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Autore Topic: Fan Novel. Sky of One Year War  (Letto 8458 volte)
lillnaeoaPdeeG
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« il: 23 Agosto 2011, 15:36:18 »

ok preso da uno straordinario impulso creativo ho finito anche 3 capitoli del mio fan novel (lo so che è tanto...scusate):

CAPITOLO 1
GUERRA DI UN ANNO

CUBA , GUANTANAMO BAY
EFGF HEADQUARTER FOR ATLANTIC OPERATIONS
U.C. 0079, 25 FEBBRAIO



Caldo, umidità e mosquitos. Ecco cosa era quella dannata isola. Un sole battente per tutte le ore del giorno, tranne che per quei pochi minuti di pioggia pomeridiana, e l’umidità faceva sudare ogni parte del corpo dei soldati in disperata ricerca di refrigerio. Caldo, umidità e mosquitos . Ecco cos’era diventata quella dannata isola. Dopo che Side 3 si era resa indipendente - rinominandosi Principato di Zeon e quasi annientando la flotta della Federazione - a Loum, era scattato l’allarme generale. Tutte le istallazioni militari della Federazione Terrestre erano in allerta totale, sospesi tutti i permessi, le licenze e i congedi. C’era bisogno di tutta la carne da cannone possibile per fronteggiare la nuova arma degli Zeon. Mobile Suits, Zaku, così li chiamavano: veicoli mobili di forma antropomorfa. Roba da cartone animato risalente all’Anno Domini, tuttavia sembrava che questi Zaku  avessero consegnato la vittoria in mano alla flotta zeoniana, altrimenti in netto svantaggio. Nessuno ne era a conoscenza, nessuno aveva la men che minima idea di come avessero fatto a svilupparli, fanculo l’Intelligence. Giganti di metallo, ciclopi da guerra così li avevano descritti, armature di titanio che abbattono corazzate Magellan in pochi colpi. Veloci, versatili e letali, impossibili da abbattere per una nave grossolana come un incrociatore Salamis. I soldati di stanza sulla Terra pensavano solamente che quelli della Earth Federation Space Forces erano dei rammolliti, troppo abituati all’aria filtrata e all’assenza di gravità di una nave per capire cosa significasse un vero combattimento. Loro della 82° Aviotrasportata Atlantica li avrebbero attirati dritti dentro l’atmosfera terrestre , li avrebbero intrappolati dentro la gravità e gli sarebbero piombati dall’alto come delle aquile. D’altronde il loro stemma era quello. Un aquila bianca su fondo nero. Eredi della gloriosa 82° Ariborne della ex-US Army non si sarebbero fatti battere dal primo spazionoide con un complesso di superiorità. Newtype un corno. Non hanno fatto altro che usare un pretesto per instaurare una dittatura , come tante altre che la Federazione aveva abbattuto, con le buone o le cattive, per instaurare il nuovo ordine mondiale. Non sarebbe andata diversamente, la Federazione avrebbe reagito, loro si sarebbero spaventati e sarebbero tornati con la coda fra le gambe nel loro maledettissimo contenitore orbitante. Altro che superiorità degli emigranti nello spazio, altro che evoluzione naturale della specie, altro che indipendenza delle Colonie. Gli Zabi volevano una e una sola cosa: potere. Ma li avrebbero sconfitti, lì sul loro suolo, con il loro sudore e il loro sangue e, volendo, lanciandogli contro un orda di Mosquitos. C’era una ragione per cui erano della Federazione Terrestre. La Terra era loro, solo loro, nessuno gliela avrebbe sottratta. Il vento stava cambiando, ora arrivava dal mare, portando il tanto agognato refrigerio. Nell’arco di mezz’ora si sarebbero addensate nubi cariche di umidità e acqua e poi avrebbe piovuto. A quel punto tutti i soldati, gli ufficiali, i piloti e le dolci crocerossine dell’infermeria  si sarebbero tolti l’uniforme e si sarebbero goduti la frescura portata dalla pioggia, avrebbero cantato e ballato, avrebbero cenato in mensa e si sarebbero ubriacati con il miglior rum cubano. Dio benedica il rum e quella anima pia di Luìs che ogni sera approvvigionava il campo con il nettare, chiaramente facendosi pagare fior di quattrini. Se giocava bene le sue carte magari avrebbe anche trascorso la serata in compagnia di una di quelle crocerossine dalla spigolosa e sensuale bellezza caraibica. E poi sarebbe ricominciata. Alzabandiera, colazione, esercizio fisico, esercizio di volo con i TIN Cod e così via. Almeno finchè non sarebbero arrivati gli Zeon. Lì la faccenda si sarebbe fatta interessante. Non che avesse un particolare interesse ad uccidere o a combattere, semplicemente non aveva nient’altro da fare. Almeno non sarebbe morto in una rissa da bar come aveva predetto il suo insegnante di volo all’accademia di Cheyenne, sarebbe morto facendo la cosa giusta, sarebbe morto portandosi dietro parecchi nemici. Almeno di questo era sicuro. Di questo, e del volo. Se c’era una cosa che amava era il volo. Quella sensazione sia di libertà sia di profondo pericolo, era l’ambizione ultima dell’essere umano, essere completamente privo di legami, sfidando le proprie paure e la forza di gravità. Il suo caccia-bombaridere TIN Cod era la sua spalla ed il suo migliore amico, con lui condivideva vita e morte, vittoria e sconfitta. Stava incominciando a piovere, si affrettò verso l’edificio di comando e salita una rampa di scale si fermò davanti all’ufficio del Colonnello. “Tenente Marco Rodriguez, 82° Aviotrasportata, a rapporto signore.”
“Entri pure, tenente.” Rispose la voce da dietro la porta. Il Colonnello Cameron era il direttore di tutta la baracca, se per baracca si può intendere una base stabile delle Forze Federali Terrestri. Era un buon ufficiale, in ottimi rapporti con i papaveri del comando centrale a Jaburo grazie alla sia ferrea determinazione e alla stretta osservanza degli “ordini dall’alto”, tuttavia non aveva mai dimenticato che anche lui era stato un semplice pilota e quindi trattava i suoi uomini con il massimo rispetto. Sapeva cosa passava la normale “carne da cannone” e più di una volta Rodriguez aveva evitato di essere messo ai ferri grazie all’intervento del colonnello. Il Tenente entrò nell’ufficio del comandante trovandovi un estraneo seduto di fronte alla scrivania dell’alto ufficiale, era vestito con una singolare uniforme nera bordata in oro. “Tenente mi permetta di presentarle il Maggiore Hari David dei Servizi di Sicurezza e Controspionaggio.” «Di bene in meglio - pensò Rodriguez - Servizi Segreti, non fanno più i superiori dopo la figuraccia di Loum.»
I Servizi Segreti della Federazione erano l’agenzia più temuta e letale all’interno dell’apparato militare federale, al suo interno operavano i migliori agenti della sfera terrestre, gli eredi di Servizi storici come la CIA, l’MI6, il KGB ed, ovviamente, il Mossad israeliano. “È un privilegio conoscerla Maggiore, non che abbia avuto molto a che fare con voi dell’Agenzia.” Disse il Tenente mentre si accomodò sull’altra sedia disponibile. La stanza del colonnello era relativamente scarna nonostante l’ampiezza, un altro dei privilegi del grado. Sulle pareti campeggiavano riproduzioni artistiche di aerei a dir poco medievali, tuttavia il colonnello se ne era sempre vantato come se ne avesse pilotato uno.  “Supermarine Spitfire, un gioiello della fu Royal Air Force, il miglior aereo da caccia per i suoi tempi.” Diceva il colonnello. Per il resto l’ufficio presentava una poltrona per l’ufficale dietro ad una scrivania con molte scartoffie ed un finestrone che si apriva sulla vista della baia. “A quanto sembra tenente avrà parecchio di più a che fare con noi di questi tempi. Lei, assieme alla sua squadra ed ad altre sempre dell’82esima, farà parte di una guarnigione di rinforzo da inviare al più presto sul continente americano. Obbiettivo: mantenere la Costa Ovest, riteniamo che questa sarà la principale testa di ponte zeoniana.” Disse il maggiore David. La sua faccia era terribilmente difficile da decifrare, un concentrato di tutte le emozioni possibili, sembrava di guardare il volto di un leopardo pronto per la caccia, e la sua carnagione olivastra non faceva altro che accentuare l’aura di segretezza che emanava. “Agli ordini Maggiore, ma i mobile suit non rappresenteranno più che un problema, soprattutto dopo quello che abbiamo visto a Loum?” Espresse il suo dubbio Rodriguez, di certo non ci teneva ad essere inviato al fronte e di far parte ad una difesa suicida, avrebbe almeno voluto avere qualche chanche di abbattere qualche zeoniano. “Secondo le informazioni raccolte dal maggiore i moblie suit saranno estremamente inefficaci nel combattimento a terra. A quanto sembra sono stati progettati per agire a gravità zero sfruttando l’assenza di peso come vantaggio rispetto alle più tozze e grossolane navi da guerra spaziali. Al suolo la loro mobilità si ridurrebbe di un considerevole cinquantatre per cento.” Replicò stavolta il colonnello. “Bene signore mi avete convinto, dunque non ci resta che aspettare che facciano il passo più lungo della gamba?” Chiese il tenente. “Il piano è questo, nessuno fa cadere una colonia sulla Terra e rimane impunito.” Era l’arma di distruzione definitiva, la casa dell’umanità nello spazio che veniva utilizzata contro la stessa umanità nella sua casa di origine. Operazione British l’avevano chiamata gli zeoniani, genocidio, così lo chiamava lui. Avevano catturato una colonia di Side 5 fedele alla Federazione e ne avevano sterminato i cittadini per poi lanciarla verso la superficie terrestre nel delirante tentativo di distruggere Jaburo. Soltanto il provvidenziale intervento della flotta che aveva bersagliato per giorni la colonia evitò il disastro, tuttavia la Terra non fu risparmiata e la colonia cadde sulla città australiana di Sidney uccidendo milioni di innocenti istantaneamente. Da quel momento in poi, per il tenente Rodriguez diventò una faccenda personale. Il colonnello esplicò la strategia calando uno schermo che coprì il finestrone. Dal soffitto si distaccò un proiettore che mostrò la pianta di una zona urbana.“Il suo compito è di scortare gli aerei da trasporto Medea e Don Escargot  sino al porto militare di Philadelphia, dove si organizzerà una difesa a reticolo. Intendiamo costringere i mobile suit in uno stretto spazio urbano dove si troveranno impacciati per la loro stazza. Al contrario i nostri mezzi più piccoli ed adatti al combattimento nelle strade li attireranno verso quelle che noi abbiamo chiamato red pits dove il fuoco incrociato delle batterie di missili che impianteremmo li eliminerà definitivamente. Il suo compito tenente, assieme a quello del suo stormo, sarà quello di tenere le forze aeree di zeon occupate mentre noi procediamo con le operazioni di terra. Tutto chiaro?” Quella strategia non gli piaceva per niente, era troppo lasciata al caso e alla superiorità numerica dell’esercito federale ma la sua voglia di farla pagare agli Zeon era troppa. “Inteso signore. Con permesso, vado ad aggiornare i miei piloti.” Disse il tenente, ansioso di portare ai suoi uomini la notizia che stavano per passare all’azione. Aveva sempre ammirato la forza di volontà che contraddistingueva il suo squadrone, il volare li caricava di nuova linfa vitale. L’Arrow Team era il migliore dell’82esima, ed esserne il comandante ne era al contempo un onore ed una forte responsabilità; sentiva il peso di ognuna delle vite che gli erano affidate, sentiva di dover riportare alla base ognuno di quelle giovani teste calde, doveva essere il loro leader e il loro guardiano mentre sfrecciavano nel cielo. Uscì dall’edificio di comando attraversando nuovamente il campo di aviazione. Già le prime nuvole si stavano addensando. Raggiunse in fretta la sala comune trovando i suoi wingmen che si accanivano con un videogioco di simulazione aerea. “D’accordo femminucce basta bruciarsi i neuroni con questo schifo, è ora che assaporiate un po’ di forza G sul petto. Tra poco ci impacchettano e ci mandano dritti contro gli Zeon.” Esordì Rodriguez. Gli rispose Andrea “Andy” Miliardo, un giovane italiano dalla lingua troppo lunga ma dalla vista fenomenale: “Questa è una notizia signore! Finalmente gli faremo assaporare un po’ di sana polvere terrestre a quegli spazionoidi.” Gli rispose Simon “Bolt” Frederich, un vissuto pilota tedesco. Il suo caccia aveva visto più riparazioni e rattoppamenti di tutti gli altri messi assieme: “Frena gli animi verrückt di un Italiano. Hai visto cos’hanno combinato alla flotta spaziale.“. Quei momenti erano fondamentali per la squadra, caricavano gli animi e univano il gruppo, e questo Rodriguez lo sapeva e per questo lasciò che l’animosa discussione continuasse per altri minuti finche non terminò lo scroscio di pioggia. Dopo essersi congedato dai suoi piloti si avviò verso il suo dormitorio. L’aria si era rinfrescata e ora passeggiava piacevolmente sulla terra battuta della pista, tuttavia non riusciva ad eliminare quel senso di disagio allo stomaco. Aveva un brutto presentimento, come se il cielo gli stesse per cadere addosso.

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« Risposta #1 il: 23 Agosto 2011, 15:37:39 »


CAPITOLO 2
TIN COD

STATI UNITI, PHILADELPHIA
EFGF MILITARY HARBOUR
U.C. 0079, 5 MARZO

Fuoco, fumo e grida. Dopo appena cinque giorni di combattimenti l’est Europa aveva capitolato sotto il martello di Zeon. Dopo aver lanciato una colonia sulla superficie terrestre ed aver completamente annientato la città di Sidney ora gli zeoniani erano passati alla grande offensiva. Sbarchi multipli nell’atmosfera. Prima Odessa, dove avevano sbaragliato le forze di stanza in est Europa, adesso il nord America. Avevano preso la costa ovest e la est, ora attaccavano il loro Quartier Generale, e vincevano. La carta vincente era, ancora, lo Zaku. Il tenente non aveva mai avuto scontri diretti con i mobile suit, ma riusciva a farsi un’idea di quanto quelle armi fossero letali dai dispacci che giungevano dal fronte europeo: interi avamposti spazzati via, plotoni di carri Type 61, per ironia della sorte rinominati “re delle lande”, eliminati da un pugno di Zaku. Anche se indirettamente, quello spettacolo era terrificante. Tutta la strategia della Federazione si era rivelata sbagliata, avevano adattato gli Zaku anche al combattimento a terra. Così imparava a fidarsi dei Servizi Segreti. Lo sbarco era avvenuto poche ore prima lungo tutte le coste del nord America, gli Zeon erano arrivati dal cielo a bordo di grossi gusci a forma oblunga chiamati HLV. Questi pod venivano lanciati dallo spazio e quando atterravano eruttavano tutto il loro potenziale. Carri Armati classe Magella, Soldati e soprattutto Mobile Suits. Armi Antropomorfe le chiamavano, ma quei giganti avevano poco di antropomorfo se non il fatto di avere quattro arti ed una testa. Era tozzo e asimmetrico, il petto che ospitava il pilota era grosso e bombato mentre le articolazioni delle braccia erano coperte da uno scudo laterale sul lato destro ed una spalla corazzata con degli spuntoni sulla sinistra. La testa era piccola e minacciosa, a forma di maschera anti-gas con un singolo occhio-telecamera che scrutava il campo di battaglia. Tuttavia la vera potenza dello Zaku risiedeva nelle sue possenti gambe, corazzate e dotate di jet vernieri sotto il piede che consentivano una mobilità ed una agilità straordinaria. Sotto tutti i punti di vista il mobile suit zeoniano era superiore ad ogni altra macchina da guerra. L’allarme era suonato quasi subito dopo i primi sbarchi e, prima ancora che i soldati si potessero organizzare, le truppe zeoniane erano già alle porte della città, devastando le unità di avanguardia, il cui unico supporto corazzato era il fiero ma obsoleto carro armato bi-cannone Type 61. Fu ordinata la mobilitazione generale. Il tenente dovette prepararsi in tutta fretta e correre all’hangar assegnato per incontrare i suoi piloti. Quando uscì dal dormitorio si ritrovò nel vero e proprio caos. In lontananza si scorgevano minacciose nuvole nere e lontani tuoni di artiglieria mentre nella base si affollavano uomini e mezzi, tutti diretti alle proprie posizioni, tutti pronti a dare la vita per tenere quella linea difensiva. Corse in tutta fretta verso la zona degli hangar dove il personale tecnico stava ultimando i preparativi per il decollo dei caccia. La sua squadriglia era già pronta per il decollo, erano lì riuniti anche loro, pronti a dare la vita per la loro Terra. “Ok Arrow Team, ve la farò breve: i cattivi ragazzi sono arrivati e la nostra fanteria al fronte sta passando dei brutti quarti d’ora. Montiamo in sella e andiamo a far esplodere qualche culo spazionoide.” Non era il miglior discorso motivante ma c’era poco tempo per i sentimentalismi. “Signorsì, signore!” Urlarono all’unisono i piloti, e si diressero verso i loro velivoli. Prima di montare Rodriguez accarezzò la carlinga del suo TIN Cod, il caccia bi-reattore lo aveva accompagnato sino a quel momento, con la sua particolare sagoma quadrangolare e le ali modulari il TIN Cod era la massima espressione della tecnologia aereo-spaziale della Federazione. Armato con una coppia di mitragliatrici binate da venticinque millimetri ed una coppia di tubi lancia missili, il caccia era estremamente letale nei combattimenti ad alta velocità. “Ci siamo non deludermi proprio adesso.” Sussurrò al suo aeroplano, come se potesse prendere vita, almeno avrebbero volato insieme fino alla fine, più legati di due fratelli, sul filo del coltello, fra la vita e la morte. I motori dei suoi compagni erano già caldi ed alcuni già stavano rollando sulla pista. Non c’era tempo da perdere, indossò il casco e si infilò nella cabina e mentre il tessuto in lattice del sedile assorbiva il peso del suo corpo raggiunse uno stato di calma stoica, che gli permise di focalizzarsi al meglio su tutte le manovre che aveva messo in pratica. Era la quiete prima della tempesta. Il tettuccio venne richiuso da un’inserviente e nel suo casco gracchio una voce dalla radio: “Gold Arrow, decollo immediato!”. Era il segnale. Spostò il suo jet sulla pista principale ed accese i motori che fecero sentire tutta la loro potenza in un rombo assordante. “Gold Arrow, decollo!” Annunciò il tenente. Spostò la manetta tutta in avanti ed il jet prese velocità lungo la pista sino a decollare. Per quanto la tuta anti-G assorbisse gran parte della reazione all’improvvisa accelerazione Rodriguez faticò a respirare durante gli attimi del decollo per il forte peso che gli opprimeva il petto. Una volta in volo raggiunse la quota e si mise in formazione alla testa dei suoi compagni. Riuscì a scorgere qualche lembo di terreno mentre volava. Sembrava quasi che la guerra non fosse ancora giunta nella prospera città di Philadelphia, ma gli bastò guardare avanti per accorgersi quanto a delimitare guerra e pace ci fosse solo una sottile linea rossa. Loro quella linea rossa la potevano scorgere, gli Zeon avanzavano inesorabilmente, distruggendo tutto sul loro cammino. “D’accordo ragazzi, togliete la sicura alle armi.” Ordinò il tenente alla sua squadriglia, riuscendo quasi a sentire la presenza del nemico nelle vicinanze. “Gold Arrow, qui Arrow 4 – era Bolt – non riesco ad avere nessuna lettura radar, ci sono solo scariche di statica sul mio monitor.” «Nessuna lettura radar? » Certo in quella guerra gliele stavano capitando di tutte. “Ricevuto Arrow 4, ho lo stesso problema anch’io -disse Rodriguez controllando il suo monitor radar - vediamo di non pensarci. Un essere superiore ci ha dotato di una vista con gli undici decimi, vediamo di non sprecarla, ricevuto?” Combattimento a vista, non proprio una situazione da manuale, volavano praticamente alla cieca sulla lunga distanza. Non sapevano da dove il nemico li avrebbe attaccati né potevano comunicare con il Centro di Comando. Erano soli nelle vastità del cielo. “Ricevuto Gold Arrow, decelero e passo al volo a vista, passo e chiudo … Scheiße.“ Ormai erano a pochi chilometri dal fronte terrestre, possibile che gli Zeon non avessero supporto aereo? Sarebbe stato troppo facile, tuttavia non poteva rimanere ad aspettare. “Qui Gold Arrow a tutta la squadriglia, abbassarsi di quota e procedere ad una ricognizione del terreno.” Il suo piano era semplice: dare filo da torcere agli Zaku in modo che la fanteria li potesse eliminare secondo la strategia.
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« Risposta #2 il: 23 Agosto 2011, 15:38:06 »

Strategia che si era leggermente andata a farsi fottere in quella situazione, quindi il tenente Rodriguez si accollò il compito della divisione corazzata. Tuttavia appena si abbassò di quota la vista lo shockò. Tutta la zona suburbana di Philadelfia era ridotta in macerie. Certo si era aspettato qualche edificio abbattuto, incendi e proiettili che fioccavano lungo la linea di fronte. La situazione non poteva essere più diversa: ogni casa, edificio e palazzo era stato ridotto ad un cumulo di macerie fumanti e gli Zaku avanzavano senza sosta, facendosi strada fra la fanteria federale, ormai in rotta. “Gold Arrow credo di vedere qualcosa in volo a ore undici. Non riesco a capire se sono amici ho nemici ma sono in rapido avvicinamento.” Disse Andy. «Perfetto» pensò il tenente. Se era arrivato il supporto aereo Zeon la situazione si sarebbe complicata notevolmente. Lo stormo di cui faceva parte l’Arrow Team non sarebbe stato più in grado di fornire supporto a terra e, anche se era un pensiero che odiava, avrebbero avuto delle perdite riducendo il loro potenziale d’attacco, inoltre, una volta finito il combattimento, sarebbero dovuti ritornare alla base per rifornirsi di carburante e munizioni. Tuttavia non era quello il momento di pianificare, il nemico era a portata ed il suo dovere di soldato gli imponeva di combattere. “Qui Gold Arrow a tutti i capi squadriglia, abbiamo avvistato apparecchi ostili in avvicinamento a ore 11. Ci prepariamo ad ingaggiare.” Riferì Rodriguez al resto dello stormo. “Affermativo Gold Arrow, ci uniamo alle danze.” Rispose una voce nella radio che non conosceva. Probabilmente un pilota di un altro battaglione.
Rodriguez prese fiato, strinse le mani intorno alla cloche e si concentrò sulle figure degli aerei nemici. “Arrow Team, engage!” I jet si misero in formazione serrata e partirono all’attacco, i motori rombarono e le sicure dei missili vennero disattivate, mentre i piloti si preparavano al combattimento. La responsabilità dell’interferenza con i rada era la dispersione di particelle Minovsky, particelle subatomiche che venivano emesse dai motori termonucleari ultracompatti Minovsky-Ionesco che davano energia ai Mobile Suits. Il Reattore Minovsky-Ionesco era il primo reattore nucleare senza emissione di scorie che utilizzava un raro isotopo dell’elio per avviare reazioni di fusione nucleare che come unico scarto emettevano una particolare particella elementare chiamata, appunto, particella Minovsky. Questo nonostante danneggiasse le più arretrate Forze Federali dava un considerevole vantaggio tattico ai piloti terranoidi sui piloti zeoniani meno addestrati al combattimento a vista, tuttavia anche i Dopp Fighter di Zeon notarono la formazione di TIN Cod e si lanciarono, seppur in ritardo, all’attacco. Tale ritardo risultò tuttavia fatale poiché i computer di mira dei jet federali avevano ormai agganciato i caccia nemici ed una salva di missili si abbatté su di loro come un martello sull’incudine. Nonostante le fragorose e spettacolari esplosioni che devastarono le formazioni zeoniane strapparono un grido di trionfo ai piloti federali, il tenente Rodriguez rimase concentrato sul bersaglio poiché stava per iniziare la fase più pericolosa e letale di un combattimento aereo: quello che veniva comunemente chiamato dogfight, ovvero lo scontro di formazioni aeree opposte che si affrontavano a corta distanza. Gli zeoniani avevano impiegato poco tempo a riprendersi dal colpo iniziale ed avevano accelerato lanciando a loro volta una salva di missili, tuttavia i piloti federali erano pronti ad evitare il contrattacco per poi lanciarsi nella letale danza del combattimento. “Arrow Team rompere la formazione, disperdersi ed agganciare un bersaglio. Via!” Ordinò il tenente, pronto ad effettuare una manovra evasiva a danno di una testata diretta contro di lui per poi alzare l’angolo del muso del suo caccia ed eliminare con una scarica di mitragliatrice il Dopp in avvicinamento. I Dopp Fighter erano i caccia atmosferici di ordinanza del principato ed a differenza della loro controparte federale si presentavano con una forma triangolare molto  fina con l’abitacolo abbastanza ampio rialzato rispetto al corpo del caccia. Anche le armi, che consistevano in una coppia di tubi lanciamissili ed una coppia di mitragliatrici gatling, erano montate sul telaio piuttosto che essere innestate nella fusoliera. Questa conformazione molto particolare donava al caccia una capacità di manovra straordinaria, tuttavia ne faceva un facile bersaglio per i più eleganti caccia federali. Nel cielo sopra Philadelphia si era scatenato il caos, i jet si entrambe le fazioni si inseguivano e combattevano in un tripudio di stridii dei motori e rombi delle esplosioni. Rodriguez non riusciva nemmeno ad immaginare il massacro che stava avvenendo al suolo. Nella confusione dopo il primo contatto era riuscito ad evadere due Dopp che gli puntavano contro  ad armi spianate, eliminando il suo gregario che gli si era accodato. Normalmente avrebbe effettuato una virata ed avrebbe vendicato il suo compagno eliminato dagli incoscienti piloti nemici, tuttavia la situazione già era abbastanza disperata e non intendeva farsi prendere da frenesie eroiche che lo avrebbero solo condotto al cimitero. Piuttosto si era messo in coda ad un jet zeoniano che aveva ingaggiato un pilota federale. Certo non era il momento di essere sentimentali, ma se poteva aiutare un suo compagno non si sarebbe mai tirato indietro. Intuendo che il pilota in pericolo l’aveva notato, il tenente si uniformò alla sua traiettoria ed agganciato il fighter nemico fece partire una coppia di missili che volarono veloci verso il nemico. Il pilota zeoniano non ebbe nemmeno il tempo di lanciare le esche anti-missile data la vicinanza dei due caccia, ed il suo mezzo esplose in una palla di fuoco.
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« Risposta #3 il: 23 Agosto 2011, 15:38:27 »

Anche i suoi compagni ce la stavano mettendo tutta nel combattimento. Poteva quasi vedere Bolt e Andy, i suoi migliori elementi, coordinarsi nella loro personale tattica battezzata come il novellino. Ogni volta era una lotta tra i due per decidere chi si sarebbe addossato  la parte del novellino per attirare i piloti nemici affamati di successi per poi essere ripagati con la stessa moneta. Per questo motivo i due avevano un canale radio privato in cui potevano consultarsi, o meglio insultarsi pensò Rodriguez, senza importunare gli altri piloti concentrati nel volo. Mentre il tenente si figurava i due che bisticciavano come dei bambini un Dopp gli si mise in coda. Per quanto il nemico tentasse di abbatterlo con i colpi di gatling l’esperto tenente riuscì sempre a evitare i proiettili, quindi decise di disimpegnarsi effettuando una manovra Immelman, che consisteva in un mezzo giro della morte con un successivo avvitamento per riportare l’aereo in linea con il suolo. Era una manovra sufficientemente ardita tuttavia Rodriguez riuscì ad eseguirla con maestria e sangue freddo. Il pilota zeoniano, sorpreso dalla manovra del suo avversario che credeva di avere ormai in pugno, si distrasse il tempo sufficiente per permettere ad un altro pilota federale di crivellare il telaio del suo caccia, tuttavia ebbe il tempo di espellersi dalla cabina e mettersi in salvo con paracadute. «Tanto meglio per lui.» Pensò il tenente che, nonostante covava un profondo disprezzo per gli Zeon, non dimenticava mai che si trattavano di Esseri Umani. Nonostante un’iniziale situazione favorevole per i piloti federali la situazione si stava ribaltando. Grazie alla superiorità numerica i piloti zeoniani stavano iniziando a pareggiare i conti con i loro avversari terranoidi, ulteriormente la situazione della fanteria era ancora più disperata, ormai le teste di ponte della milizia di Side 3 avevano oltrepassato la periferia ed entravano nell’area urbana. Mentre il tenente Rodriguez cercò vanamente di aiutare un suo compagno stretto tra i fuochi di due caccia nemici nelle cuffie della sua radio risuonò la voce profonda dell’italiano. “Gold Arrow, qui Gold Tre il tedesco mi ha fregato di nuovo, ma la cosa potrebbe essere divertente in fondo. Proviamo come se la cavano quei nuovi Zaku contro il vecchio Novellino, eh tenente?” Nell’udire quelle parole Rodriguez si sentì profondamente orgoglioso del coraggio dei propri uomini nel voler andare a soccorrere i loro camerati appiedati in balia delle Armi Mobili di Zeon, e fino a quel momento il novellino aveva funzionato egregiamente. “D’accordo Gold Tre, tu e Gold Due ingaggiate il Mobile Suit nemico, io vi copro le spalle da eventuali ospiti indesiderati.” E per ospiti indesiderati Rodriguez intendeva qualche pilota zeoniano che avrebbe potuto intralciare la manovra. Senza neanche aspettare che il tenente finisse la frase i due europei puntarono il muso dei loro apparecchi verso il terreno picchiando sino a raggiungere la linea di tiro di uno Zaku particolarmente avanzato rispetto agli altri. Il piano dei due veterani dell’aria era il solito, attirare il fuoco su di uno dei due e mentre il nemico era distratto sopraggiungeva il gregario che lo abbatteva cogliendolo di sorpresa; nella variante Mobile Suit appena studiata Andy avrebbe volato il linea retta verso lo Zaku per poi virare appena questo avrebbe aperto il fuoco, in quel momento Bolt avrebbe lanciato due missili dall’alto con l’intenzione di colpire la testa del Mobile Suit. Il tenente Rodriguez osservava la scena dall’alto, vide Andy mettersi in posizione tale da sembrare un kamikaze, vide lo Zaku che si accorgeva del pericolo mentre Bolt inclinava il muso del suo caccia verso il capo dell’arma antropomorfa, tuttavia il pilota dello Zaku si comportò in maniera diversa: invece di fare fuoco immediatamente scartò a sinistra, solo a quel punto, quando Andy aveva superato il punto di non ritorno, troppo veloce per modificare la sua traiettoria curvilinea, aprì il fuoco con la sua mitragliatrice devastando l’aereo di Andy. Rodriguez aveva appena perso uno dei suoi migliori elementi ed era ricolmo di odio per quegli insolenti spazionoidi che avanzavano pretese sulla Terra, uccidendo i suoi commilitoni senza pietà, tuttavia riuscì a mantenere il sangue freddo e a convogliare la sua rabbia in una determinazione ancora più forte. Bolt, al contrario del suo tenente, esplose in un urlo di rabbia e si gettò in picchiata verso lo Zaku che aveva ucciso Andy. Prima ancora che il suo computer d’attacco potesse agganciare il Mobile Suit nemico il pilota tedesco ,infuriato, lanciò una coppia di missili, il primo mancò lo Zaku mentre il secondo esplose sul lato sinistro del Mobile Suit, rendendo il suo braccio inutilizzabile. Lungi dall’essere sconfitto il pilota zeoniano abbandonò la mitragliatrice ed estrasse la Heat Hawk un arma corpo a corpo simile ad un ascia ricoperta di un materiale che diventava incandescente, aumentandone la capacità di taglio. Rodriguez intuì la mossa successiva del Mobile Suit di Zeon, gettandosi anche lui in picchiata e lanciando due missili con il solo scopo di impedire allo Zaku di compiere il balzo che sarebbe stato fatale a Bolt, permettendo a quest’ultimo di cabrare e mettersi in salvo all’ultimo momento. “Bolt, Bolt ascoltami anch’io sono incazzato nero con quei bastardi per Andy ma ora non posso permettermi di perdere anche te, rimettiti in formazione con me ce ne stiamo…Cristo! Hanno abbattuto anche Blue Leader – gli zeoniani erano troppo numerosi ed i piloti federali troppo stanchi per continuare il combattimento, come unico caposquadriglia rimasto Rodriguez decise di ordinare la ritirata – a tutte le ali qui Gold Arrow, situazione insostenibile, ci ritiriamo!” Nonostante qualche recriminazione, tutti i caccia federali invertirono la rotta e lo seguirono diretti al Comando. Fu sulla via del ritorno, quando ormai il sole calava sulla città di Philadelphia che il tenente si rese conto della disfatta che stavano subendo. Evacuavano il porto militare di Philadelphia. Le forze di terra erano in rotta e gli alti papaveri tentavano di salvare il salvabile con una evacuazione di massa verso Jaburo, il Quartier Generale assoluto delle Forze Armate della Federazione. Gli Zaku procedevano attraverso la città, le tattiche usuali di guerriglia urbana non funzionavano: i proiettili non li scalfivano nemmeno ed i missili venivano facilmente evitati dalla versatilità dell’arma mobile. Procedevano ad armi spianate, utilizzavano una mitragliatrice con i proiettili di un cannone di artiglieria, se incontravano resistenza da un edificio, semplicemente lo abbattevano a forza di 120 millimetri. Erano dei mostri, avanzavano sopra tutto: palazzi, carri armati, soldati e civili. Le forze federali non erano altro che delle formiche in balia di un bambino sadico. E lui da sopra nei cieli poteva fare poco, la sua squadriglia era bloccata dai Dopp zeoniani. Doveva ammetterlo, erano dei gran piloti. Aveva visto i suoi migliori elementi andare in battaglia senza paura, sicuri di poter ricacciare gli zeoniani nelle profondità spaziali con la sola forza del loro entusiasmo. Non tornavano. Ora il porto al tramonto era uno spettacolo pirotecnico di esplosioni, fumo e fuoco che oscuravano il Sole nelle sue ultime ore. Uno degli Zaku aveva raggiunto il porto proprio di fronte alla portaerei Enterprise. Compiuto un balzo ed era atterrato sulla portaerei. “ha saltato ed è atterrato su una portaerei, ma che diavolo di macchina hanno fabbricato?” Si chiese incredulo il tenente. Il mobile suit era atterrato sul ponte di lancio della nave devastandone la coperta, mentre il metallo si piegava sotto il tremendo peso della macchina. Dopo alcuni passi incerti, lo Zaku guadagnò l’equilibrio e si mosse verso la plancia della nave, il monoeye puntato come un faro di morte. Poteva quasi sentire le grida degli ufficiali che tentavano vanamente di mettersi in salvo mentre la temibile arma del mobile suit veniva puntata verso il ponte. Non avevano scampo,  e Rodriguez non poteva farci niente, il suo angolo di attacco non era sufficiente per abbattere lo Zaku, e se pure avesse messo a segno un colpo fortunato il Ciclope sarebbe esploso sopra il ponte della nave, cambiando di poco il risultato, con la sola sicurezza di farsi uccidere. “Bastardi, non vi prenderete l’Enterprise, vi spedirò in fondo al mare!”. Millis. Millis aveva ceduto alla pressione e gli erano saltati i nervi. Aveva spinto il suo Tin Cod alla massima accelerazione compiendo una parabola verso lo Zaku, sperando di attirare il suo fuoco per poi eliminarlo con un missile in testa. Conosceva troppo bene gli Zeoniani e i loro movimenti con i mobile suit per dare anche una minima chance a Millis. Lo Zaku attivò i suoi reattori vernieri portandosi al di sopra della traiettoria del caccia, sfruttando la sua impossibilità di virare ad una così alta velocità  il mobile suit portò la canna della sua mitragliatrice verso il basso tempestando di colpi il velivolo di Millis. Non ci fu niente da fare, il ragazzo era andato prima ancora di poter pensare ad una plausibile via di uscita dalla situazione in cui si era cacciato. Tuttavia l’azione azzardata del pilota dava al tenente Rodriguez una chance per eliminare il mobile suit nemico. Lo Zaku era rimasto sospeso in aria per alcuni secondi per essere matematicamente certo di aver eliminato l’avversario, ora era inevitabilmente in caduta verso il ponte della nave. Rodriguez calcolò che il pilota zeoniano doveva essere concentrato nell’atterrare sul ponte instabile di una portaerei semi distrutta. Se avesse giocato bene le sue carte avrebbe potuto salvare l’Enterprise. Tagliò verticalmente l’asse e si portò in linea con il punto in cui lo Zaku avrebbe dovuto piegare le gambe per atterrare più facilmente. Pochi secondi prima che le gambe del mobile suit entrassero nella sua mira sganciò due missili aria-aria che andarono a colpire la giunzione delle gambe con il bacino. Il pilota dello Zaku si accorse troppo tardi della manovra di Rodriguez e sia per gli ingenti danni provocati dall’impatto sia dal contraccolpo dell’esplosione, il mobile suit perse l’equilibrio cadendo verso le acque. Lo Zaku ebbe solo il tempo di esplodere un paio di colpi verso il cielo prima di finire fragorosamente in mare, dove velocemente andò affondando. Il ponte di lancio della portaerei si riempì di acqua sollevata dalla caduta dello Zaku che provvidenzialmente spense gli incendi a bordo. Così l’Enterprise era salva e mentre Rodriguez atterrava sul ponte dell’Endenavour riuscì a lanciare un ultimo sguardo alla costa di Philadelphia. Il mare aveva fermato gli zeoniani, ma ora possedevano i due terzi della loro Terra.
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« Risposta #4 il: 23 Agosto 2011, 15:39:19 »

CAPITOLO 3
MEDEA

CUBA, GUANTANAMO BAY
EFGF HEADQUARTER FOR ATLANTIC OPERATIONS
U.C. 0079, 11 MARZO

Calore, metallo e mare. Il mare aveva fatto da barriera per poco tempo. Nonostante la Federazione Terrestre avesse la superiorità marittima grazie alla sua maggiore esperienza nelle battaglie navali, appena le flotte si avvicinavano alla costa venivano spazzate via. Dopo pochi giorni di calma, in cui la Federazione aveva potuto raggruppare e riorganizzare le sue forze nel continente Sudamericano e Africano, gli Zeon oltrepassarono il muro d’acqua attaccando le isole caraibiche. Nessuna si era salvata: Jamaica, Haiti, Puerto Rico, Bermuda, avevano tutte capitolato opponendo una scarsissima resistenza. Tutto questo era umiliante per la Federazione, abbattuta dagli Zaku di Zeon, ma non sconfitta, e tra i soldati giravano molte voci: si parlava di organizzare un contrattacco, di mirare direttamente a Side 3 ed eliminare la patria stessa di Zeon, addirittura si parlava di un progetto segreto della Federazione per produrre un Mobile Suit cinquanta volte superiore ad uno Zaku. Per Rodriguez queste erano solo voci e come tali le trattava. Per il momento era occupato ad effettuare ricognizioni per scovare eventuali tracce di un attacco Zeon diretto verso la base. Il colonello Marshall aveva ordinato di impacchettare il più possibile e di evacuare, evacuare sulla stessa portaerei che aveva salvato: l’Enterprise che, trainata sino a Guantanamo Bay, stata faticosamente rimessa in sesto i suoi meccanici. Quella nave, assieme all’Endenavour e alle fregate Babylon e Detroit, li avrebbe evacuati sino alla loro nuova base, la cui località viene tenuta segreta a tutti, esclusi gli alti ufficiali. “Torre Guantanamo, qui è Gold Arrow, ricognizione terminata richiedo il permesso di atterrare”. «Nulla di nuovo sul fronte occidentale» pensò mentre attendeva la conferma dalla torre. “Permesso accordato Gold Arrow, torna al  nido.” Gracchiò la voce dell’addetto agli atterraggi. Quella situazione di troppa calma gli dava fastidio, di certo gli Zeoniani avrebbero attaccato, ma sino a quel momento non ve ne erano tracce. Era come un film horror: sapeva che qualcosa di brutto doveva accadere, ma non sapeva ne dove ne quando, e questo non faceva che aumentare la tensione. Dopo pochi minuti di volo in linea retta avvistò dapprima le navi della flotta in rada, e successivamente la pista. Dopo una breve manovra di avvicinamento planò dolcemente sulla pista e, una volta fermatosi, affidò il suo caccia alle cure dei meccanici. Questi lo caricarono su di un camion che si diresse verso l’Enterprise.  Si concesse una breve pausa nel suo alloggio della base. Doccia, uniforme di servizio fresca ed una bevanda leggermente alcolica. Stava per avviarsi alla torre di controllo per sapere a quale nave era stato assegnato quando sentì le orecchie che gli fischiavano. Era un rumore troppo comune per non riconoscerlo, si tuffò a terra e si coprì nuca e orecchie con le braccia. Dopo pochi secondi un tremendo boato di un esplosione squarciò un edificio vicino alla camerata di Rodriguez. L’allarme scattò quasi simultaneamente. Era i caos più totale. Lo stridore della sirena, le urla degli uomini e il boato delle esplosioni. Alla fine erano arrivati: gli Zeon li stavano attaccando. Non finì nemmeno di indossare l’uniforme, si precipitò giù dalle scale. Quando uscì dall’edificio la vista che gli si presentò era maestosa e terrificante allo stesso tempo. Uno squadrone di portaerei volanti Gaw oscurava il Sole mentre sorvolava il cielo sopra la base di Guantanamo. Dalle pance delle mostruose aereonavi venivano calate decine di squadre di Mobile Suit dritti sopra le loro teste. Tre Zaku atterrarono ad un centinaio di metri dalla posizione del tenente, devastando con le loro mitragliatrici  un edificio di rifornimento, provocando una devastante reazione a catena esplosiva che coinvolse gli hangar vicini. «Diciamo pure addio alla copertura dal cielo». Fortunatamente il gruppo di Zaku venne ingaggiato da una pattuglia di carri Type 61 supportati dal fuoco di una mitragliatrice grosso calibro anti-aerea, il che gli diede il tempo di scattare verso il porto dove le navi stavano iniziando a salpare, tentò di non prestare attenzione ai corpi mutilati dalle esplosioni riversi al suolo. Mentre attraversava la pista di lancio ormai costellata di crateri e di rottami un’ombra enorme oscurò la vista del tenente e poco dopo un terribile tonfo fece tremare la terra sotto i suoi piedi facendolo cadere vicino ad un camion da trasporto crivellato di proiettili. Lo Zaku mosse i primi passi deciso a calpestare Rodriguez. Il tenente non credeva nella fortuna, in guerra si trattava di abilità e attenzione, se non eri capace, se il nemico era più bravo di te o abbassavi la guardia eri morto. Fino a quel momento aveva abbassato la guardia solo una volta: nel sottovalutare gli Zeon, come tutti d’altronde. Aveva peccato di avventatezza una seconda volta, attraversare una pista di decollo completamente allo scoperto, disarmato e per giunta con giganti da 58 tonnellate che cadevano dal cielo. Ora era sicuro di essere giunto alla fine. Ormai il mobile suit era a pochi metri da lui, un passo e poi: «Qualsiasi cosa ci sia dopo. Spero almeno sia più piacevole di questo». E a quel punto il tenente iniziò a ricredersi per quanto riguardava la fortuna. Sotto lo Zaku il terreno si smosse per poi aprirsi in una profonda voragine che inghiottì il Mobile Suit. Quello di Rodriguez era effettivamente un colpo di fortuna: le piogge che si infiltravano nel friabile terreno costiero talvolta creavano delle micro falde sotterranee invisibili dalla superficie, ed una volta che l’acqua si era asciugata rimaneva una profonda voragine, lo Zaku aveva calpestato il terreno esattamente sopra una di queste voragini, che normalmente non cedevano sotto il peso limitato di camion o caccia. Ora il Mobile Suit era incastrato nel terreno dal torso in giù; impossibilitato nel muovere le gambe, il pilota zeoniano tentò di divincolare il suo Zaku con le braccia ancora libere, tuttavia senza esito positivo. D’altro canto il tenente non perse tempo a chiedersi se la fortuna era effettivamente dalla sua parte e, prima che lo Zaku potesse riafferrare la sua mitragliatrice, si precipitò dietro alle macerie di un tendone distante pochi metri. Dopo aver ripreso il fiato Rodriguez si accorse che la sua situazione non era migliorata quando udì il suono delle navi da battaglia che si allontanavano in tutta fretta dal porto ormai in fiamme. Le due fregate erano ormai distanti dalla costa e tenevano a bada i caccia zeoniani con un fuoco di contraerea, permettendo all’Endenavour di procedere verso acque più sicure mentre l’Enterprise aveva già mollato gli ormeggi e si allontanava dagli attracchi. Il tenente realizzò che per lui ormai non c’era più nessuna speranza di potersi mettere in salvo, tuttavia era deciso a non arrendersi e di sfruttare la situazione per tentare almeno di sopravvivere, nel migliore dei casi si sarebbe nascosto in città con l’aiuto di Luìs. In quel momento agì puramente d’istinto. Afferrò al volo un RPG abbandonato e si allontanò dai rottami poco prima che lo Zaku facesse fuoco, riducendoli in cenere.
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« Risposta #5 il: 23 Agosto 2011, 15:39:35 »

Approfittando del fumo e dei rottami incandescenti, il tenente fu in grado di avvicinarsi allo Zaku, al riparo dal fuoco della sua mitragliatrice. Quando il pilota Zeon si accorse che non aveva eliminato il soldato federale e che questo correva verso di lui imbracciando un lanciarazzi, tentò un’ultima disperata mossa: attivò i jet vernieri sul back pack posteriore del Suit. Tuttavia questa mossa non fece altro che peggiorare la precaria situazione dello Zaku smuovendo ulteriormente il terreno e facendolo sprofondare ancora di più. Rodriguez non ebbe un attimo di esitazione, prese la mira e tirò il grilletto del lanciarazzi. La testata compì un breve volo e esplose dritta nel petto del Mobile Suit. La deflagrazione fu rumorosa ma non abbastanza potente da perforare la corazza dello Zaku. Tuttavia la forza dell’esplosione disabilitò il Mobile Suit, che accasciò le braccia sul suolo alzando una nuvola di polvere. Il tenente valutò che il colpo non era stato sufficiente ad uccidere il pilota, si sarebbe solo svegliato con un forte mal di testa in un letto d’ospedale. Questo fece sentire Rodriguez sollevato, una vita in meno sulla coscienza. «Ma chi prendo in giro, lui mi stava per uccidere ed io avrei fatto lo stesso se fossi stato in lui. Si tratta di uccidere o essere ucciso, inutile fare l’ipocrita, siamo tutti degli assassini.» Volse lo sguardo alla costa e notò che anche l’Enterprise aveva ormai raggiunto l’orizzonte. Si asciugò il sudore sulla fronte provocatogli dalle folli azioni compiute e dal caldo, deciso ad incamminarsi verso le zone urbane approfittando della distrazione degli Zeoniani per eludere la loro sorveglianza mentre erano impegnati a rastrellare la base. In quel momento giunse al suo orecchio un suono inconfondibile. Due mani che applaudivano. Pensò che era finita e che era stato scoperto, pensò che mancassero pochi secondi prima che una pattuglia Zeoniana lo crivellasse di colpi alle spalle. «È stato bello lavorare con te Dea Bendata.» Tuttavia la voce che parlò era decisamente quella di un federale, dall’accento arabo. Il tenente tirò un sospiro di sollievo. “Uno spettacolo degno di nota, tenente. Forse dovrei raccomandarti per quella retrocessione di cui si parlava. Ci faresti comodo nelle divisioni di fanteria.” Il sollievo si trasformò in sorpresa quando il tenente si voltò e si trovò di fronte la figura nerovestita di Hari David, il colonnello dei Servizi Segreti. “Purtroppo signore i cieli sono la mia casa. Tuttavia è un piacere ed una sorpresa trovarvi qui colonnello.” Gli occhi scuri del colonnello fissarono quelli del tenente Rodriguez, gli occhi di qualcuno che sapeva fin troppo bene a chi imputare la bruciante disfatta dell’esercito federale di fronte agli Zeon: sé stesso. Era stato David che aveva mandato al massacro gli uomini della 82esima a Philadelphia, sottovalutando nuovamente le truppe spazionoidi. Non che Rodriguez covasse rancore per l’ufficiale dei Servizi Segreti, gli errori in guerra venivano compiuti e si pagavano con il sangue, la morte dei suoi uomini non era da imputare a nessuno; presto sarebbero diventati solamente delle statistiche di quella crudele guerra. Tuttavia era l’orgoglio ferito dello stesso colonnello che si rifletteva in quegli occhi, e mostrava una sola cosa: desiderio di vendetta. David spostò lo sguardo verso la costa. “Evidentemente andavano molto di fretta.” Disse riferendosi alle navi che ormai si erano ridotte a dei minuscoli puntini all’orizzonte. “Gli zeoniani hanno rinunciato a inseguire la nostra flotta, hanno preferito mettere in sicurezza la nostra base, cosa che non gioca a nostro vantaggio. Dobbiamo trovare un modo per andarcene.” Anche se la comparsa del colonnello aveva fatto brillare nuovamente la fiamma della speranza in Rodiguez, la loro situazione restava pressoché invariata, dovevano entrare in clandestinità, e subito. “Signore, pensavo di prendere il più vicino mezzo su ruote e di rifugiarmi all’Havana, ho un paio di amici che ci aiuterebbero a sfuggire alle truppe Zeon.” Disse Rodriguez esponendo il suo piano, tuttavia questo trovò l’immediata disapprovazione da parte di David. “Nemmeno per idea, non ci tengo a rimanere passivo in questa guerra tenente. Prima di tutto dobbiamo trovare un modo per passare inosservati alle truppe di Zeon e poi il nostro obbiettivo primario sarà quello di distruggere il main frame al centro di comando, non possiamo permettere che i nostri schemi d’attacco e le nostre destinazioni cadano in mano Zeon. Poi potremo dedicarci alla fuga.” Mentre il colonnello pronunciava le ultime parole un rombo assordante stroncò ogni possibile replica da parte di Rodirguez. Dopo pochi secondi il rumore assordante si acquietò ma fu seguito da un terribile spostamento d’aria che sollevò il terreno bruciato dal sole caraibico. I due federali tossirono e si scrollarono la polvere dalle uniformi. “Con tutto il dovuto rispetto colonnello ma quello era una portaerei Gaw che atterrava sulla nostra pista, non c’è nessuna possibilità di passare inosservati, manderanno sicuramente delle pattuglie ed occuperanno ogni edificio ancora in piedi.” In effetti la Gaw aveva aperto i suoi enormi portelloni frontali e le operazioni di sbarco erano già iniziate. Truppe, carri Magella Attack e jeep fuoriuscirono dal ventre della bestia alata. Le portaerei volanti Gaw erano l’ultimo ritrovato Zeon in materia di conflitto atmosferico. Grandi due volte un trasporto Medea della Federazione, e decisamente più armati grazie alle postazioni missilistiche e di contraerea, erano costituite da due blocchi: un enorme impianto alare a forma di ala di pipistrello che conteneva, oltre che i quattro potenti motori a reazione le officine e gli hangar per i Dopp.
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« Risposta #6 il: 23 Agosto 2011, 15:40:05 »

Nella parte centrale, di forma oblunga, erano situati il ponte e l’hangar principale dove  erano situate le squadre di MS e di corazzati. Il colonnello David fissò risolutamente il tenente che lo ricambiò con uno sguardo perplesso. “Conto proprio su questo tenente. Le forze principali di Zeon saranno concentrate nell’eliminare le ultime sacche di resistenza  nella zona intorno alla base ed in città quindi mi aspetto che lascino relativamente sguarnita una zona che ritengono di aver già messo in sicurezza. Dobbiamo solo appostarci e preparare un’imboscata per una delle pattuglie. E poi procederemo con il piano.” Già, il piano, pensò il tenente. Di certo era un piano ardito ed azzardato ma almeno, se fosse riuscito, avrebbe consentito ai loro compagni di guadagnare del tempo e c’era sempre la possibilità, seppur remota, di riuscire a uscirne sani e salvi. Pensare positivo, era questo il segreto. “D’accordo signore, mi ha convinto. Credo che il posto più probabile dove trovare una pattuglia di zeoniani sia l’armeria. L’ho vista esplodere durante l’attacco e credo che sia venuto in mente a qualcuno di rovistare per vedere se si è salvato qualcosa.” Si misero subito in movimento allontanandosi dalla carcassa dello Zaku che avrebbe attirato più di qualche attenzione sgradevole ma che avrebbe sicuramente impegnato ulteriormente gli zeoniani nelle operazioni di recupero. Procedettero bassi lungo il muro perimetrale della base, facendo molta attenzione ad eventuali pattuglie nemiche. In lontananza sentivano i tonfi dei piedi dei Mobile Suit e lo sferragliare dei cingoli, fortunatamente questi si andavano attenuando, segno che le forze Zeoniane si apprestavano a marciare verso la città. I pensieri di Rodriguez andarono ai suoi commilitoni che avevano scelto di restare a combattere e resistere ad oltranza. Non poté negare a sé stesso di sentirsi in colpa per non essere li ad aiutarli ma si appellò al detto dei saggi e dei codardi: “vivi oggi per combattere domani”. Al contrario il colonnello dei Servizi non sembrava avere alcuna reazione; si nascosero dietro una roccia che spuntava dal suolo ghiaioso. David sporse la testa. Scrutò l’area circostante in cerca di nemici come un falco. Improvvisamente si voltò verso di lui. “L’armeria è quell’edificio semi-distrutto ad ore tre, credo di aver visto una pattuglia composta da due uomini. Aggiriamo l’edificio e li prendiamo di sorpresa.” Sgattaiolarono fuori dalla copertura cercando di fare il meno rumore possibile avendo ormai perso il vantaggio del trambusto creato dai mezzi zeoniani che sbarcavano. Si avvicinarono al grosso prefabbricato e notarono un enorme foro che attraversava da parte a parte l’edificio. “Novanta millimetri, da distanza ravvicinata. Un colpo di Zaku, siamo stati fortunati che non ha colpito gli esplosivi sennò ci saremmo trovati con mezza base in meno.” Notò Rodriguez, tuttavia il colonnello gli fece cenno di stare basso. Attraverso un linguaggio dei gesti, comprensibile a tutti i militari, David avvisò il tenente che i due zeoniani si stavano avvicinando e che lui avrebbe eliminato quello all’esterno. I due si posizionarono dietro l’angolo, Rodriguez per primo. Ormai poteva sentire i passi e le voci dei due soldati. Trattenne il respiro mentre ascoltava le parole che provenivano da dietro l’angolo. “…poco prima di essere spedito qui, ormai l’avevo quasi conquistata.”  Il tenente riuscì a vedere l’ombra del primo militare che si avvicinava e appena questo mise il piede oltre l’angolo il tenente ci si avventò contro. Fondendo le tecniche di difesa personale insegnategli all’Accademia con la sua esperienza di risse tra piloti Rodriguez assestò una potente ginocchiata al soldato zeoniano che si piegò in due per l’inaspettato colpo. Con una mossa secca il tenente afferrò il collo del malcapitato e glielo torse. Ancora prima che il secondo soldato potesse reagire si ritrovò con un foro di proiettile in mezzo alla fronte, cadendo a terra senza un lamento. Rodriguez alzò lo sguardo e vide il colonnello perfettamente eretto mentre impugnava una pistola silenziata.  L’uniforme nera che si piegava al vento. Rodriguez provò un leggero senso di inferiorità rispetto al suo compagno, quasi fosse stato maleducato ad eliminare il nemico a mani nude. Evitò di avvicinarsi al corpo del soldato di Zeon temendo quello che avrebbe provato se lo avesse guardato in faccia, raramente si era trovato ad uccidere faccia a faccia, e la cosa non gli piaceva affatto. Al contrario il colonnello si avvicinò al corpo senza indugio, osservandolo attentamente per poi rivolgersi al tenente. “Tenente lei dov’è nato?”
Che razza di momento per fare amicizia, pensò Rodirguez, si sforzò di rispondere. “Dalle calde coste della Florida, signore”. Aveva trascorso i suoi primi anni assieme alla famiglia in una casa nei dintorni di Miami. Il suo primo contatto con il volo lo ebbe durante la visita all’ Museum of Air Combat a dodici anni, riusciva ancora a ricordare l’emozione provata nel simulatore. Il suo flusso di pensieri venne interrotto da David, che riprese a parlare. “Allora le conviene indossare l’uniforme di questo sergente ed io farò il soldato semplice, ci aiuterà a confonderci e, nel caso ci facessero delle domande il suo accento statunitense sarà molto meno terranoide rispetto al mio accento arabo.” In effetti Rodriguez non aveva pensato a questo aspetto, quando il mondo è unito sotto una sola lingua si tendono a dimenticare le differenze dovute alle inflessioni dialettiche, tuttavia agli Zeon questo particolare non sarebbe di certo sfuggito. L’operazione di camuffamento richiese pochi minuti e Rodriguez si sforzò di farla il più freddamente e velocemente possibile. Come ultimo tocco i cadaveri vennero vestiti delle loro uniformi, tuttavia questa operazione venne completata solamente da Hari David, il tenente si rifiutò di compiere ulteriori sfregi ai due soldati, seppur nemici. “Si tratta di noi o loro tenente, se lo ricordi.” Disse distaccato David.
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« Risposta #7 il: 23 Agosto 2011, 15:40:35 »

L’uniforme gli stava leggermente larga e l’elmetto gli calava fastidiosamente sugli occhi. Al contrario l’uniforme del sergente nemico calzava perfettamente a Rodriguez, imbracciò il fucile e controllò che la sicura fosse tolta. “Bene sono pronto, adesso immagino ci tocchi andare al QG.” Disse Rodriguez con un tono sprezzante nella voce, ormai rassegnatosi all’idea di aver intrapreso un’azione suicida. Il colonnello lo guardò, ed avendo inteso lo stato d’animo del pilota, si inginocchio sul terreno ed iniziò a tracciare delle figure con il calcio del suo fucile. Quando ebbe terminato sul suolo sabbioso della base figurava una mappa abbozzata della base. “Quest’edificio al centro – indicò il colonnello – è dove c’è il Main Frame, il mio obbiettivo, mentre più avanti c’è l’hangar dei velivoli da trasporto, quello tenente sarà il suo obbiettivo. Dovrà arrivare sino all’hangar e procurarci un mezzo di trasporto decente, così ce ne andremo. Il nostro travestimento ci coprirà almeno finché non entreremo nell’edificio centrale, da lì lei dovrà uscire dalla scala di emergenza al primo piano e dirigersi all’hangar. Ci vorrà del tempo prima che io riesca a sabotare e recuperare i dati che ci interessano ma quando sentirà l’esplosione … sarà meglio che si faccia trovare sul posto, decolleremo dalla pista secondaria, quella non occupata dalle Gaw. Intesi tenente.” Rodriguez guardò il colonnello con rinnovata speranza, prese un respiro e rispose: “Intesi, muoviamoci.” Il colonnello si alzò e si incamminarono verso l’Edificio di Comando, marciando parallelamente alla pista principale. Rodriguez, in quanto ufficiale, camminava per primo tentando di sembrare il più sicuro possibile, tuttavia non riusciva a non notare le gocce di sudore freddo che gli bagnavano la fronte e la schiena. “Continui così tenente, sta andando bene.” Lo rassicurò David accostandosi a lui. «Facile per lui, lo hanno addestrato a fare queste cose.» Pensò Rodriguez che decise di rimanere in silenzio, non era quello il momento per farsi una chiacchierata sui metodi di addestramento della Federazione Terrestre. Dopo un paio di minuti di cammino sotto il sole dei Caraibi la coppia di infiltrati si avvicinò all’Edificio, fino a quel momento tutti gli zeoniani avevano incrociato, sia le unità appiedate sia le varie jeep e moto che utilizzavano la strada, non gli avevano rivolto la parola, limitandosi ad un breve cenno di saluto. “Fin qui tutto bene, ora inizia il difficile. Tenti di utilizzare un accento più neutro possibile.” Nuovamente il colonnello si accostò a Rodriguez mentre raggiungevano l’entrata dell’edificio, di fronte al quale erano appostate due sentinelle. Si avvicinarono a passo cadenzato ma per sicurezza entrambi i federali strinsero i palmi attorno alle impugnature delle loro armi. “Alt!” La sentinella urlò verso di loro facendo cenno al suo compagno di tenerli sotto tiro. “Indicate Nome, Grado e Unità.” La domanda colpì Rodiguez più forte di un montante. Sicuramente David aveva pensato ad un nome falso da utilizzare in quest’evenienza e non lo aveva avvisato perché lo riteneva troppo ovvio. Il tenente iniziò a farsi prendere dal panico, era lui l’ufficiale, doveva parlare per primo. Si gettò nell’improvvisazione, sperando di cavarsela. “Scusami amico, ci hanno distaccato per andare a controllare un deposito di munizioni colpito, siamo tornati qui per fare rapporto. Sergente Simon McKanzie lui è il soldato David Israel.” A quell’affermazione la guardia sembrò rilassarsi tuttavia mantenne un atteggiamento sospettoso. Rodriguez aveva parlato nel più corretto Common English e quindi l’accento non lo preoccupava, il problema era la scusa che si era inventato neanche un novellino ci sarebbe caduto. Poteva sentire lo sguardo gelido  e di disapprovazione del colonnello dei Servizi. In effetti Hari David si stava pentendo di aver dato a Rodiguez la parte dell’ufficiale, quel pilota non era in grado di gestire quella situazione. Soppresse il suo istinto di aprire il fuoco ed eliminare le due sentinelle. Aveva ancora troppo lavoro da fare per morire in quello squallido posto, doveva intervenire a supportare il suo compagno sperando di non compromettere ancora di più la situazione. Dannò sé stesso e l’Agenzia più volte per quel singolo ma fatale errore compiuto nel sottovalutare gli Zeon, ora ne pagava le conseguenze. “Soldato, usa la radio e controlla se qualcuno a mai dato quest’ordine.” Disse la guardia al suo sottoposto che prontamente aveva afferrato l’apparecchio comunicatore e stava per aprire un canale. Sia Rodiguez sia David si resero conto che la loro disperata missione era finita ancora prima di iniziare. In quel momento una figura femminile in uniforme Zeon aprì le porte del complesso. David la notò e viceversa la donna notò lui. I due si scambiarono un iniziale sguardo di sorpresa ma poi gli occhi della zeoniana si fecero determinati. “È tutto apposto sottotenente, ho dato io quell’ordine. Stavo appunto uscendo per vedere se questi due erano tornati.” Disse la donna rivolta alla guardia che si girò verso di lei e si mise immediatamente sull’attenti. “La prego di scusarmi signora maggiore, siamo ancora alla ricerca di superstiti federali, ma visto che me lo conferma lei non ci sono problemi per questi due.” Il tono con cui il sottotenente zeoniano si scusò con la misteriosa ufficiale era un misto di rispetto e timore, quasi una sorta di reverenza che si fa ad una persona più importante per ricevere un favore in cambio.
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« Risposta #8 il: 23 Agosto 2011, 15:40:53 »

“ Apprezzo la tua diligenza, continua pure a fare il tuo dovere e lascia questi due a me.” Disse la donna che si voltò in direzione dell’edificio, facendo svolazzare la mantella tipica dell’uniforme degli ufficiali zeoniani. In tutto questo Rodriguez era rimasto immobile con la bocca parzialmente aperta. Tutto era accaduto troppo in fretta perché lui potesse realizzare quale pericolo avessero scampato, il suo cervello ora era concentrato solamente sulla donna che gli aveva salvato la vita. C’erano troppi lati oscuri in quella guerra, e il tenente aveva timore nel farsi coinvolgere. Non che fosse un codardo ma sapeva bene che c’erano più possibilità di sopravvivere nel combattere uno Zaku con un Medea che nell’intraprendere una missione sotto copertura. Tuttavia ormai aveva le mani impastate e l’unica via di fuga era un sacco di plastica. Decise che non era il momento per farsi prendere da crisi di panico e si avviò all’interno di quello che era stato il Comando Centrale per le Operazioni Atlantiche della Federazione Terrestre, seguendo il colonnello David e la misteriosa donna. Il trio si incamminò lungo il corridoio principale del piano terra del QG. La caserma era in uno stato terribile. Sul pavimento erano accostati detriti di ogni genere, dai fogli di carta ai bossoli di fucile. Evidentemente gli ultimi difensori si erano barricati in quel luogo e gli zeoniani, per evitare la distruzione totale del prezioso edificio, lo avevano conquistato alla vecchia maniera: combattimento corpo a corpo, il tenente riuscì a scorgere anche i fori di proiettile nei muri e qualche laccio emostatico sparso sempre sul pavimento. Già normalmente gli edifici militari sono squallidi ed opprimenti, mirando semplicemente all’efficienza, le cicatrici della battaglia avevano reso ancora più marcato questo attributo . L’illuminazione era semi distrutta ed ogni congegno elettronico emetteva costantemente  scintille, senza contare la nuvola di polvere sollevata durante le precedenti sparatorie che galleggiava nell’aria. Rodriguez evitò di osservare ulteriormente il deprimente stato in cui vessava il Centro Tattico e si concentrò di più sulla donna zeoniana. Oltre al suo fisico prorompente quello che stupiva di più della misteriosa donna erano i suoi capelli rosso-dorati completamente sciolti che gli arrivavano sino al fondoschiena. Stranamente si muoveva con grazia, non come le donne soldato che Rodriguez aveva conosciuto. Lei sembrava più adatta ad una sala da ballo che a un campo di battaglia. D’altronde era una spia, lei non si macchiava le mani di sangue, o almeno dopo se le lavava. “Allora Hari, ancora impegnato in questa tua crociata ideologica? Voi terranoidi non riuscite proprio a staccarvi dal passato.” Disse la donna. La sua voce era dolce e sensuale tuttavia aveva una tonalità autoritaria che non passava inosservata, dall’accento sembrava provenire dalla zona est-europea notò Rodriguez. “Preferisco rimanere ancorato al passato che diventare una prostituta al soldo del miglior offerente.” Rispose in tono aspro David. Una frase del genere avrebbe fatto infuriare qualsiasi donna e come risultato il colonnello David si sarebbe ritrovato con cinque dita stampate in faccia e uno stuolo di guardie a condurlo nella cella più vicina. Tuttavia la misteriosa spia zeoniana non si scompose, quasi fosse preparata all’ostilità del federale nei suoi confronti. “Ma come sei cattivo Hari, ricordami di rifiutare qualsiasi invito a cena da parte tua.” Disse la donna con fare giocoso. Gioco al quale David decise di non partecipare, perciò andò diritto al sodo. “Perché ci hai aiutato?” Chiese il colonnello portandosi di fronte al viso pungente della zeoniana. La donna ricambiò il duro sguardo del colonnello scostandolo e continuando a camminare lungo il corridoio semi-distrutto. Quando percorsero gli ultimi metri e si avvicinarono alla scala che conduceva al piano superiore la spia zeoniana decise di rompere il silenzio. “Diciamo che ora siamo pari.” Dopo pronunciate queste parole si voltò verso Rodriguez. “Farò finta di non aver visto niente e vi lascerò completare la vostra missione, che sospetto involva anche la distruzione di questo edificio. La prossima volta che ci incontreremo, bel soldatino - disse avvicinandosi al volto del tenente – non sarò così gentile.” Concludendo si girò e iniziò a ripercorrere il corridoio verso l’uscita principale, con i tacchi dello stivale che battevano sul suolo. Rodriguez non poté fare a meno di ammirare il corpo di quella donna. Subito dopo il suo istinto gli fece riprendere in mano la situazione. Si voltò verso David, che era pronto per la prevedibile reazione di panico del tenente. Tuttavia Rodriguez  decise che non era il momento di chiedere spiegazioni troppo lunghe o farsi prendere da crisi isteriche, per questo si rivolse al colonnello con tono determinato. “Semplicemente finiamo quello per cui siamo venuti, a dopo le dovute spiegazioni.” Il colonnello guardò il tenente infastidito, ma Rodriguez poté giurare che non era lui la causa dell’irritazione dell’agente dei Servizi. “Già meglio seguire il piano.” Disse David. Dopo aver salito la scalinata i due compagni si ritrovarono nel corridoio principale del primo piano. Questo era nettamente più affollato del primo. Ufficiali, addetti logistici e guardie percorrevano incessantemente il corridoio per poi infilarsi nelle varie porte che si affacciavano. “Direi che si sono ambientati piuttosto bene in così poco tempo.” Osservò Rodriguez sull’orlo della scalinata. L’uscita d’emergenza era proprio affianco a lui. “Sapevano già come erano disposte le nostre strutture ed equipaggiamenti.” Disse sardonico David mentre si spostava di fronte al tenente per occultarlo agli occhi nemici mentre apriva la porta anti-incendio. “Chissà perché la cosa non mi sorprende.” Non poté evitare di dire Rodriguez. Quando il tenente era in procinto di chiudersi la porta alle spalle si voltò verso il colonnello. I due si scambiarono uno sguardo d’intesa ed in quel momento Rodriguez capì che il colonnello David non si sarebbe fermato davanti a niente pur di completare la missione, che fossero mobile suit o spie attraenti. In poco tempo il tenente percorse le scale e si ritrovò nuovamente all’esterno, si coprì gli occhi con il dorso della mano dagli accecanti raggi solari del primo pomeriggio. Se la situazione fosse stata normale in questo momento si sarebbe trovato in mensa insieme ai suoi compagni. Adesso doveva trovare il modo per fuggire dalla base ormai passata al nemico.  Si tolse quel pensiero dalla testa. Guantanamo Bay non sarebbe mai diventata una base zeoniana, erano solo degli occupanti provvisori. Quel territorio apparteneva a loro, era la loro casa. Se gli zeoniani credevano tanto nella superiorità spazionoide perché avevano invaso la terra? Semplicemente nessun’uomo poteva mai fare a meno della propria casa di origine. Per quanto gli uomini si allontanassero dalla gravità terrestre questa finiva sempre per riattrarli. Rodriguez fece mente locale sulla struttura della base. Per quanto la mappatura azzardata del colonnello David gli fosse stata utile per comprendere il loro piano non poteva certo procedere diritto sino all’hangar, le guardie zeoniane si sarebbero insospettite. Attraversò il piazzale che circondava il centro di comando.
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« Risposta #9 il: 23 Agosto 2011, 15:41:14 »

All’improvviso un’idea gli balenò in mente. Si ricordò dell’esistenza di una piccola strada secondaria all’interno della base che veniva usata esclusivamente dai camion di rifornimento di rifornimento e che conduceva direttamente alle cucine. Se l’avesse percorsa quasi interamente si sarebbe ritrovato a pochi passi dall’hangar dei mezzi di trasporto senza dover passare sotto lo sguardo di soldati zeoniani. Fiducioso che l’itinerario che aveva scelto lo avrebbe condotto al sicuro verso il proprio obbiettivo, il tenente percorse pochi metri della strada principale e poi deviò verso destra controllando attentamente che nessuno lo stesse guardando. Una volta attraversata una piccola macchia di terreno si ritrovo sulla via dei rifornimenti. Come aveva previsto la strada era completamente deserta e lontana da sguardi indiscreti. Rodriguez percorse la strada con passo accelerato, temendo che non avrebbe fatto in tempo a recuperare il colonnello David dopo che egli avesse distrutto il Main Frame. In pochi minuti il tenente raggiunse il punto che lui credeva essere il più vicino possibile all’hangar. Tuttavia, una volta attraversata nuovamente il piccolo boschetto il tenente si ritrovò una ventina di metri più lontano di quanto avesse sperato. Tuttavia l’hangar era di fronte a lui e considerò inutile ritornare sulla via degli approvvigionamenti e si diresse con il fare più indifferente possibile verso l’hangar. Fortunatamente quella zona della base non era ancora stata ispezionata a fondo dalle truppe di invasione zeoniane quindi in pochi notarono un sergente solitario che si avviava verso un hangar abbandonato e nessuno si chiese il perché. Rodriguez aprì lentamente la porta che immetteva nel complesso con la schiena, entrando lentamente rivolto verso l’esterno attento che nessuno si soffermasse troppo su di lui. Quando entrò nell’hangar alzò lo sguardo ed osservò l’intera struttura. L’edificio era composto da una sola grande area centrale ed una serie di uffici e magazzini lungo il perimetro interno. Al centro vi era parcheggiato un aereo da trasporto classe Medea. Rodriguez si fiondò verso la scalinata che conduceva nella cabina di pilotaggio, non credendo nella sua fortuna di aver trovato un rande velivolo da trasporto ancora intatto. Per quanto gli riguardava si aspettava un semplice caccia biposto. Il Medea, con la sua impressionante autonomia avrebbe permesso ai due federali di raggiungere i loro compagni ritiratisi via mare. Attraversò una piccola sezione di collegamento che andava dal boccaporto alla cabina e vi entrò. La cabina del Medea, per quanto adatta a solo pilota e copilota al tenente sembrò spaziosa e accogliente. Rodriguez si sedette al posto del pilota, controllando attentamente i vari indicatori sul pannello di controllo per assicurarsi che il velivolo fosse pronto al decollo. Per quanto non avesse che poche ore di simulatore su aerei di grossa taglia, il tenente Rodriguez era fiducioso che la sua esperienza di pilota da caccia lo avrebbe aiutato a domare il bestione alato. Tuttavia non appena i suoi occhi si posarono sull’indicatore di carburante emise un sospiro di rassegnazione. La lancetta era imperturbabilmente fissata sul segno empty. <Bha, in effetti sarebbe stato davvero troppa fortuna. Forse è meglio così.> Disse il tenente che si rassegnò ad effettuare il processo di rifornimento da solo. Sperando che a nessun zeoniano venisse in mente di ispezionare proprio in quel momento l’hangar in cui si trovava. Nonostante tutta la buona volontà, il rifornimento di un trasporto Medea in singolo era un procedimento lungo e difficoltoso. Rodriguez scese dall’apparecchio e iniziò a perlustrare i magazzini. Tuttavia, come da procedura standard dell’esercito federale, ogni hangar era provvisto di scorte di carburante di emergenza. Racchiusi in cisterne da diversi galloni. Il tenente trovò nei vari magazzini sette di queste cisterne e stimò che sarebbero bastate a riempire metà serbatoio. Tuttavia, pensò, non aveva alcuna intenzione di esibirsi in acrobazie e mosse azzardate quindi sarebbe dovuto bastare. Con l’ausilio di un muletto conservato stesso nell’hangar trasportò i vari silo vicino alla bocca del carburante del Medea. Una volta collegati per mezzo di un manicotto le potenti pompe del velivolo aspirarono una ad una il contenuto delle cisterne. Questa operazione sottrasse a Rodriguez parecchi minuti preziosi. Infatti il tempismo era alla base del piano di David, che prevedeva che il tenente passasse a recuperarlo una volta svolto il sabotaggio. Sotto quest’aspetto, e Rodriguez dovette ammetterlo, il colonnello dei Servizi aveva riposto molta fiducia nell’abilita del pilota. Era chiaro, infatti, che se la missione fosse fallita o se il tempismo non fosse stato esatto Rodriguez avrebbe dovuto abbandonare il colonnello nelle mani zeoniane. Tuttavia questa era un’ipotesi a cui Rodriguez non aveva accolto. Il tenente risalì velocemente nella cabina del Medea per assicurarsi che tutto fosse nuovamente in ordine. Con soddisfazione notò che questa volta il quadrante del carburante segnava circa metà serbatoio pieno.  Leggermente meno di quanto il tenente avrebbe sperato, almeno per mantenere un margine di sicurezza. Tralasciò immediatamente l’idea di andare a cercare una nuova cisterna di carburante, aveva già perso abbastanza tempo nella prima operazione di rifornimento. <Prendiamo ciò che ci viene dato.> Pensò mentre si avviava verso i controlli del cancello principale dell’hangar. In quel momento iniziava la parte più difficoltosa e rischiosa. Se da un lato la mole del Medea avrebbe favorito la fuga dei due federali, di certo un semplice caccia biposto Saberfish sarebbe stato più facile da far rollare lungo la strada principale sino al QG. Rodriguez sapeva che il grande aereo avrebbe dovuto incassare parecchi colpi prima di arrivare a destinazione e poi, ancora più rischiosamente, avrebbe dovuto decollare sotto il fuoco nemico. Tuttavia contava sul fattore sorpresa e sulla resistenza del velivolo. Il Medea era fondamentalmente un aereo costruito attorno ad un grande container rettangolare. Tre eliche poste sotto un carrello non retrattile consentono al cargo di sollevarsi verticalmente mentre otto rotori indipendenti donano al Medea una velocità impressionante e la possibilità di mantenere un’andatura costante anche nel caso in cui un numero limitato di rotori venisse disabilitato. A controbilanciare questi vantaggi il Medea è armato solamente con quattro cannoni Vulcan frontali e una torretta sferica superiore e presenta una scarsa resistenza alle armi pesanti e ai missili. Rodriguez azionò il comando dell’apertura porte e si riportò immediatamente nella cabina del Medea. Le due grosse ante dell’hangar iniziarono ad aprirsi lentamente con uno sferragliare metallico. Il tenente si concentrò stringendo le mani attorno alla cloche e alla manetta dell’acceleratore. La sua mano destra spostò in avanti la manetta dando gas ai motori del Medea. Quando il cancello iniziò ad aprirsi il sole che entrò diritto dentro la cabina accecò Rodriguez, tuttavia questo non fermò il tenente che continuò a mantenere l’accelerazione. I boosters del Medea si accesero e, dapprima lentamente poi sempre più velocemente, il velivolo prese velocità ed iniziò a muoversi fuori dall’hangar. Quando le porte si aprirono completamente il cargo aveva ormai raggiunto la velocità di rollaggio. D’altro canto un ulteriore vantaggio del Medea, di cui Rodriguez non si era reso conto, era che occupava l’intera strada. Quando gli Zeon videro l’enorme ombra del velivolo rimasero sorpresi ed attoniti, tuttavia queste sensazioni fecero presto spazio al terrore di essere travolti dal Medea che accelerava sulla strada che ormai si era trasformata in una pista improvvisata. Qualcuno tento di esplodere qualche raffica in direzione del velivolo, che non riuscì a scalfire la pesante corazzatura lasciando intatti i circuiti elettronici della cabina. Tuttavia la gran parte dei soldati zeoniani si fece prendere dal panico tuffandosi ai bordi della carreggiata o fuggendo in avanti sparando qualche colpo alla cieca. Rodriguez dal canto suo non prestò molta attenzione alla reazione spaventata dei soldati invasori poiché era concentrato al massimo per mantenere il velivolo in assetto con il terreno. Tuttavia un’ufficiale zeoniano che aveva schivato il Medea  non tentennò troppo sull’accaduto e, con l’ausilio di una radio tentò di contattare il centro di comando per dare l’allarme. Tuttavia in quel momento il suono di una potente deflagrazione squarciò l’aria, e dalla radio zeoniana non uscirono che statiche. Anche Rodriguez aveva udito il potente scoppio. Rendendosi conto che non poteva che essere opera del colonnello David, si affrettò ulteriormente verso l’edificio centrale, pur mantenendo il Medea saldamente al terreno. Nonostante ciò gli zeoniani, sorpresi ma tutt’altro che scoraggiati, si erano lanciati all’inseguimento del velivolo. Decine di proiettili di piccolo calibro tentarono vanamente di scalfire la struttura del Medea provocando una pioggia di scintille sulla fiancata posteriore del velivolo. Lo stesso ufficiale della radio si era lanciato all’inseguimento con una jeep armata ed ora stava pericolosamente mirando agli pneumatici del cargo, già sotto pressione per l’elevata accelerazione. Fu proprio quando uno dei proiettili della mitragliatrice della jeep riuscì a forare uno dei sei pneumatici del carrello di destra che Rodriguez imboccò l’ultima curva e si ritrovò di fronte all’edificio di comando. La vista che gli si prospettò fu spettacolare. L’intero edificio era ghermito dalle fiamme. Il colonnello David, per quanto la sua uniforme zeoniana fosse bruciacchiata e impolverata era di fronte all’edificio distrutto come se stesse aspettando un semplicissimo taxi. Rodriguez non aspettò ulteriori inviti. Arrestò bruscamente il cargo facendolo girare attorno alla rotonda fermandosi esattamente davanti a David. Il tenente si fiondò fuori  dalla cabina verso il boccaporto. Quando lo aprì gettò una scaletta di emergenza verso il suolo e fece cenno al colonnello di affrettarsi a salire. Nel frattempo i primi zeoniani, sorpresi per la seconda volta nel vedere il loro QG in fiamme, stavano cingendo d’assedio il velivolo con una pioggia di fuoco. L’ufficiale della radio aveva ordinato ai suoi uomini di aggirare e circondare il cargo. Rodriguez tese una mano in direzione del colonnello dei servizi, che l’afferrò aiutandosi a salire. I primi soldati zeoniani che avevano aggirato la mole del Medea tentarono di sparare delle raffiche verso il portellone, tuttavia senza essere riusciti a prendere la mira i proiettili rimbalzarono innocui lontano dai due federali e consentirono a Rodriguez di chiudere il boccaporto in sicurezza. Dopo che entrambi furono al sicuro il colonnello si rivolse a Rodriguez: “Tenente, mi ricordi di notificare al Quartier Generale la pericolosità di una tubatura di gas mal sorvegliata.”  Rodriguez lo guardò a metà tra lo stupefatto ed il preoccupato. Aveva sperato che il colonnello si sarebbe esibito in un’azione di sabotaggio più sottile, come se il suo scherzetto del Medea non avesse già attirato abbastanza attenzioni. Si infilò nella cabina, sedendosi al posto del pilota ed indosso le cuffie protettive. David lo imitò sedendosi sulla poltrona del copilota. “L’intera base sarà in allarme rosso in questo momento. Scordiamoci il decollo classico sulla pista, inizializzo il VTOL (Vertical Take-Off and Landing).” Gli disse Rodriguez. Proprio in quel momento un potente scoppio squarciò la fiancata del Medea, facendo tremare l’intera cabina. David si sporse scrutando il fianco del velivolo, notando un foro nella stiva del carico. “Semicingolato con cannone da settanta millimetri! - Urlò il colonnello verso il pilota – se decolliamo colpirà i rotori ed il nostro viaggio finirà prima ancora di iniziare.” Rodriguez decise di passare al contrattacco. Con un rapido movimento delle mani sul quadro comandi sbloccò le armi frontali e fece fuoco. Due coppie di cannoni Vulcan binati fecero sentire il loro urlo di morte tempestando il veicolo corazzato, e i suoi sventurati occupanti, di piombo. Solo quando del semicingolato non restò che una carcassa fumante Rodriguez diede potenza al motore e le potenti eliche inferiori sollevarono verticalmente il Medea al pari di un elicottero. Quando ormai il cargo fu alto sopra le cime degli alberi ed i tetti degli edifici il colonnello David si rivolse verso Rodriguez. “Bel lavoro Tenente. Ci vorrà ancora tempo prima che approntino i caccia per l’inseguimento, vediamo di mettere più distanza possibile da qui.” Rodriguez si rese conto che il colonnello aveva già programmato l’inseguimento aereo e per questo aveva scelto un approccio meno fine per disabilitare il Main Frame. Avrebbe tenuto gli zeoniani occupati. Il tenente rispose eseguendo un saluto militare di congedo verso la base che era stata la sua casa e contemporaneamente diede potenza ai rotori che iniziarono a sospingere il velivolo verso l’oceano. Una snella figura femminile in uniforme zeoniana che fissava l'orizzonte posò i suoi occhi sul Medea e sorrise.
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« Risposta #10 il: 23 Agosto 2011, 17:56:31 »


porco giuda!!

alla faccia dell'impulso creativo!!
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« Risposta #11 il: 24 Agosto 2011, 00:49:40 »

Gilead, anche se sono a buon punto non ho ancora finito di leggerlo, però un consiglio penso di potertelo dare fin da subito: non renderlo un diario. Per cominciare dividi i paragrafi in maniera che ognuno non superi mai le 5 righe di narrazione, più magari le righe di dialogo che richiedono l'"a capo". Questo serve a spaventare meno chi legge, perché ti garantisco che anche a parità di numero di caratteri un conto é trovarsi davanti un "text wall", ben altro é vedere paragrafi brevi e ben articolati con dialoghi che escono fuori, invece che perdersi, nel testo. Suggerirei anche di sintetizzare un po', a volte é meglio chiamare un Immelmann "mezzo giro della morte" ancorché inesatto, invece che perdere altre due righe solo per spiegare cos'é con precisione, a meno che detta spiegazione non serva per comprendere la storia ed essere meno precisi lo impedirebbe. Ti suggerisco inoltre, trovandoti su un forum di Gundam, di non eccedere nel descrivere quei mezzi che tutti conosciamo bene, dai giusto qualche imbeccata, magari non tutti sanno che lo Zaku ha gambe particolarmente possenti, ma di certo tutti qui sanno come é fatta la sua testa. Altri suggerimenti quando finirò di legggere, in EDIT a questo stesso messaggio. Nondimeno, devo dire che nel testo c'é una certa inventiva e fantasia... vediamo come si evolve la storia! wink


EDIT: sono a metà del capitolo 3, come temevo finora il punto di vista é solo uno, quello del protagonista. Questo lo rende come dicevo inizialmente, essenzialmente un diario, seppure in terza persona, il che impedisce o limita la possibilità di approfondire le motivazioni e i caratteri dei personaggi (a meno che non si sia dei piccoli Jonatan Swift o Daniel Defoe). Cambiare ogni tanto punto di vista aiuterebbe a dare ritmo alla narrazione piuttosto che limitarsi a fare un mero elenco di accadimenti in una zona piuttosto circoscritta, nessun racconto moderno può reggersi su un un solo protagonista attorniato da comprimari.
« Ultima modifica: 24 Agosto 2011, 03:42:45 da Bright » Loggato

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« Risposta #12 il: 24 Agosto 2011, 11:08:53 »

Prima di tutto ti ringrazio dei consigli  yes
Per quanto riguarda il text wall è un problema che mi sono trovato nel fare il copia incolla sul forum, perchè come vedi è già molto lungo e qunidi ho dovuto tagliare tutti gli spazi. Per quanto riguarda le descrizioni dell'Immelmann (che io stesso nei giochi di simulazione aerea sia moderni che vecchi sarò riuscito a farla non più di due volte e quindi) che degli MS mi sono approfondito nelle descrizioni memore di un mio vecchio tentativo di FanNovel (stavolta su Stargate) che si riduceva a niente più che ad uno scambio continuo di battute, ho voulto dare anche più risalto alla componente mecha. Per quanto riguarda co-protagonisti avevo già pensato di inserirli (come vedi per ora ci sono solo due primari dato che da buona tradizione tominiana gli altri schiattano tutti) ma mi deve ancora venire in mente qualche buono spunto per inserirli.

P.S.: Non ho voluto utilizzare personaggi già conosciuti nell'universal century (apparte qualche cameo) anche se era più facile per l'inserimento di storie parallele perchè non volevo rischiare di rovinare la bellezza di quei personaggi...
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« Risposta #13 il: 25 Agosto 2011, 20:01:02 »

Eho Gil, la prossima volta che pubblichi qualcosa di così corposo avverti qualche giorno prima, che devo prendermi qualche giorno di ferie!!!

Detto questo, non vedo l'ora di terminarne la lettura. clapclap
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