare anche quella fetta di appassionati di animazione giapponese che pretendono una trasposizione italiana maniacalmente vicina a quella originale) incalliti o i nostalgici della tv di fine anni '70 inizio '80, accecati da quello che non riuscivano a vedere, accecati dalla pretesa egoista di avere cartoni curati appositamente per loro, senza pensare più al bambino, senza pensare più alla sua tv. Anche loro erano stati bambini, anche loro avevano visto in tv cartoni edulcoratamente adattati (non avevano capito, infatti, che non era Alessandra Valeri Manera a censurare, ma era la società stessa a pretenderlo e di fatti un cartone, che siano gli anni '70, gli anni '80 o i '90, che sia Rai o Mediaset, in fascia protetta, non è mai stato trasmesso senza censure, mai), ma ormai erano grandi, erano "appassionati" e volevano i cartoni senza censure. Al timone dell'unica tv dei ragazzi veramente esistita (quella Mediaset degli anni '80 e '90 non ha eguali, infatti) c'era ormai da anni lei, Alessandra, e fu così che, cancellando tutto il resto, prima per questi alcuni, poi per i molti aizzati (purtroppo ingenuamente tramite quella che ormai stava diventando la via di comunicazione più comune, ma anche quella più dubbia e più soggetta alla disinformazione, ovvero la rete Internet) da questi alcuni, Alessandra divenne il capro espiatorio; la società non permetteva che i prodotti dell'animazione per bambini andassero in tv integralmente, ma la colpa era di Alessandra, le associazioni dei genitori (tra cui il MOIGE: Movimento Italiano Genitori) erano lì in agguato se solo in fascia protetta si fossero viste sciocchezze come un bambino al quale uscisse sangue dal naso, ma la colpa era di Alessandra Valeri Manera. I pochi, tramite il potere devastante e tremendo della rete Internet, avevano distorto la realtà ai molti. Per i molti, che si avvicinavano anno dopo anno alla cultura italiana dell'animazione giapponese, lei era "la" colpevole. Invece di ringraziarla per i cartoni e i programmi per bambini di sani valori che questi vedevano in Tv, invece di ringraziarla per quel mondo che senza di lei si sarebbe frantumato, per quei cartoni più adulti e emozionanti che dai primi anni del nuovo millennio, quando il suo posto è stato preso da altri, sono stati effettivamente cancellati dai palinsesti, questi la colpevolizzavano, lei era ormai diventata il loro "demonio", l'individuo da citare nei forum di discussione (tramite la sigla "AVM") appena si parlasse di censure e edizioni italiane di cartoni animati.

Sembrava non si parlasse d'altro... "Al rogo AVM! Abbasso le censure! Alessandra Valeri Manera vattene via". E così all'l'inizio del nuovo millennio accadde. Alessandra Valeri Manera, dopo venti gloriosi anni non riconosciuti tali da chi doveva unicamente ringraziarla, lascia il suo posto a nuovi individui.

"Sarete i nostri salvatori", i molti grideranno ai successori di Alessandra. In realtà quella che per loro, in apparenza, era la salvezza si rivelerà come l'inizio della decadenza, l'inizio della morte della tv dei ragazzi Mediaset, tuttora morente e agonizzante.

Perché se il punto di partenza dei pochi otaku incalliti e nostalgici poco cresciuti era sbagliato, l'obiettivo con cui il movimento erroneamente chiamato Anti-Manera si evolse era concettualmente nobile. Si lottava per abolire le censure: l'obiettivo era giusto. Non possono essere tollerate censure imposte da una società bigotta e perbenista, lo scopo era quindi corretto, ad essere sbagliato era il nemico. La realtà distorta e deformata che i suoi fondatori avevano presentato tramite la grande rete al vulgo aveva fatto in modo che un movimento, concettualmente giusto, individuasse un nemico sbagliato.

Gli appassionati del settore, ingenuamente giovani e ideologicamente malleabili e modellabili, pensavano che scomparso questo "demonio", obliata questa "AVM" da loro eroicamente soprannominata come Alessandra Vietato ai Minori, sarebbero sparite le censure.
E sparite le censure loro avrebbero continuato a guardare in Tv quei cartoni animati giapponesi tanto belli, intriganti, dai grandi valori e insegnamenti di vita, dalle storie avvincenti e appassionanti, ma integralmente e senza censure.

Ma chi era che portava questi cartoni in Tv? Questi Slayers, Orange Road, Marmalade Boy, Touch, Kodocha, Rayearth, Sailor Moon, tanto amati quanto edulcorati? Era lei, Alessandra Valeri Manera. E chi era che li censurava? Era ancora Alessandra Valeri Manera? O forse il bigottismo di una società ipocrita?

Morale della favola: il "demonio" Alessandra Valeri Manera fu sconfitto, ma gli appassionati anti-censure quei cartoni tanto belli in Tv non li vedranno più, perché chi li aveva portati non c'era più... e le serie del nuovo millennio che li sostituirono, dannatamente infantili, dementi e legate a ogni tipo di merchandising (carte, trottole, biglie e non solo) continuavano ad essere censurate.

Doppia beffa per un nemico non ben individuato. Forse chi bisognava combattere era il fondamento di una società limitata, cominciando da diversi "esemplari" di genitori, attraverso nuove generazioni con orizzonti meno limitati.

Il cartone di Pollyanna, tratto dai libri di Eleanor Hodgman Porter, intriso di quei valori sani citati prima, come l'amicizia, il rispetto, la semplicità e la spontaneità, è solo una tessera della tv dei ragazzi degli anni d'oro, quella ideata dalla vera Alessandra Valeri Manera, l'amica, non la nemica. Era la tv che sapeva insegnare, che ha cresciuto annate di bambini attraverso cartoni animati fatti di vere storie, fatti di ideali, senza effetti speciali, semplici... ma emozionanti.

E chi è cresciuto vedendo spegnersi il sorriso di Pollyanna davanti alla morte del padre per poi ritrovarlo combattendo e ricercando la felicità, questo lo sa

. Questo lo sa chi da bambino si divertiva e imparava la mitologia greca seguendo le avventure della piccola dea Pollon, chi imparava la vita attraverso Oscar François de Jarjayes, chi imparava la gentilezza con la nonnina Minù Pepperot, chi imparava a realizzare i propri sogni come Maya Kitajima, chi imparava ad amare lo sport con Holly e Benji, Hilary o Prendi il mondo e vai, chi imparava l'amicizia con Memole, chi imparava a rispettare la natura con Sandy dai mille colori, chi imparava l'anatomia con Siamo fatti così, chi imparava a sognare con Peter Pan o Judy Abbott, chi imparava il rispetto con Mary e il giardino di misteri o Fiocchi di cotone per Jeanie, chi imparava ad amare la musica con Maria e la famiglia von Trapp, chi imparava a sognare con Himi e il suo fiocco, chi imparava ad amare con Sailor Moon e la combriccola di Piccoli problemi di cuore, chi (in modo attualmente inconcepibile) imparava.

E pensare che chi ha portato tutto questo in Italia, proprio Alessandra Valeri Manera, per anni è stata criticata, maltrattata e insultata da chi probabilmente non aveva vissuto tutto questo (nostalgici di fine anni '70?), da chi portava avanti un movimento contro un nemico sbagliato, da chi non capiva di trovarsi in Italia e non in Giappone.
Ma questo chi all'epoca inveiva contro il suo capro espiatorio non era riuscito a capirlo, non era riuscito a capire che non dipendeva da chi stesse facendo quel lavoro in quel momento se alcuni cartoni venivano censurati, non capiva che con qualsiasi altro individuo la sorte funesta dei cartoni giapponesi in Italia non sarebbe stata la stessa, sarebbe stata peggiore.

La prova lampante è sotto gli occhi di tutti, basta analizzare cosa c'è oggi in tv. L'analisi non porterà via tanto tempo perché di intellettualmente rilevante nella tv dei ragazzi oggi non c'è niente. Dov'è la tv dei ragazzi? Dove sono quei cartoni che, seppure a volte censurati in alcuni punti, ci insegnavano a sognare, ad amare, a vivere?
Forse tutto questo risiede in quelle serie animate in cui per salvare il mondo basta giocare a carte, sparare delle biglie o far girare delle trottole? Sicuramente no.

Ma dove sono tutte quelle serie, tratte dai classici della letteratura, che Alessandra Valeri Manera accuratamente, anno per anno, comprava e mandava in onda? Tutte serie di ottimo livello, educative e, soprattutto, non legate a nessun tipo di merchandising? Che fine ha fatto la grande allegria di Pollyanna, la sanezza dell'orsetto Rascal, la triste storia di Peline, la piccola Robinson di nome Flo, le Alpi di Annette, la piccola principessa Sara, l'amore di Piccole Donne etc. etc.?
Non ci sono, nella nuova tv dei ragazzi non di Alessandra Valeri Manera, nella nuova tv del merchandising, dello share, del denaro, dell'incompetenza, dell'apparenza, questi cartoni non ci sono più.

La maggior parte dell'animazione odierna in tv riveste un target molto basso: serie infantili e dementi, legate solo ed esclusivamente ad ogni tipo di merchandising e tutto questo perché? Perché c'erano alcuni che gridavano "Abbasso gli adattamenti! Abbasso AVM! Se devono trasmettere un cartone censurato, che non lo trasmettano!". E forse uno dei sostituti di Alessandra Valeri Manera è proprio uno di questi alcuni.

Errore più grave non poteva essere commesso.

Evitare di trasmettere un cartone di un target di età più elevata (lasciando il posto a cartoni infantilissimi e privi di significato) è stato l'errore più grande.

E' stato facile emettere sentenze sui cartoni (a volte censurati) in onda negli anni '90 da chi ormai li vedeva con occhi più adulti, così come è facile oggi (per chi non guarda più i cartoni del pomeriggio di Italia1) inneggiare alla mancata trasmissione di una serie, perché altrimenti andrebbe in onda censurata.

E' solo un modo di pensare egoista in quanto è un'affermazione nata solo dal bisogno personale, di una persona più adulta, di piena fruizione del cartone.

Ma i cartoni chi li guarda in tv? Solo gli appassionati più adulti? Li guardano principalmente i bambini e in questo modo non si è pensato più a loro.

Rischiando per anni di addossarsi le colpe delle censure, Alessandra Valeri Manera era, al contrario, del pensiero che, seppure edulcorata, una certa serie dovesse essere trasmessa a tutti i costi. Dall'edulcoramento dei cartoni, infatti, passava comunque una buona parte dello spirito originale, al pubblico i sani valori originari arrivavano ugualmente; dall'importazione regimentata attuale, che ha praticamente cancellato queste serie più "adulte" dai palinsesti, non arriva nulla... e se qualcosa arriva è solo una realtà alterata e distorta.

A cosa ha portato infatti questo atteggiamento? Al fatto che i bambini di oggi seguono e crescono con cartoni intellettualmente poco stimolanti (in quanto diretti a un target di età molto bassa), senza senso e privi di storie come Yu-gi-oh! o B-Daman o ancora BeyBlade. I valori che trasmette una serie come questa sono molto diversi dai valori di una serie come Pollyanna. E chi è cresciuto da bambino a cavallo tra gli '80 e i '90 (anno più anno meno) lo sa, lo nota e lo vuole denunciare, perché chi è bambino oggi, questo non lo saprà mai.

Bambini che travisano la realtà: questi sono i risultati della tv per ragazzi odierna, perché per salvare il mondo non servono carte o biglie, non serve truccarsi come le Bratz o le Trollz. Se dal punto di vista del bambino, utente di Italia1, vedere un cartone riadattato può risultare una censura nei suoi confronti, non farglielo vedere proprio cos'è? Non è più di una censura?

Chi è vissuto nel mondo costruito da Alessandra Valeri Manera, chi può fare un confronto con le serie da lei trasmesse con quelle attuali, conosce benissimo la risposta.

Gli storici programmi per ragazzi come Bim Bum Bam, Ciao Ciao, Sabato al circo, Cantiamo con Cristina, Game Boat hanno detto addio al palinsesto insieme all'addio di Alessandra.

Programmi che i bambini potevano vedere in tranquillità, divertendosi spensierati. Per loro oggi tutto questo non c'è, perché chi pensava a loro non c'è.

Chi c'è oggi pensa al merchandising, pensa a comprare e trasmettere cartoni che abbiano un riscontro commerciale, a questo pensa, non ai bambini.

E se per guadagnare un secondo di pubblicità bisogna tagliare le sigle dei cartoni, tanto amate dai bambini degli anni '80 e '90, che lo si faccia subito! Da 2 minuti a 1 minuto per poi passare a pochissimi secondi.

Le sigle dei cartoni animati sono e sono state un altro motivo di invettiva contro il solito capro espiatorio. "Al monopolio, al monopolio!", solevano gridare ingenuamente i soliti nostalgici del lustro precedente, senza capire che sbagliavano di nuovo.

Forse pensavano che senza Alessandra Valeri Manera o Cristina D'Avena, sarebbero tornati quegli altri gruppi/cantanti che cantavano le sigle dei cartoni? Lo pensavano, ma sbagliavano.

Perché se i bravissimi Cavalieri del Re hanno cantato la loro prima sigla nel 1981, quando cantò la sua prima sigla anche Cristina D'Avena, se questo gruppo ha continuato a cantare sigle negli stessi anni e, spesso, anche per la stessa rete di Cristina D'Avena per 5/6 anni nessuno vietava loro di farlo per altri 100. Ma erano due case discografiche diverse. RCA e Five Record.

 A questo si doveva pensare, non al monopolio!


Non furono Cristina D'Avena e Alessandra Valeri Manera a imporsi sugli altri, ma gli altri a non credere più in quel mondo, nel mondo delle sigle. Facile scaricare la colpa addosso a chi aveva saputo costruire un sistema ben saldo che sarebbe continuato nel tempo, farcito di signori musicisti come Giordano Bruno e Augusto Martelli, Piero Cassano, Detto Mariano, Carmelo "Ninni" Carucci, Gianfranco Intra, Massimiliano Pani, Silvio Amato, Vincenzo Draghi o ancora Gianfranco Fasano, facile per chi non era riuscito a perpetuarlo. La RCA e la RAI avevano deciso di non fornire più fondi per le sigle e per i cartoni, l'allora presidente dell'RCA Olimpio Petrossi aveva smesso di credere nei cantanti e nei gruppi che lo avevano arricchito per anni e così I Cavalieri del Re, Le Mele Verdi, I Rocking Horse o Superobots, Nico Fidenco, Georgia Lepore, gli Oliver Onions scomparvero, scomparvero perché chi fino ad allora li aveva finanziati non credeva più in loro. Una Tv dei ragazzi basata sul denaro e sul guadagno non poteva durare molto. La DORO Tv Merchandising continuò a importare cartoni per emittenti private, ma da allora furono trasmessi con la sigla giapponese. Perché non fu realizzata una sigla italiana per serie come Maison Ikkoku? Forse perché il presunto "monopolio" D'Avena/Manera lo impediva? O forse perché a nessuno più interessava che i vecchi gruppi e interpreti cantassero ancora?
La risposta è, ancora una volta, semplice.

Senza quello che per comodità, per sfizio, per lenire i sensi di colpa, fu definito "monopolio" Fininvest/Mediaset di D'Avena/Manera centinaia di serie non sarebbero state trasmesse, centinaia di sigle non sarebbero state cantate, e di certo non sarebbero rimasti gli altri interpreti di sigle. Si sarebbe creato quello che si va delineando oggi: il nulla. Il nulla che ha governato per anni incontrastato in molti paesi d'Europa, tra cui la Germania, il nulla che avrebbe governato anche in Spagna (e per molte serie anche in Francia) se l'entourage di Alessandra Valeri Manera non avesse esportato quelle serie anche in questi paesi.

Il nulla, il nulla che c'è oggi.

Errori fatali ne sono stati commessi, quel mondo che Alessandra Valeri Manera ha costruito con astuzia, voglia di iniziativa, efficienza e originalità in 20 anni, smembrato e distrutto in così poco tempo e ora rivenduto a 4 soldi, senza rispetto per il valore di un mondo forgiato con fatica, ma con inventiva, oggi ormai è stato frantumato, i bambini continueranno a non avere programmi a loro dedicati, continueranno a guardare serie intellettualmente non stimolanti e senza alcun valore, continueranno ad ascoltare canzoni di scarso valore artistico.
Si aveva in mano un tesoro, che è stato inabissato ferocemente dalla collera di gente dalla visuale ristretta...
Non resta solo che gridare: "Alessandra torna e riporta la tv dei ragazzi al suo posto!".
Magari ancora una volta potremmo sentire:

«Pollyanna, ricerca sempre la felicità!»
 

Censure e adattamenti: un'azienda, tanti nomi e tanti ruoli diversi

Dalla parte precedente è chiaro quindi che intorno al nome di Alessandra Valeri Manera siano nati diversi malintesi che ne hanno pregiudicato l'immagine e il nome all'interno della comunità di ragazzi che si interessano di animazione giapponese. Per molti Alessandra è la sarta che ha tagliato e ricucito diverse serie animate in onda sulle reti Mediaset nel corso degli anni '90, è ironico invece che in realtà lei non abbia mai agito su nessun cartone animato, né tagliando scene né ricucendole in una versione rimaneggiata.

Quanti di noi non hanno letto almeno una volta, nei forum del settore, commenti di questo tipo?

«AVM ????
Alessandra Valeri Manera, quella che censura pure le scene dove c'è un taglietto
non la conoscevo, maledetta, quella che censura i cartoni Mediaset»

Fidarsi? No. Fare ricerche, leggere, ragionare e dedurre con la propria testa sì. E' questo l'atteggiamento che i nuovi appassionati di questo settore avrebbero dovuto avere di fronte a frasi e commenti come questo.

Purtroppo molto spesso non è stato così e i passa-parola, distorti alla radice, hanno eccessivamente deformato l'opinione generale. Ma perché è avvenuto questo? Sono rarissimi i casi in cui Alessandra ha rilasciato interviste (e già da questo è facile intuire quanto, in assenza di interventi reali, le opinioni nei suoi confronti siano frutto di congetture), il suo nome è stato quasi sempre nell'ombra, ma c'è stato un momento in cui Alessandra ha fatto parlare di sé: era il 1997 quando Alessandra fece iniziare la messa in onda del cartone animato giapponese Sailor Moon. La trasmissione dell'anime suscitò molto scalpore, in quanto ritenuto deviante e non adeguato al pubblico infantile, a tal punto che diversi giornali dedicarono in quel periodo numerosi articoli al fenomeno. I poli del dibattito erano abbracciati da Alessandra Valeri Manera, che interveniva in quanto capostruttura della fascia ragazzi, importatrice in Italia della suddetta serie e portavoce del gruppo Mediaset, e la psicologa Vera Slepoj. Come scriverò, i poli erano opposti: Alessandra difendeva la serie (e in effetti è logico pensarlo, visto che lei stessa ha deciso di portarla in Italia), la psicologa l'accusava. Ma era proprio quello il periodo in cui stavano nascendo, nella grande rete, forum, gruppi e, in generale, punti di ritrovo per gli appassionati di animazione giapponese. La confusione generata dai media riguardo Sailor Moon, le censure e le prese di posizione di diversi nomi del settore, fu tale che attorno a questi ultimi si diffusero falsi miti e una generale disinformazione povera di raziocinio ma ricca di latrati, come quello succitato. Alessandra Valeri Manera, che era intervenuta contro le accuse su Sailor Moon, cercando di trovare un compromesso che placasse le polemiche (successivamente, ad esempio, la serie andrà in onda in orario preserale), divenne «quella che censurava Sailor Moon e i cartoni animati giapponesi», solamente perché il suo nome era l'unico in vista, l'unico almeno che avesse a che fare qualcosa con Sailor Moon, ma indipendentemente da cosa avesse a che fare con questa serie, questo nome fu preso di mira, in fondo un nome doveva pur venire accusato, no? Quante volte l'umanità si è data alla caccia alle streghe, ricercando e perseguitando determinate categorie di persone o un qualsiasi soggetto percepito come nemico, in particolare quando questa ricerca veniva condotta usando misure estreme e con scarsa considerazione della reale colpevolezza o innocenza? La storia umana non è nuova a esempi del genere. E se una persona viene etichettata come strega difficilmente potrà togliersi questa etichetta di dosso.

Peraltro l'etichetta, negativa e frutto di fraintendimenti, di Alessandra Valeri Manera fu data proprio nel periodo in cui i forum di discussione stavano nascendo e, piano piano, si stavano diffondendo nella grande rete, radicandosi così alla base di questi ultimi.

 

Eppure sarebbe bastato ragionare un poco per definire i ruoli esatti di ogni individuo, visto che i mezzi per farlo c'erano, ma facciamolo noi.

Per quale strano ragionamento il nome del capostruttura della fascia ragazzi, nonché portavoce di una rete, doveva coincidere con quello di chi era dedito a adattamenti di anime? O a quello di chi era dedito a censurarle in post-produzione?

C'era un'azienda: Fininvest (ormai Mediaset). C'erano i pregiudizi di una società: quella italiana. C'erano le associazioni che si occupavano di difendere i bambini: tra questi il MoIGE. C'era il capostruttura della fascia ragazzi: Alessandra Valeri Manera. E c'erano mille altri nomi dietro l'adattamento italiano di una serie animata: quello di chi ne curava i dialoghi italiani, quello di chi si preoccupava dell'adattamento, quello dei sarti che facevano taglia&cuci nella post-produzione e così via. Eppure tutto si ridusse sotto l'unico nome di Alessandra Valeri Manera.

Alessandra presentava una serie all'azienda, ma poi questa ne dava le direttive (spesso elaborate assieme agli autori originali) ai propri dipendenti, tra cui l'adattatore dei dialoghi italiani, che era diverso per ogni cartone animato. E se le associazioni come quella succitata protestavano contro l'azienda per scene non adatte a un pubblico infantile, quest'ultima riceveva multe salate da pagare. E' chiaro quindi che l'azienda, Mediaset, prevenisse multe future dando delle direttive nell'adattamento di una serie o nel suo trattamento durante la post-produzione.

Probabilmente costava troppo accusare i singoli nomi di chi realizzava ognuno di questi compiti, ma questi nomi c'erano ed erano ben visibili. Ci sono state offerte, per anni, videosigle di coda con ogni tipo di crediti: doppiatori, sigle, musiche, direttori del doppiaggio, curatori dei dialoghi italiani etc. etc.

Se l'accusa di turno era per una serie rimaneggiata nell'adattamento, per quale motivo non fu posto sotto accusa chi realizzò questo adattamento? Forse perché era più facile utilizzare il solito capro espiatorio.

Esempio: la quinta stagione della serie Sailor Moon è nota agli appassionati per essere stata pesantemente rimaneggiata rispetto alle prime stagioni del cartone animato. Ancora oggi, di queste censure, viene accusata, sotto un unico fascio, Alessandra Valeri Manera. Ma il suo nome non appare tra quelli che si sono occupati dell'adattamento o della post-produzione di questa serie, il suo nome non è mai comparso tra quelli che hanno agito su un cartone animato. Il suo nome appariva solo tra i crediti della sigla italiana del cartone animato, in quanto autrice delle parole, e basta.

Qualcuno più sveglio invece avrebbe subito notato che il cambiamento avvenuto tra gli adattamenti delle prime serie con quello dell'ultima fu causa del cambiamento di chi si occupava dei dialoghi italiani: Nicola Bartolini Carrassi. Era questo il nome da accusare, non il solito capro espiatorio.

Guarda caso lo stesso nome apparirà tra i crediti di molte serie stravolte al pari di quest'ultima: Hana yori dango, Marmalade Boy, Gokinjo monogatari, Mizuiro Jidai.

 

Questo non vuole essere un nuovo modo per prendere di mira altri nomi, vuole essere semplicemente un modo per stabilire e definire, ragionando, i ruoli di chi si è occupato di questo e quell'altro, senza prendere di mira un capro espiatorio che espii le colpe di altri. E' un errore che non può essere commesso da individui dotati di pensiero e intelligenza, soprattutto quando il capro non ha nessuna colpa da espiare.

 

Si è andati ad accusare, infatti, chi nel pieno del caso Sailor Moon ne prese le difese. Parecchie volte si leggono commenti come questo:

«(...) del resto noi fans hard-core li abbiamo accusati più di tanto scaricando la nostra ira sulle varie Slepoji e Valeri Manera, responsabili per una buona parte, delle fobie falliche e manghistiche la prima e dei tagli la seconda (...)»

dai quelli sembrerebbe che Alessandra e questa psicologa abbiano agito a braccetto devastando, tra i tanti, Sailor Moon. Di nuovo... fidarsi? No. Fare ricerche, leggere, ragionare e dedurre con la propria testa sì.

Riporto qui tre articoli del 1997 trascritti sul sito dell'ADAM (Associazione Difesa Anime e Manga).

Il primo dell'8 Aprile 1997 tratto da Il Giornale:

Vera Slepoy: «Sailor Moon disturba la sessualità»

AMALFI. Poveri bambini. O povera Tv. Non si sa più chi e cosa compiangere nella saga della Tv cattiva maestra. Ora viene anche accusata di disturbare lo sviluppo sessuale dei bambini. Sotto accusa questa volta è Sailor Moon, il popolare cartone animato di Rete 4. A lanciare l'accusa è la solita Vera Slepoj, psichiatra. «Sailor Moon - dice - è una eroina dotata di una grande forza, una donna che comanda. È un personaggio molto ambiguo, con tratti maschili. Tutto ciò crea disturbi nei bambini con problemi di femminilizzazione, bambini molto confusi che desideravano indossare gli abiti e portare i gadget di Sailor Moon».

 

Il secondo del 9 Aprile 1997 tratto da La Repubblica e scritto da Simonetta Robiony:

Per Valeri Manera - "Sailor Moon non è pericolosa"

ROMA - Dopo le polemiche dichiarazioni della psicologa Vera Slepoj a proposito della serie cartoon di Retequattro "Sailor Moon", ("porterebbe devianze nel comportamento sessuale dei bambini"), replica Alessandra Valeri Manera, responsabile Mediaset dei programmi per ragazzi: le affermazioni «sono una banalizzazione per vedere nella tv il demonio o l'angelo salvatore, distraendo così l'attenzione dal vero punto: il processo educativo avviene all'interno delle famiglie e non grazie alle sollecitazioni della televisione».

 

Il terzo del 30 Maggio 1997 tratto da Il venerdì di Repubblica e scritto da Federica Lamberti Zanardi:

Sailor Moon HORROR
(...) «Non mi sarei mai sognata di parlare di Sailor Moon se non fosse prepotentemente entrata sulla scena clinica» spiega Vera Slepoj psicoterapeuta e presidente della Federazione nazionale psicologi e fondatrice di Video Help, una linea telefonica di supporto per le famiglie che vogliono parlare dei problemi causati dalla televisione. Ed è proprio attraverso Video Help che sono giunte le segnalazioni dei cinque casi di disagio psicologico causati dalla visione continua di Sailor Moon. Ed in base a queste segnalazioni è stato creato un gruppo di studio con dieci psicologi che analizzeranno per alcuni mesi il cartone animato incriminato.
Ma è possibile che una favola animata possa incidere così pesantemente sull'equillbrio psichico di un bambino? Non saranno stati altri fattori, come l'ambiente sociale o il clima familiare, a determinare i disturbi dei cinque piccoli pazienti?


Alessandra Valeri Manera responsabile dei programmi per bambini di Retequattro ha una sua idea precisa «L'ho già detto e lo ripeto, mi sembra una delle tante banalizzazioni che vogliono vedere nella tv il diavolo o l'angelo salvatore, distraendo l'attenzione dal vero problema: la famiglia. E lì, infatti, che avviene il processo educativo e non dalle sollecitazioni della tv». Ma Vera Slepoj ha dei dati seri, precisi, che non si possono ignorare. (...) Ma allora si deve bollare questo cartoon giapponese come pericoloso?

 «Sarebbe meglio dire vietato ai minori di dodici anni. E soprattutto si dovrebbe chiedere a Mediaset lo spostamento della messa in onda. A quell'ora infatti davanti al video ci sono anche bambini piccoli. Oppure, si potrebbe evitare di trasmetterlo tutti i giorni. È, infatti, l'assiduità quotidiana che crea una dipendenza psicologica e amplifica gli effetti negativi». Ma in Mediaset non sono convinti che Sailor Moon sia pericolosa, «Questo tipo di accuse fanno riferimento a modelli maschili e femminili molto invecchiati» risponde sempre Alessandra Valeri Manera «Sarebbe come pensare che libri che raccontano le avventure di un gruppo di maschi come I Ragazzi della via Paal o Cuore possano creare problemi di identità alle ragazze che li leggono. E poi noi facciamo una grande attenzione a cosa mandiamo in onda. Tanto che lavoriamo spesso con un'équipe di psicologi».
Rimane il fatto che cinque bambini sono in cura per la visione assidua di Sailor Moon. Cerchiamo allora di capire quali elementi della storia o del disegno fanno così male ai bambini. Primo, è troppo violento. E l'aggressività è indotta non solo dalle trame degli episodi, ma anche da alcuni tratti del disegno. «Gli occhi troppo grandi rispetto al viso, la bocca anch'essa enorme e sempre spalancata rimandano un messaggio simbolico di grande violenza», sottolinea la Slepoj. Ma l'effetto più devastante è l'ambiguità fra il bene e il male. Se nei vecchi prodotti giapponesi, come Mazinga o Ufo Robot, i buoni e i cattivi erano facilmente identificabili, qui tutto si confonde. La trama delle puntate di Sailor Moon spesso assomiglia più ad un film di Dario Argento che ad un programma per bambini. Le guerriere della luna, infatti non combattono contro mostri o criminali. No, il loro nemico sono le forze oscure del Regno del male. Forze che riescono subdolamente a impossessarsi di ignari personaggi. Così la bambina che corre felice fra le braccia della mamma, si accorge troppo tardi che la sua mammina è posseduta da un "inviato del regno delle tenebre" e si trova avvinghiata ad un mostro orripilante. Ora, a qualsiasi persona che mastichi un po' di psicologia appare chiaro come una scena del genere vada a toccare gli aspetti più profondi dell'inconscio, l'ambiguità ancestrale della relazione madre-figlio. E ci si chiede, ma è veramente necessario proporre ad un bambino delle esperienze emotive così forti? «È proprio questo il punto. Perché i nostri figli devono essere sottoposti a situazioni traumatiche che difficilmente incontrerebbero nella loro vita?» si arrabbia la Slepoj «Chi sostiene che la paura fa parte delle favole fa solo dei falsi psicologismi. Un conto è una favola narrata da un adulto che con la sua presenza media l'impatto emotivo con la paura. Ma l'immagine video ha un effetto più forte perché non dà il tempo al bambino di rielaborare lo stimolo ansiogeno. La verità è che dobbiamo sviluppare una cultura dell'infanzia meno superficiale e con più rispetto dei bambini».

 
E' evidente che il punto di vista di questa psicologa sia diverso da quello di Alessandra. Diverso? Meglio dire opposto, la psicologa accusa Sailor Moon, Alessandra la difende, oltretutto con un pensiero condivisibile: il processo educativo deve avvenire all'interno delle famiglie e non di fronte alla televisione, così come il fatto che I Ragazzi della via Paal racconti le avventure di un gruppo di ragazzi non può determinare una crisi d'identità nelle lettrici donne.

E' evidente, i loro due nomi sono stati protagonisti di una divergenza di opinione, abbracciando i poli opposti di un dibattito, eppure quello che ha passato la rete è ben noto, ma è impressionante come un malinteso o un fraintendimento si siano diffusi fino a deviare e distorcere il pensiero comune.
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« Risposta #1 il: 22 Febbraio 2008, 11:00:41 »

Sicuramente AVM non fu l'unica colpevole, folli che vedono nei cartoni il male assoluto ce ne sono ovunque. AVM ci ha permesso di vedere molti anime che altrimenti avremmo sconosciuto, però.......

1 Non mi potete dire che si faceva quattro volte la strada, in treno, per sistemare una sigla e poi abbiamo Il Tulipano Nero che canta "il 4 Luglio s'arrende il bastione, il 4 Luglio c'è la rivoluzione";

2 Non mi potete dire che visionassero tutte le puntate prima di fare la sigla: Johnny non è per nulla timido e sincero e tanto meno leggeva nel pensiero (altrimenti la serie sarebbe finita dopo 3 puntate), la sigla di Rossana si adatta solo alle prime 20 puntate (su circa 160 o più); lo stesso si può dire per I cavalieri dello Zodiaco (nella sigla si parla di chi vincerà l'armatura d'oro, solo che il torneo galattico dura circa 30 puntate su 180),  lo stesso Tulipano Nero appare solo nelle prime puntate e poi lascia la scena alla Stella della Senna (che doveva dare il nome alla serie), o dimentichiamo Mila cugina di Mimì (solo per attirare pubblico), etc. etc.

3  Non tocchiamo il tasto nomi di persone, città luoghi e usi e costumi nipponici che furono totalmente eliminati dalle scene (se un nudo femminile poteva turbare, sapere che il personaggio si chiamava Hikaru invece che Tom causava traumi?). Mi si dirà non era AVM a scegliere i nomi ma c'erano altri ad imporre queste direttive, ma lei era il capo struttura della sezioni cartoni della Fininvest o era solo una segretaria? Non li avrà scelti lei ma non ci ha perso il tempo a sostenere che lasciassero quelli originali. (in Occhi di Gatto pagano in dollari, forse lo yen turbava le menti?).

4 Sarò sempre grato ad AVM per aver portato tutti i cartoni della mia infanzia, ma non le perdonerò di averli massacrati, solo per il principio che dovevano essere visti da tutti. I cinque bimbi turbati da Sailor Moon ne sono il simbolo, Sailor Moon non era fatta per bimbi di 8 anni, o meno, così come Orange Road, City Hunter, Lady Oscar, Georgie, Gundam, Mazinga e soci, maison Ikkoku, Touch; avrebbero dovuto creare una fascia oraria solo per queste serie destinate ad un pubblico adulto; ultimo esempio è Detective Conan, la prima puntata presenta un delitto ferocissimo (la vittima perde la testa nell'ottovolante), la scena con il cadavere decapitato nella versione Mediaset non si vede, il delitto si capisce solo vedendo la ricostruzione che del delitto è fatta a fine episodio (oppure leggendo il manga). E questo è accaduto nella prima puntata un paio di anni fa.

Ora magari staremo peggio di allora, Georgie è uscita in dvd con scene in giapponese e sottotitoli perché quelle scene (che ho visto nella prima versione quando avevo 8 anni in italiano), nel corso delle repliche sono state tagliate perché inadatte (tipo Gerogie riscaldata nuda nel letto da suo fratello), solo che i signori del "taglia e cuci" non hanno fatto una copia della puntata ed operato i tagli su di essa, hanno ripulito la copia originale. Risultato Yamato Video sta pubblicando la serie con scene che un tempo erano in italiano in giapponese con sub, perché così si censura a Mediaset oggi; o parliamo dei Segreti dell'isola misteriosa, graziosa serie trasmessa una volta in estate e mai più riproposta, sebbene non fosse niente male, perché hanno perso la loro copia? Praticamente Mediaset non sa dove le puntate sono conservate e non le trova più.

Di certo AVM non fu la sola responsabile, ma da sempre le colpe ricadono primariamente su chi sta al comando, si chiama gerarchia, altrimenti tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole, e una società civile non può tollerare una cosa simile, in nessun campo.

Credo di non aver tralasciato nulla, l'articolo sarà, in parte vero, ma mi sembra troppo apologetico verso AVM, che poverina non ha avuto alcuna colpa, forse non contava niente, e scarica le responsabilità su tutto il resto del mondo, da noi folli otaku perversi, che vogliamo vedere Kelly che fa la doccia, agli psicologi, al Moige, al vecchio che vende le patate sotto casa mia. Molte di queste persone avranno la loro responsabilità, ma AVM non può essere considerata innocente "per non aver commesso il fatto". Prima di gridare "AVM Santa Subito", il relatore dell'articolo dovrebbe farsi un esamino di coscenza.
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« Risposta #2 il: 22 Febbraio 2008, 14:25:17 »

Il punto è quello...la responsabile era AVM perchè AVM stava in cima ..o appariva stare in cima....

Questo è il punto...un pò come l'egregio Margaria.

Certamente la nota è apologetica.

Altrettanto certamente  bisogna dire che la spinta al "taglia e cuci" non solo di serie animate nipponiche ma anche di un sacco  di serie di telefilm USA era un'andazzo dell'epoca - e non solo - ci sono intere serie stravolte ( la famosa Tata...)

 Per quanto riguarda AVM ho sempre considerato che proveniva da un'epoca in cui non esistevano proprio le coordinate pe capire gli anime e i nuovi cartoni e il loro linguaggio - molte cose si sono capite solo  anni avanti diciamolo francamente  - e poi era sottoposta agli attacchi combinati di personaggi come la ben nota Vera Slipoi...la "seconda generazione " di persone preoccupate" per i nostri bambini...la prima aveva già buttato fuori dalla Tv di stato i robottoni,la seconda completò il lavoro operando su quella privata,che guai non ne voleva....

AVM aveva certo più capacita decisionale di Margaria ma come lui rispondeva a direttori di rete che  alla fin fine volevano pochi problemi e che finivano per avere come unico e solo riferimento l'auditel

 Il progressivo abbandono dell'animazione da parte delle reti Mediaset- una volta tutte e tre la trasmettevano - ...il progressivo impoverimento di Bim Bum Bam non possiamo certo imputarlo ad AVM ma alla politica della direzione della rete...

 Poteva opporsi poco? Poteva opporsi ad Vera Slipoi avanzo dubbi...La tutela dei "bambini" è argomento formidabile...

 Ovviamente,però,essendo lei in prima linea era la responsabile  e poichè i suoi errori li ha commessi,eccome se li ha commessi, lei è diventata l'unica e sola responsabile di una catastrofe che è culminata,possiamo dirlo,con la nomina dell'Anime Fan  - tale si autodefinisce -  Fabrizio Margaria al suo posto.

 Questo ha promessso duecento cose e ne avesse mantenuto una.
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