Titolo: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 13 Settembre 2013, 15:52:54 [img width= height= alt=2-E074391-9-D61-4-C6-C-9-E8-C-0-C728-C95-BDE0" border="0]https://i.ibb.co/0nT4q7H/2-E074391-9-D61-4-C6-C-9-E8-C-0-C728-C95-BDE0.jpg[/img] (https://imgbb.com/)
Beh, era un po' che non vi tormentavo con le mie "opere". In realtà sto ancora lavorando alla scaletta narrativa di questa nuovo fanfic, ma sono talmente contento del twist di base che ne ho fatto un teaser poster. Ovviamente, solo una parte dell'idea viene presentata nell'immagine. Vediamo se genera una qualche hype, io comunque avrò a breve il tempo per tirar giù il primo capitolo (di quattro). (click per mostrare/nascondere) Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Puma - 13 Settembre 2013, 16:09:49 Intrigante. Ottima idea.
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: GileadPellaeon - 13 Settembre 2013, 16:11:50 ok molto figo. Lo seguirò con piacere
Ma Char-Sayla è davvero sbagliato... Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 21 Settembre 2013, 13:48:25 I
Nove chilometri possono sembrare una bella distanza. L'Everest, la montagna più alta sulla Terra, si erge appunto per poco meno di nove chilometri. Nove chilometri é la profondità media della Fossa delle Marianne, che detiene il primato del punto più profondo del pianeta. Bisogna volare a undici chilometri al secondo per uscire dall'orbita terrestre, ma “basta” farne nove per vincerne la gravità, se ci si accontenta di un volo suborbitale. Nove chilometri sono un settimo di una maratona olimpica, un terzo dello Stretto di Gibilterra, un'ora di cammino a passo sostenuto... Nove chilometri, nello Spazio, non sono niente. Una distanza ridicola, paragonabile ai micron sulla Terra, se rapportiamo i due ordini di grandezze. Nove chilometri erano la distanza che un Mobile Suit modello Geara-Zulu (http://gundam.wikia.com/wiki/AMS-129_Geara_Zulu), dalla livrea viola e turchese, era riuscito a percorrere una volta staccatosi dalla catapulta di lancio della sua nave madre, la “Topkapi” di classe Jupitris (http://gundam.wikia.com/wiki/Jupitris-class), prima di venire abbattuto da un missile sbucato dal nulla cosmico. I detriti esito dell'esplosione della piccola unità avevano investito il lato dritto dello scafo della gigantesca ammiraglia come la bordata di un fucile caricato a pallettoni, tranciando via sovrastrutture e sensori. Uno dei monitor sulla plancia di comando si velò di un “effetto neve” pur continuando a visualizzare una riconoscibile veduta della bocca dell'hangar principale. L'operatore alla console si voltò esasperato guardando verso il suo comandante supremo. Questi si accarezzò con la mano destra l'unica ciocca di capelli rimastagli, un ricciolo blu che partiva dal centro della testa glabra e scendeva fino al viso scarno, martoriato dagli anni e dalle fiamme. L'altra mano serrava il bracciolo in avorio della sua antica e preziosa sedia a rotelle, un telaio in acero ed ebano montato su quattro cerchi intarsiati d'oro. “Quanti ne abbiamo persi?”, disse. “Questo é il quarto, eccellenza. Li colpiscono non appena li lanciamo, é assurdo... sembra stiano facendo una specie di tiro al piattello!” L'anziano ghignò. “Non sei lontano dal vero, tenente. L'Omega Gundam, per quanto potente, non dispone del volume di fuoco sufficiente a distruggere una nave come questa. Ma fintanto che i Mobile Suit saranno alimentati da generatori a fusione, la possibilità di una reazione a catena e di una detonazione nucleare sarà solo questione di tempo e tentativi.” “Quindi sta cercando di usare i nostri stessi Mobile Suit come delle bombe? Perché continuare a lanciarli, allora? Stiamo sacrificando i nostri piloti e mettendo a rischio l'integrità della Topkapi!” Il vecchio ghignò. “Siete riusciti a localizzare la posizione del nemico?” “No, eccellenza”, ammise laconico il tenente, “la ricerca di emissioni Minovsky é negativa.” “Ovviamente, lo é... cosa mi dici del calcolo balistico del punto di provenienza dei missili?”, ribatté il vecchio. “Abbiamo provato, ma il computer fornisce risultati privi di senso...” “Ovvero?” “I quattro missili sono stati lanciati da quattro posizioni diverse. Quattro posizioni molto distanti tra loro. Non c'é possibilità che provengano da un singolo Mobile Suit... per percorrere simili distanze... dovrebbe muoversi tre volte più velocemente di qualsiasi altro Mobile Suit conosciuto!” Una risata risuonò dal fondo della stanza. Il vecchio smise di tormentarsi la ciocca e agì sulle ruote della sedia per voltarsi verso l'origine di quel suono irritante: un uomo poco meno che quarantenne, il cui ciuffo ribelle e brizzolato calava sul volto tumefatto ma contratto in un'espressione di scherno e sfida, nonostante fosse legato ad una poltrona, coi vestiti logori e macchiati di sangue, guardato a vista da due guardie armate coi volti celati da passamontagna. “Così, alla fine ce l'hai fatta, Shiden”, ammise sprezzante il vecchio, “sei riuscito a convincere la Cometa Rossa ad uscire dal buco in cui s'era rintanata, e gli hai consegnato il Gundam!” Kai Shiden tirò su col naso che grondava sangue e rispose: “Non é stato difficile coinvolgere il maggiore Aznable, una volta riferito quello che tu stesso mi hai candidamente confessato, colonnello!” Il vecchio trasalì, ma fu solo un attimo. Quel pezzente d'un reduce, quel giornalista da strapazzo non valeva la sua preoccupazione. “Questa cosiddetta Cometa Rossa sa che sei qui, scommetto che non oserà colpire seriamente questa nave finché ci sarai tu...” “Non ne sarei così certo”, ribatté Kai, “l'affare Minovky l'ha fatta veramente incazzare... vuole la testa dei responsabili e per tua somma sfortuna tra quelli ci sei tu, M'Quve!” Il vecchio sorrise di rimando. L'incoscienza di quel tizio oltrepassava il limite tollerabile dell'arroganza, ma il suo finto stoicismo lo rendeva comico, ai suoi occhi. “Se mi sbagliassi, colpirebbe i suit mentre escono dell'hangar, non quando sono lontani chilometri. Spera di danneggiarci seriamente ma senza distruggerci, spera che manderemo un SOS e che le forze federali che ricercano il Colonnello M'Quve accorrano e finiscano il lavoro al suo posto... dopotutto, anche lei é una latitante!” “L'ultima volta che ho controllato, non c'erano imputazioni per crimini contro l'umanità, nei suoi confronti!” Il vecchio si indicò il volto semisfigurato e sorrise “Non ce ne sono nemmeno verso di me! M'Quve é morto per mano del Sottotenente Amuro Ray sul Texas, o forse per mano del Senato della ristabilita Repubblica di Zeon a Granada, o anche su Axis, ucciso mentre combatteva al fianco di Char Aznable... fatto sta che io sono Marc Couvet, executive della Anhaeim Electronics, e l'unico che potrebbe provare il contrario sei tu, con gli archivi contenuti su questa stessa nave... ma queste prove moriranno oggi, con te!”. Poi, voltandosi verso il suo sottoposto: “Preparate al lancio in sequenza tutti i Mobile Suit, ed uno shuttle di salvataggio!” “Ma, signore, così il Gundam li distruggerà tutti!”, protestò il tenente. “Esatto”, confermò l'anziano colonnello, “noi abbandoneremo la Topkapi con lo shuttle, confondendoci tra i detriti per ingannare il radar del Gundam.” L'espressione beffarda sparì dal volto di Kai, sostituita da una di disgusto... “Se anche scappi, lei ti troverà!”, urlò. “Oh, non lo farà... lei verrà qui, a liberare te...”, ghignò M'Quve, “e morirà anche lei! Armate il comando di autodistruzione della Topkapi! Useremo il comando a distanza non appena il Gundam si sarà avvicinato abbastanza!” Il tenente annuì e trasmise gli ordini all'hangar. Kai sbiancò in viso. “Vorrei farti il dono di morire assieme a lei”, ammise M'Quve, “ma non sono un villain da cartone animato. Non rischierò che tu ti possa salvare in qualche modo!”. Girò su sé stesso e diresse la sedia verso l'ascensore di servizio. Il tenente lasciò la consolle e lo precedette, premendo per il colonnello il comando di chiamata. M'Quve si voltò e si rivolse alle due guardie col volto coperto. “Uccidetelo, poi raggiungeteci!” Kai sbottò. “Non la farai franca!” M'Quve sorrise. “Come ti ho detto, non sono un cattivo da operetta. Non lascio chances di vittoria al mio nemico, come faceva invece Char Aznable...” “Lui almeno agiva in base ai suoi ideali newtype!” M'Quve entrò nell'ascensore. “Te l'ho già spiegato, Shiden. I newtype non esistono. Non sono mai esistiti.” Le porte dell'ascensore si chiusero. Kai alzò lo sguardo su una delle due guardie, che gli aveva poggiato la canna di una pistola sulla fronte. Poteva vedere solo gli occhi di quella guardia, occhi di un blu glaciale eppure contratti in un'espressione feroce. Sentendo un brivido lungo la schiena che sembrava un conto alla rovescia per l'oblìo, non poté non pensare a come avesse fatto a trovarsi in quella situazione. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 24 Settembre 2013, 12:30:27 " lei " ci ho messo un po' a capire che non era un errore di battitura ... :) dovrebbero chiamare te a scrivere soggetti e sceneggiature, accontenteresti e gaseresti i fan storici...
d'accordo non siamo il mercato principale, ma potremmo avere un effetto traino ... magari su figli e nipoti Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 24 Settembre 2013, 13:25:45 eheh, ce ne sono molte di stranezze nascoste. per esempio, da quando nell'universal century ci si preoccupa dei radar?
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 24 Settembre 2013, 15:03:56 Non commentare, scrivi! :frusta:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 24 Settembre 2013, 15:54:40 Non commentare, scrivi! :frusta: eh il prossimo tra 15 gg. sono fuoriTitolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 24 Settembre 2013, 16:51:29 ufff vabbe' - questo mi ha allietato un pezzo di attesa dal dentista - fra 15 giorni sarò fuori io, ma di testa temo...
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 08 Ottobre 2013, 09:51:04 II
La cornice era in legno pregiato, probabilmente del vero legno terrestre, molto diverso da quello ricavato dalle piante cresciute nelle serre delle Colonie Spaziali. Era diverso nel peso, nella consistenza, perfino nell'odore. La parte anteriore era invece rivestita in argento lunare, un po' più opaco della sua controparte terrestre, ma assai più costoso. Al centro della cornice, c'era un monitor olografico di una decina di pollici di diagonale, che visualizzava in alternanza costante sempre le stesse due immagini: Un bambino biondo di circa dieci anni che teneva un braccio sulla spalla di una bambina parimenti bionda, di qualche anno più piccola. Le espressioni e la posa suggerivano una certa vicinanza tra i due, ma al contempo un'allarmante mancanza di spontaneità nell'atto di farsi ritrarre. Sullo sfondo, un paesaggio montano dal sapore quasi bucolico, tradito solo da un tenue riflesso vitreo in un angolo del cielo. Un piccolo dettaglio che bastava a svelare il trucco: quella foto era stata scattata non sulla Terra, ma all'interno di una colonia spaziale. L'altra olografia era stata scattata indiscutibilmente sul pianeta, invece. Sullo sfondo una piccola spiaggia con, ai margini dell'inquadratura, delle costruzioni di stile arabo, incorniciavano un mare color smeraldo impreziosito dai riflessi del sole estivo. Al centro della scena, due ragazzi sulla ventina, una biondina dalla bellezza sofisticata ed un ragazzo dai selvaggi riccioli rossi, entrambi in costume da bagno, abbracciati, sorridenti, felici. Le colonie e la Terra. Char ed Amuro. Kai soppesava tra le mani la cornice olografica, ma nei suoi pensieri rimuginava sull'esasperante dicotomia di cui Sayla era stata prigioniera per quasi tredici anni. L'amato fratello e l'uomo che l'amava, lo spazianoide come lei, ed il terrestre come la sua identità fittizia, nemici giurati che se la sarebbero contesa all'infinito, se lei non avesse deciso di uscire dal gioco e ritirarsi in sofferente solitudine fin quando, sei anni fa, gli uomini della sua vita erano riusciti finalmente ad ammazzarsi l'un l'altro. Solo allora, l'ultima erede della dinastìa Deykun aveva accettato di tornare sotto i riflettori. E con che stile, lo aveva fatto! Kai mise giù la cornice, laddove l'aveva presa: un tavolo in legno ben più prezioso di quello del suppellettile che aveva così scrupolosamente esaminato. Si guardò attorno e nella grande sala in cui attendeva la sua ospite non trovò che dettagli degni di altrettanto stupore e meticoloso studio: oltre al tavolo verosimilmente di provenienza rinascimentale, c'erano costosi arazzi con le effigi del Principato di Zeon su tre delle quattro pareti, una grande tela raffigurante Zeon Deykun in piedi accanto alla moglie, seduta... in un angolo, su una mezza colonna coperta di rampicanti da salotto, svettava un busto in gesso raffigurante uno Zaku II. Il centro della stanza era dominato da un immenso divano a forma di U, in pelle bianca che correva attorno a tre lati di un tappeto persiano. Dietro la scrivania, oltre una non meno preziosa poltrona in legno e pelle marrone, le pesanti tende color crema non riuscivano ad impedire che la luce del sole penetrasse dalla grande portafinestra in ferro battuto laccato di bianco, da esse ingiustamente nascosta. Kai sbuffò e fece quattro passi con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni di quello che era il suo completo migliore, dalla scrivania alla finestra. Scostò la tenda e guardò fuori. Sweetwater era una colonia orribile a vedersi, dall'interno. Un troncone di un bunch di tipo chiuso, collegato forzatamente ad uno di tipo aperto, opera ingegneristica d'emergenza realizzata all'indomani della fine della Guerra di Un Anno, quando era imperativo ridistribuire i sopravvissuti sulle colonie ancora abitabili. In quanto fazione perdente, Zeon aveva dovuto cedere parte dei suoi bunch per la ricostruzione degli altri Side. La popolazione, inizialmente ricollocata alla meno peggio da Gihren Zabi quando aveva deciso di trasformare un bunch nello spaventoso Colony Laser, si trovò sfollata ancora una volta dal vincitore federale. Kai osservò il paesaggio oltre la finestra e non riuscì a trattenere un gemito di cui non sapeva scegliere la motivazione: era per l'indecoroso spettacolo delle favelas accantonate l'una sull'altra dove i cittadini vivevano gomito a gomito le loro vite asfissiate e sovrapposte, a pochi metri dal palazzo governativo dove lui si trovava... oppure perché riusciva ancora a riconoscere, nella sezione aperta della colonia, quella porzione incompleta di Side 7 che era stata la sua casa, fino al giorno in cui il destino lo aveva reso pilota militare e profugo vagabondo, eroe cinico e lupo solitario? Erano passati vent'anni, eppure quel che restava di Side 7 era ancora lì, pur trascinato a forza dall'altra parte della Sfera Terrestre, a ricordargli chi era e da dove veniva... Il rumore della porta che si apriva lo distolse dai suoi pensieri. Nel voltarsi, non riuscì a trattenere in sorriso vedendo la prima cosa che attraversò l'uscio: una palla di plastica verde, delle dimensioni di un pallone da basket, rotolò dentro la stanza fermandosi ai suoi piedi. Due piccole luci rosse a LED brillavano intermittenti. “Ciao Kai Shiden! Come stai? Ciao Kai Shiden! Come Stai?”, canticchiò Haro. “Che mi venga un...”, fece per rispondere lui, ma non terminò la frase. Sentì la porta che veniva rinchiusa. Si voltò. La vide. Così cambiata. Così immediatamente riconoscibile. “Buonasera, Sayla”, fu il meglio che riuscì ad articolare, rendendosi subito conte che da un reporter d'assalto come lui quelle due parole erano davvero troppo poco. Sayla indossava l'uniforme rossa del Corpo degli Incursori del Principato di Zeon, la stessa branca specialistica di cui aveva fatto parte suo fratello Char prima di diventare pilota di Mobile Suits, prima di diventare la famigerata “Cometa Rossa”. La pettorina con l'elaborata aquila stilizzata che rappresentava il grado di Maggiore, gli stivali ed i guanti bianchi non sarebbero bastati, da soli, a riportargli alla mente quello che era stato un suo acerrimo nemico. Ma quella divisa rossa, sì. E poi, c'era la maschera. La maschera dietro la quale Casval Deykun aveva celato i suoi lineamenti e la forte somiglianza col padre Zeon agli occhi degli Zabi traditori ed assassini. La maschera che era diventata un simbolo ed aveva generato legioni di imitatori inadeguati. La maschera che, pur con qualche lieve modifica, veniva incorniciata dall'inconfondibile caschetto di sottili fili d'oro e celava gli immarcescibili, divini lineamenti della sorella minore. Quasi come se avesse letto i pensieri di Kai, o forse queste righe, Sayla si sfilò la maschera di metallo cromato e la mise sul tavolo che si frapponeva tra lei ed il suo ospite. Oramai trentasettenne, le si sarebbero dati al massimo ventotto anni. Solo il cipiglio austero, la luce azzurra ma quasi severa nel suo sguardo, lasciava intuire che la ragazza dolcemente triste e malinconica di una volta aveva definitivamente ceduto il posto alla guerriera risoluta degli ultimi giorni della Guerra di Un Anno. “Kai Shiden! Questa sì, é una sorpresa!”, sorrise lei. Kai riaprì e richiuse le labbra a vuoto un paio di volte, prima di riuscire ad articolare un suono intellegibile. “Sayla, ti trovo decisamente in forma...”, balbettò lui tendendole la mano, mentre lei girava attorno al tavolo e si sfilava con un gesto secco il guanto destro e procedeva verso di lui col passo ritmato e femminile di un'indossatrice ad una sfilata di moda. In un attimo fu da lui, ed in mezzo attimo lo colpì violentemente con un uppercut destro diritto al mento, mandandolo a terra due metri più in là. “Ohi, ohi!”, gridò Haro, rotolando a nascondersi sotto al tavolo. “Questo è per quell'intervista esclusiva a Mineva Zabi che ti avevo chiesto di non pubblicare!”, sentenziò lei col tono risoluto di una leonessa che protegge i suoi piccoli. Kai si massaggiò il mento prima di provare a rimettersi in piedi. Ricordava di aver ricevuto una sventola simile da Bright, anni fa. Un angolino particolarmente analitico del suo cervello sentenziò che Sayla picchiava decisamente più forte di Bright. “...decisamente in forma, dicevo...”, sottolineò rimettendosi in piedi. Se non altro il cazzotto gli aveva sciolto la lingua. Sayla si allontanò per resistere alla tentazione di colpirlo ancora. “Con quell'articolo hai mandato in malora una copertura che durava da tre anni e ci era costata milioni di dollari!” “Non mi pare d'aver mai accennato a dove si nasconda, Mineva!”, protestò Kai. “Non ce n'é bisogno! I Federali stavano ricostruendo tutti i tuoi spostamenti degli ultimi mesi. Siamo riusciti a prelevare Mineva per un soffio, prima che gli ECOAS facessero irruzione nel rifugio! Ci vorranno mesi di spostamenti continui, prima di poter fornire un nuovo domicilio ed una nuova identità a quella povera ragazzina!” “Quella povera ragazzina ha ormai vent'anni e ne ha passate tante quante ne abbiamo passate noi, cavandosela anche senza il tuo aiuto”, ribatté Kai, aggiungendo: “Comunque permettimi di dirti che la solidarietà femminile tra voi due é commovente, considerando che siete entrambe pretendenti al trono di Zeon!” Sayla inghiottì prima di rispondere. Poi, scandì bene le parole una dietro l'altra: “Io non pretendo alcun trono.” Kai soffocò una risata e si mise le mani sui reni, doloranti per l'atterraggio inaspettato di poco prima. Indicò la maschera sul tavolo. “E allora cosa mi dici di questa mascherata? Di questa nuova identità? “Sarah Aznable”... c'é Arthesia, c'é Sayla, ed adesso anche Sarah! Fai a gara con tuo fratello?” Sayla scosse la testa. “Tornare a Zeon come Arthesia Deykun sarebbe stato inutile, i sostenitori di mio padre sono ormai tutti vecchi o morti. Il nome di Char Aznable si celebra ancora, invece, e presentarmi come sua sorella mantenendone il cognome ha facilitato di molto le cose. Tutti sapevano che Char aveva una sorella, ma nessuno sa di Sayla Mass, né alla Federazione, né qui. E non dovranno mai saperlo, per il bene di noi tutti!” “Addirittura!”, ghignò Kai massaggiandosi il mento. “Rifletti, Kai. Se si cercano connessioni tra Sayla e Zeon, non se ne trovano. Ma basta nulla per collegarmi all'equipaggio della White Base. Io adesso sono libera di perseguire i miei piani perché agli occhi di tutti sono sola... Sarah Aznable é sola... ma cosa avverrebbe se scoprissero che sono anche Sayla Mass... Sayla, che oltre che sorella di Char ha anche una pseudo-famiglia composta dai suoi vecchi commilitoni? Mirai sta dilapidando la fortuna della sua famiglia per passare inosservata e garantire che nessuno possa rintracciarla e ricattare Bright o fargli pressioni nel suo lavoro a Londenion. Sei mai stato a casa sua?” “Sì”, ammise Kai con una smorfia di disgusto. “Fraw ha cambiato nome dopo la morte di Hayato per proteggere suo figlio, Letz ha preferito espatriare clandestinamente, Kikka...” Sayla si morse un labbro. “Kikka si é offerta volontaria come pilota collaudatore newtype alla Anaheim”, continuò Kai, “ha accettato di fare la cavia, a patto che i federali lasciassero stare Fraw e Letz, lo so... “ “E poi, ci saresti anche tu”, aggiunse Sayla. “Anche io cosa? Non ho bisogno di protezione, io!”, protestò Kai, e se ne pentì subito, ripensando al pugno di pochi minuti prima. “Tu forse no, ma i tuoi pupilli? Cosa mi dici dei fratelli minori di Miharu? So che ti prendi ancora cura di loro, addirittura paghi loro gli studi!” Kai abbassò lo sguardo. “Vedi?”, sorrise Sayla, “Non sei il solo segugio, qui. E come posso arrivarci io, possono arrivarci anche quelli che vogliono colpire te. O che vogliano colpire, attraverso te, me” Kai scosse la testa. “Ma se tu stessa ammetti che ci sono questi rischi, perché questo tuo rientro a Zeon, quali sono le tue intenzioni, Sayla?” Sayla gli voltò le spalle, raggiunse il tavolo, raccolse la maschera e la indossò. Si voltò verso di lui. “Zeon non ha bisogno di un Aznable, in realtà non ha bisogno nemmeno dei Deykun o degli Zabi, non più. Zeon ha bisogno di una Cometa Rossa. Finché ci saranno in giro pazzi fanatici come lo erano mio fratello o Full Frontal... questa maschera, questo mantello... é meglio che li indossi io.” “In pratica ti stai investendo del ruolo di leader moderato?”, l'imbeccò Kai, traendo il suo registratore portatile dalla tasca della giacca e poggiandolo sul tavolo. Sayla lo guardò storto, Kai ne ebbe la certezza nonostante lei indossasse la maschera. “Brutta canaglia”, sibilò lei dopo un momento, “adesso vuoi provare a rubare un'intervista anche a me? É per questo, che sei venuto fin qui?” Kai scosse la testa e premette un pulsante sul registratore, che proiettò una piccola immagine tridimensionale di un logo, una M ed una D stilizzate e fuse assieme in una finitura metallica. “Il nome 'Massive Dynamics', ti dice qualcosa?”, chiese Kai, improvvisamente serio. Sayla ci pensò un attimo. “Non era una delle ditte che costruirono le colonie?” “Esatto!”, Kai batté una volta le mani, “Era la ditta principale coinvolta nel “Progetto Island 3”, quello per la colonizzazione spaziale. Fece un sacco di soldi, finché non si decise che le colonie erano ormai abbastanza e bisognava controllare il numero di nascite...” “Mi ero sbagliata. Non sei qui per un'intervista, ma per farmi una lezione di storia dell'economia moderna”, ironizzò Sayla. Kai non raccolse la sfida. “Cosa ti viene in mente se ti dico 'Zeonic Heavy Industries'?”, continuò. “Il maggior produttore di Mobile Suits Zeoniani durante la Guerra di Un Anno”, rispose Sayla, cercando di capire dove Kai volesse andare a parare. “E se ti dico 'Anhaeim Physics Solutions'?”, continuò imperterrito lui. “Mi prendi in giro?”, protestò lei. “No”, si affrettò a rispondere Kai, “Non ti prendo in giro, chiedendoti se conosci queste due ditte. E non ti prendo in giro nemmeno quando ti dico che erano, anzi sono sempre state, seppure in segreto, delle sussidiarie della Massive Dynamics, che oggi si chiama ufficialmente Anaheim Electronics” Sayla sentì la sua mascella cadere. “Vuoi dire che in realtà durante la Guerra di Un Anno era la Massive Dynamics a rifornire sia gli arsenali di Zeon che quelli della Federazione, attraverso dei prestanome?”, disse infine. Kai abbassò il capo. Come dire, proprio a lei che ne aveva tanto sofferto, ciò che aveva scoperto? Nondimeno, se c'era qualcuno che avesse diritto a sapere prima degli altri la verità, era proprio lei. “Sayla...”, esordì, “se fosse solo questo, oggi non ti avrei disturbata. Cosa sai dirmi del Topkapi?” Sayla trasalì. “Te lo ha detto Mineva? Dell'astronave-cantiere di suo padre Dozul?” “Già”, ammise Kai, “Ma poi ho scoperto che anche Dozul e Gihren erano al soldo della Massive Dynamics, e non solo loro. E il Topkapi é una nave della Massive Dynamics, non degli Zabi. La avete ancora voi, vero? Dimmi dov'é.” Lei scosse la testa, causando una piccola mareggiata bionda tra i suoi capelli. “Questa non é una notizia da dare alla stampa, Kai!” Kai le corse incontro e osò afferrarla per una spalla e scuoterla. “Non hai capito. C'è qualcun altro che la cerca, é per impedire che finisca nelle sue mani che devo trovarla prima io!” Sayla gli scostò via la mano. “Allora taglia corto e spiegami tutto, e vedi d'essere convincente... perché io non mi fido più di te, Kai!” Kai annuì grevemente e premette nuovamente il tasto sul registratore, il logo della Massive Dynamics venne sostituito dall'immagine di un vecchio dal volto deturpato su una sedia a rotelle. “Al giorno d'oggi, se non hai almeno tre identità diverse non sei nessuno. Questo tizio é Marc Couvet, executive della Anaheim Electronics, alias Mark Uber, azionista della Massive Dynamics... alias Colonnello M'Quve, del Principato di Zeon!” Sayla si tolse la mascherina. Gli occhi erano spalancati. “Sì, Sayla. É ancora vivo.”, aggiunse Kai. Mentre la osservava, si sentì pronto per iniziare a raccontarle la brutta storia di cui era venuto a conoscenza, ma prima avvertì il dovere di farle un'ultima domanda. “Sayla... ci hanno sempre raccontato che lo sviluppo dei Mobile Suit fu causato dallo scoppio della Guerra di Un Anno”, fece una pausa per guardarla bene dritto negli occhi. Misurò le parole per misurare le reazioni di lei. “...Ma cosa faresti, se io adesso ti dimostrassi al di là di ogni tuo ragionevole dubbio, che fu invece la Guerra di Un Anno ad essere provocata in modo che potessero essere sviluppati i Mobile Suit?” Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 27 Ottobre 2013, 12:02:14 Non m'ero accorto di questa storia. Che devo dire? Meravigliosa! Solo la Divina con la mascherina è da nobel, se ci mettiamo M'Quve ridotto tipo il capitano Pike di Star Trek e Kai che prima le prende da Lei e poi si fa, spero, sparare dagli scagnozzi di M'Quve, non posso che adorare il tutto. Bravissimo, come sempre, Bright.
Ho sempre pensato che le mille versioni della morte del colonnello siano amalgamabili tra loro come "leggende", chi lo ha visto morire qui, chi l'ha incontrato là, chi ha saputo che è crepato qua. E poi, Lei che prende il posto di Char è bellissimo, del resto cani e porci si sono appropriati dell'identità di Char, meglio che la usi sua sorella. Mi ricorda questo il finale della seconda stagione di Code Geass. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 27 Ottobre 2013, 15:24:15 Non m'ero accorto di questa storia. Che devo dire? Meravigliosa! Solo la Divina con la mascherina è da nobel, se ci mettiamo M'Quve ridotto tipo il capitano Pike di Star Trek e Kai che prima le prende da Lei e poi si fa, spero, sparare dagli scagnozzi di M'Quve, non posso che adorare il tutto. Bravissimo, come sempre, Bright. Grazie tanto per il commento, Hikaru. Non ho mai visto Code Geass, ma come artificio narrativo il buono che passa a fare il leader dei cattivi non è una novità in effetti. Come sai, adoro il personaggio di Kai, quindi aspettati parecchie altre sequenze con lui prima che qualcuno prema quel grilletto...Ho sempre pensato che le mille versioni della morte del colonnello siano amalgamabili tra loro come "leggende", chi lo ha visto morire qui, chi l'ha incontrato là, chi ha saputo che è crepato qua. E poi, Lei che prende il posto di Char è bellissimo, del resto cani e porci si sono appropriati dell'identità di Char, meglio che la usi sua sorella. Mi ricorda questo il finale della seconda stagione di Code Geass. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 27 Ottobre 2013, 16:01:09 Non ti preoccupare, mettilo quanto vuoi, purché alla fine il grilletto lo premano davvero e non sia salvato.
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 27 Ottobre 2013, 18:15:32 Non ti preoccupare, mettilo quanto vuoi, purché alla fine il grilletto lo premano davvero e non sia salvato. ma che t'ha fatto, poveraccio? Io trovo anzi sia uno dei personaggi meglio scritti nella saga...Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 27 Ottobre 2013, 19:11:34 Troppo "anarchico", se mi passi il termine, per i miei gusti; e non tollero che ronzi attorno alla Divina. Poi è vero che sia stato caratterizzato ottimamente. Ma se si becca un proiettile, non piango di certo.
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 30 Ottobre 2013, 10:20:29 III
Se c'era una lezione, una sola, che la razza umana aveva davvero imparato negli anni del colonialismo spaziale, era che quella che comunemente veniva chiamata “immondizia”, in realtà, non era affatto tale. Dalla moderata differenziazione delle materie riciclabili da quelle organiche che aveva preso piede all'inizio del Ventunesimo Secolo del Vecchio Calendario, si era passati al recupero e riutilizzo di qualsiasi cosa, organica ed inorganica, di origine biologica o minerale, profumata o meno gradevole. Ormai nel pieno dell'era dei monitor portatili avvolgibili, se mai si stampava ancora qualcosa su carta, quella era prodotta riciclando da quelle foglie secche cadute dagli alberi che risultavano meno indicate per la conversione in concime. I gas di scarico dei pochi motori a combustione ancora esistenti venivano raccolti e concentrati per estrarne i solfuri da riutilizzare nell'industria siderurgica. L'acqua piovana, ma anche quella alla base di tutte le bevande gassate era ottenuta depurando e riciclando l'urina umana... questo perché appositi studi avevano dimostrato che, sebbene fosse difficile convincere un uomo a bere un bicchiere d'acqua tiepida purissima ma che egli sapeva provenire dall'uretra di un altro uomo, tale resistenza inspiegabilmente svaniva se nel bicchiere c'era, invece dell'acqua, una gazzosa ghiacciata della stessa identica origine. Certo, si era dovuti arrivare al punto di dover abbandonare la Terra, ormai sovraccarica, prosciugata ed avvelenata, per arrivare a questo grado di maturità ecosostenibile, tuttavia chiunque, nell'Universal Century, avrebbe commentato la tardiva presa di coscienza con un antico adagio: ”Meglio tardi che mai” ...sebbene tutti, in cuor loro, sapessero che più che saggezza quell'adagio grondava scuse e giustificazioni, e che non c'era, non poteva esserci, niente di peggiore dell'essersi accorti tardi di quanto stava accadendo al pianeta. E il trovarsi a bere urina depurata quale bevanda rinfrescante nei momenti di svago, sotto sotto, sembrava un po' a tutti la beffa diabolicamente vendicativa di Madre Natura. Nelle colonie spaziali, gli abitanti riciclavano davvero tutto, consci di poter contare solo in minima parte sulle risorse provenienti dall'esterno. Ma se sui SIDEs la gente piangeva, sulla Luna non si rideva mica, anzi! Pur ricchissima dal punto di vista minerario, il nostro satellite era clamorosamente sprovvisto di risorse di origine organica, per produrre le quali si era dovuta forzare -ancora una volta!- la natura stessa della piccola e fedele compagna della Madre Terra. Mentre le serre delle colonie orbitanti, grazie alla forza centrifuga prodotta dalla loro rotazione, riuscivano ad ingannare le piante al punto da farle crescere in un surrogato di forza di gravità paragonabile a quella terrestre, questo non era fattibile sull'argenteo corpo celeste, dove l'attrazione era insindacabilmente ridotta ad un sesto. Pochissime piante e un numero ancor più ridotto di animali, riuscivano ad attecchire sul satellite senza manifestare presto o tardi delle problematiche: sebbene alcuni vegetali crescessero rigogliosi ed altissimi per il ridotto peso, a tale aumento non corrispondeva un'adeguata fotosintesi, poiché la Luna, i cui moti di rotazione e rivoluzione si equivalgono quasi, mostra sempre la stessa faccia al Sole e sempre la stessa alla Terra, causando nella prima esposizioni solari altissime e difficilmente schermabili, nella seconda una quantità insufficiente d'illuminazione. La soluzione più banale eppure efficiente, le serre pressurizzate, dovevano adattarsi continuamente al problema gravitazionale e rincorrere con costanti aggiustamenti le spesso imprevedibili svolte che ogni singola pianta prendeva in fase di crescita in quegli ambienti, dove la pressione atmosferica era comunque leggermente superiore alla media di milletrentatré millibar presente in natura sulla Terra. Le perdite di interi raccolti erano all'ordine del giorno al punto che avevano permesso lo sviluppo di un fiorente mercato di scommesse sul successo di questa o piuttosto quell'altra coltivazione nell'anno in corso. Gli animali, in compenso, soffrivano quasi tutti di pressione arteriosa bassissima: un problema che si contrastava con costanti flebo di soluzioni saline, auspicando che l'inconveniente si sarebbe ridotto nel prosieguo delle generazioni ma lasciando probabilmente il posto ad altri effetti indesiderati: non si sarebbe mai potuto portare un animale nato sulla Luna su una colonia o sulla Terra a meno di volerlo vedere schiattare di fatica sotto il suo stesso peso, le varie progenie avrebbero reagito diversamente alle cariche batteriologiche degli esseri umani rispetto ai loro antenati terrestri, i quali erano invece del tutto indifferenti ad esse... per non parlare dell'oggettiva difficoltà pratica, ad esempio, nel mungere una mucca, le cui mammelle sono state progettate da millenni di adattamenti evolutivi perché funzionassero sulla Terra, non nelle attuali condizioni di gravità ridotta. I rifiuti biologici riciclabili, insomma, sulla Luna valevano oro o perlomeno quanto i prodotti biologici “nuovi”, essendo perfino quotati in Borsa. Una città spiccatamente industriale come Von Braun City aveva bisogno di riciclare ogni giorno tonnellate di rifiuti organici per il sostentamento della sua popolazione, la quale produceva, nel corso delle sue attività, ogni giorno tonnellate di rifiuti organici. Il luogo dove questa sorta di cane ecologico si mordeva più ferocemente la coda era il comprensorio degli stabilimenti della Anaheim Electronics, un agglomerato di oltre 120 Km quadrati di uffici e catene di montaggio nel quale lavoravano ogni giorno, incessantemente e su tre turni di otto ore ciascuno, qualcosa come diciottomila operai, cui andavano aggiunti altri tremila tra impiegati e manager negli orari d'ufficio. Senza essere troppo distanti dal vero, si poteva asserire che Von Braun fosse la città lunare più popolosa anche solo grazie all'apporto di questa blasonata compagnìa, leader mondiale nella costruzione di veicoli terrestri e spaziali, telecomunicazioni, applicazioni tecnologiche e, soprattutto, armamenti. Nel comprensorio della Anaheim non si entrava facilmente: come per ogni compagnia specializzata nelle forniture militari, l'accesso al pubblico era fortemente limitato e controllato, le visite d'istruzione per le scolaresche avevano liste d'attesa di tre mesi con doppio stralcio del personale docente accompagnatore e dei singoli studenti, la stampa veniva convocata raramente ed in apposite strutture appartenenti alla società ma poste al di fuori dell'area principale, mentre i dipendenti erano forniti di pass di sicurezza a quadrupla chiave di verifica: PIN personale, lettura delle impronte della mano sinistra, lettura dell'iride, riconoscimento vocale. I sistemi di sicurezza negli edifici perimetrali e nel muro di cinta che delimitava l'area constavano di numerosi sensori, perlopiù spettrografi ad attivazione organica con margine di lettura nell'ordine del decimetro cubico. Se sulla Luna ci fossero stati dei topi, non sarebbero riusciti ad entrare nel comprensorio dell'Anaheim senza far scattare gli allarmi, il sistema di sicurezza era di fatto considerato uno dei dieci più sicuri al mondo, sicuramente il più sicuro nell'industria privata. Eppure, una falla c'era... Una serie di carrelli robotizzati gialli delle dimensioni di un trattore agricolo, facevano costantemente la spola dai vari edifici del comprensorio fino alla sezione di smaltimento e recupero dei rifiuti organici. In questa sezione, posta a ridosso di uno dei muri di cinta del comprensorio, partivano e arrivavano due ulteriori tipologie di veicoli robotizzati, ancora più grandi. La prima, trasportava i rifiuti organici non immediatamente riciclabili per ben centottanta chilometri attraverso le lande disabitate del Mare della Tranquillità fino ad un'apposita centrale di trattamento, appartenente alla società, ma messa a disposizione della municipalità tutta per usufruire delle risorse recuperate. La seconda, proveniva da detta centrale e trasportava, lungo lo stesso tragitto, le sostanze già parzialmente trattate dalla centrale alla sezione di smaltimento dell'Anaheim. Da impresa d'altissimo profilo quale era, la AE poneva la massima cura nel recuperare e riutilizzare più volte i suoi stessi rifiuti e quanti altri le riuscisse d'ottenere, perfino vendendo gli eventuali surplus non necessari a terzi. I trasporti da e per la centrale non erano un bel vedere: somigliavano ai camion della spazzatura del tardo medioevo terrestre, tra il ventesimo ed il ventunesimo secolo, con le sole differenze di essere totalmente automatizzati e mossi da motori elettrici alimentati da pannelli solari coadiuvati da un minuscolo ma efficiente reattore a fusione nucleare. Ben poco differente dai camion della spazzatura del passato, invece, era il grado di pulizia di questi automezzi, e di uno in particolare, talmente sudicio da far scattare ad ogni passaggio l'allarme perimetrale di rilevamento organico, che pure in quel tratto della recinzione aveva, per ovvie ragioni, sensibilità calibrate ben più in basso del resto del comprensorio. Un inconveniente che avveniva mediamente sei volte al giorno e al quale nessuno del personale di sicurezza della Anaheim badava più, vista la sgradevole incombenza che sarebbe conseguita al fermare il veicolo ed ispezionarlo da cima a fondo. Quel giorno, dopo l'ennesimo falso allarme, un sacco di materiale biodegradabile dal colore nero e della capacità di circa trecento litri, apparentemente pieno come un uovo, rotolò dolcemente via dal container del trasporto robotizzato, giù in strada, per poi incastrarsi con precisione millimetrica sotto la scocca di uno dei carrelli robotizzati di colore giallo che facevano la spola tra gli edifici e la centrale di smistamento rifiuti. Non un carrello qualsiasi, ma proprio uno che stava tornando dalla centrale alla palazzina di provenienza: la torre che, dal centro del comprensorio, si innalzava per otto piani. Otto piani zeppi di uffici dirigenziali. Nel rientrare nel seminterrato della torre dove i nastri trasportatori stavano disponendo il carico di rifiuti successivi, il carrello robotizzato giallo percorse una curva estremamente dolce e lenta. Nonostante la ridicola accelerazione angolare, il sacco nero si staccò violentemente dalla scocca e rotolò molto convenientemente tra i nastri trasportatori, finendo su uno di quelli che scorrevano di ritorno verso i piani superiori dell'edificio. Una volta trasportato dal seminterrato al piano terra, Kai Shiden rotolò fuori dal sacco biodegradabile e, afferrando i lembi della casacca da operatore ecologico che indossava per distenderne le sgualciture, infilò di soppiatto la porta che conduceva alla tromba delle scalette antincendio... Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 30 Ottobre 2013, 10:21:02 La tromba delle scale saliva per tutti gli otto piani ed era deserta. Stando bene attento ad evitare di farsi inquadrare dalle poche telecamere di sorveglianza, Kai salì le prime quattro rampe e si trovò al primo piano, tre livelli al di sotto di quello che era il suo obiettivo. Qui, notò il primo inghippo al suo piano d'infiltrazione filato finora così incredibilmente liscio: le porte d'accesso alle scale antincendio potevano essere aperte dall'interno dei singoli livelli, piano terra incluso, a mezzo di una comune maniglia antipanico ma, per rientrare ai piani, occorreva effettuare il solito login a quattro chiavi mediante un apposito lettore posto di lato alle singole porte. Di fatto, si trovava intrappolato nella tromba delle scale.
Non perdendosi d'animo, Kai trasse altri due sacchetti per la spazzatura dalle tasche, vi soffiò dentro gonfiandole parzialmente, ne legò le aperture facendo loro assumere la parvenza di sacchetti parzialmente pieni, salì con le stesse identiche precauzioni le rampe che lo separavano dal quarto piano e si mise in attesa appena prima della porta d'accesso al piano. Passarono circa venti minuti, prima che qualcuno aprisse la porta: un giovane impiegato in completo blu scuro e cravatta rossa con fermaglio personalizzato della Anaheim fece capolino, brandendo una sigaretta elettronica spenta fra l'indice ed il medio della mano destra. Vedendo l'intruso, il giovane rimase impietrito dalla sorpresa, con la e-cig non ancora accesa avvicinata alle labbra. Kai, che negli anni aveva preso e smesso più volte a fumare vere sigarette di tabacco, osservò per un breve compassionevole istante il dettaglio, poi agì fulmineo per non lasciare all'altro il tempo di elaborare troppo la situazione. “Permesso!”, disse con un tono brusco ed arruffato. “Ma lei cosa ci fa, qui?”, domandò il tizio frapponendosi tra lui e la porta, che si richiuse alle sue spalle con uno scatto. Kai si trattenne dal sibilare una bestemmia e cercò di non mandare a monte da solo la sua copertura: alzò i sacchetti all'altezza del viso dell'uomo e li agitò velocemente, per poi riallontanarli prima che questi potesse esaminarli troppo bene. “Secondo lei cosa faccio? Raccolgo le schifezze che qualche incivile getta lungo le scale!”, rispose con lo stesso tono di prima. Il giovane sorrise guardando la sua fantasmagorica sigaretta a zero emissioni e ribatté: “Ma qui c'é un robot, che si occupa di questo!” Già, evidentemente il tizio era solito farsi le sue fumatine lì e sapeva bene come veniva effettuata la pulizia... “Dovrebbe esserci! Ma quel catorcio ha aspettato che fosse di turno il sottoscritto, per guastarsi!”, ribatté rapido Kai, aggiungendo: “Guardi, non mi hanno saputo fornire nemmeno dei guanti per maneggiare questa robaccia!”, e agitò nuovamente e più velocemente i sacchetti pieni di nulla davanti al viso del tizio, che si ritrasse schifato e convinto dalla sua immaginazione d'aver distintamente avvertito degli odori rancidi e ignoti provenire dai contenitori. Il giovane guardò Kai con commiserazione e fece per dargli un'amichevole pacca sulla spalla con la sinistra, ma ci ripensò e ritrasse la mano. Kai lasciò passare un attimo di imbarazzato silenzio, poi indicò la porta con un cenno del mento e mostrò nuovamente le mani impegnate con i due finti pacchi. “Le spiace?!”, brontolò. L'altro vide una facile e dignitosa scappatoia dallo sgradevole incontro e subito agì sul pannello di apertura della porta digitando un numero, facendosi leggere dita ed iride e biascicando il suo nome ad un microfono. La porta si sbloccò con uno scatto e l'uomo la tenne aperta per Kai sorridendo. Kai farfugliò un “Grazie” ed entrò. Prima ancora che la porta si richiudesse del tutto, i sacchetti erano di nuovo sgonfi ed infilati nelle sue tasche. “Sei riuscito ad entrare all'Anaheim facendo al contrario il percorso dei rifiuti organici?”, domando Sayla, visibilmente divertita. Kai cercò d'accomodarsi meglio sul grande divano di pelle bianca, dandosi un leggero tono da macho. Non che sperasse minimamente di far colpo sulla sua ex compagna d'armi, ma la conosceva abbastanza da riuscire a cogliere una punta d'ammirazione nel suo commento, il che non faceva mai male. Sayla era sempre una fonte utile per i suoi reportage. “Non credere sia stato facile.”, rispose infine, “Ho dovuto studiare il percorso per qualche giorno e... ungere un paio di tecnici per farmi dire qual'era il convoglio giusto su cui salire.” Sayla si sforzò di restare seria mentre soppesava la risposta, ma durò appena qualche secondo. Un “pfff!” emerse dalle labbra serrate nel tentativo di non ridere. “Credevo volessi delle prove per quello che ti ho appena detto!”, protestò Kai, contrariato. Stavolta il tentativo ebbe l'effetto sperato. “Scusa. Continua pure.”, disse lei, tornata seria. Kai poggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese il viso tra le mani. “L'ufficio del nostro amico si trova al quarto piano della Torre, il padiglione principale...” Convincere la segretaria di Marc Couvet a collaborare era stato per Kai assai più semplice che farsi aiutare dall'impiegato precedente. Era prassi comune, alla Anaheim, assumere donne giovani e di bell'aspetto, ma anche le più belle avevano il solito difetto: presto o tardi invecchiavano. Per una cinquantenne, non importa quanto ancora piacente, il confronto con le nuove arrivate era sempre una gara persa in partenza, spesso si finiva a lavorare in uffici ben nascosti al riparo dalla facciata di bellezza e glamour che dominava i corridoi principali. Ma Marc Couvet era, a quanto si diceva, un tipo molto pratico e che badava al sodo. In più, aveva un aspetto estremamente sgradevole. Quanto bastava per rendere il posto della di lui segretaria meno appetibile per le dipendenti giovani. Kai, dal canto suo, i suoi trentotto anni li portava piuttosto bene. Il tempo aveva ingrigito quasi del tutto i suoi capelli, le rughe avevano fatto capolino, ma una massiccia dose di esercizio fisico costante, sommata al lavoro che spesso gli imponeva il fuggire a gambe levate, avevano mantenuto la sua postura dritta ed il girovita ben al di sotto del livello di guardia. Avvicinare Martha Estevez, la segretaria di Couvet, “per puro caso” un decina di volte al supermarket in cui si servivano i dipendenti della società, scambiando di tanto in tanto qualche cortese battuta, fino a rendersi una faccia nota e simpatica, era stato abbastanza facile. Martha aprì la porta dell'anticamera dell'ufficio di Couvet ridacchiando. “Non avrei mai detto che fossi un collega!”, civettò facendogli cenno di entrare. Kai aveva rivoltato il suo giubbotto da operatore ecologico, all'interno del quale era stato precedentemente cucito l'esterno di una giacca dello staff tecnico dell'Anaheim. “In effetti non capito spesso da queste parti”, rispose alla signora che si era appoggiata allo stipite della porta con fare complice, “il fatto è che i sacchetti ermetici per i rifiuti sviluppati da Mister Couvet non soddisfano più le specifiche del nostro committente”, le mostrò i sacchetti che aveva già utilizzato precedentemente, adesso opportunamente strappati sul fondo, “ed é meglio che ce ne accorgiamo noi, prima che se ne accorga il cliente!”, aggiunse in tono confidenziale. “Mmmm, molto saggio, caro. Però ero convinta che il signor Couvet si occupasse solo di armamenti!” “Infatti”, sorrise Kai, “questi sono gli esemplari più recenti di un progetto che lui aveva supervisionato dieci anni fa, quando era ancora alla sezione di sviluppo ecotecnologico!” “Non fanno più le cose bene come una volta!”, convenne Martha, “attendilo pure qui, ma sappi che é in riunione e non dovrebbe tornare prima di mezz'ora!” Kai diede un'occhiata attraverso la porta a vetri che separava l'anticamera dall'ufficio vero e proprio. Viste le particolari condizioni fisiche di Couvet, non era stata applicata alcuna chiusura particolare... perché mai ne avrebbe avuto bisogno, poi? Si trovava al centro del palazzo centrale del centro direzionale della più importante centrale di sviluppo tecnologico della Sfera Terrestre, dopotutto! “Oh”, rispose sorridendo dopo aver attentamente analizzato la situazione, “sono convinto che troverò un modo per ammazzare il tempo!” “Se non ci dovessi riuscire, puoi sempre fare un salto da me nell'ufficio accanto!”, suggerì Martha giocherellando con un ciondolo d'argento a forma di conchiglia che le scendeva nel generoso décolleté, ammiccando. Kai deglutì e la saliva gli andò di traverso facendolo tossire, ma riuscì ad abbozzare un “Contaci!” che a Martha dovette sembrare abbastanza sincero, dato che girò sui tacchi e uscì dalla stanza ancheggiando e canticchiando una qualche melodia sconosciuta, senza smettere di tormentarsi il ciondolo. Kai finse di seguirla con lo sguardo, poi si voltò verso la porta a vetri, si asciugò con la manica la saliva che la tosse aveva fatto colare fuori dalla bocca ed entrò in un battibaleno. In appena tre passi, era già davanti alla scrivania di Couvet, intento ad esaminare il gigantesco touchscreen ricavato sul ripiano. Tracciando un cerchio con l'indice ne invertì di 180 gradi l'orientamento ed inizio a pigiare sulle cartelle del desktop, aprendo varie finestre tridimensionali che venivano proiettate con ologrammi davanti al suo viso. Preso dalla foga di penetrare nell'ultimo nascondiglio di un vecchio nemico, non notò minimamente che, sebbene Couvet non fosse in ufficio, un uomo in giacca nera era seduto al mobile bar giusto al lato della porta a vetri. Questi posò sul tavolino del mobile il suo drink, si alzò silenziosamente dallo sgabello ergendosi nel suo metro e novanta di altezza, si slacciò il bottone anteriore della giacca, arrivò alle spalle di Kai, lo osservò lasciandolo fare per qualche secondo ancora, fino ad intuirne le intenzioni senza rischio di fraintendimento e, infine, gli assestò un micidiale pugno dietro la nuca. Kai rovinò sul tavolo facendo rimbalzare due volte il capo sullo schermo tattile. All'improvviso, attorno al suo viso non c'erano più ologrammi, ma solo il buio pesto. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 30 Ottobre 2013, 19:36:46 Ottimo capitolo; quindi Kai è riuscito astutamente ad infiltrarsi all'AE, facendo pure il provolone con la segretaria, molto scalto, come sempre. Però s'è fatto infilare in un sacco della spazzatura, quindi è rotolato qua e là e poi s'è fatto pestare da un colosso forzuto, non posso non godere di tali tristi eventi. Eh, sì; io mi diverto con poco! :angelo:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: roberto - 31 Ottobre 2013, 06:51:57 devo ancora leggerlo, non ho tempo
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 12 Novembre 2013, 19:57:14 IV
Quando Jean Joseph de Lagrange, nel suo studio del “Problema dei Tre Corpi Semplificato”, calcolò la posizione dei punti di equilibrio gravitazionale che più tardi presero il suo nome, correva l'anno 1775 del Vecchio Calendario. Il matematico non aveva modo d'immaginare che, nel sistema Terra-Luna, alcuni di quei punti e precisamente L4 ed L5, i cosiddetti “punti toroidali”, fossero già occupati da corpi celesti. L'astronautica era ben al di là da venire, dopotutto, ed anche la tecnologia per l'osservazione dalla Terra era abbastanza primitiva. Fu solo duecento anni più tardi che un astronomo polacco, Kazimierz Kordylewski, s'accorse che in quelle aree della Sfera Terrestre orbitavano due estesi sciami di minuscoli corpi celesti, del tutto inosservabili per buona parte dell'anno. Questi accumuli presero appunto il nome di “Nubi di Kordylewski” e per molti anni, data la loro stabilità precaria, resero rischioso posizionare dei satelliti artificiali nelle loro vicinanze, mitigando di fatto l'utilità dei due punti toroidali. Solo con lo svilupparsi dell'attività nello spazio fu possibile mappare le Nubi di Kordylewski con precisione sufficiente a poter immettere in orbita Stazioni Spaziali permanenti senza correre il rischio che queste fossero crivellate dagli impatti con i minuscoli meteoriti. Con l'avvento del programma S.I.D.E., Settlement Initiative for the Demographic Emergency, buona parte dei vecchi satelliti artificiali divennero inutili, visto che le colonie, posizionate nelle orbite più strategiche possibili, avrebbero potuto espletarne le stesse funzioni assieme a molte altre. Fu allora che i piccoli sciami col nome polacco, infinitamente meno pericolosi degli altri corpi celesti erranti come meteoriti o comete, per resistere ai quali i SIDE erano ampiamente equipaggiati, caddero nel dimenticatoio accademico e nessuno di fatto se ne preoccupò più. “O così mi hanno sempre fatto credere!”, commentò amaramente Kai mentre, guardando attraverso il finestrino del piccolo shuttle, osservava i sassi spaziali scivolare lungo lo scafo ed impattarvi di tanto in tanto, prontamente respinti da un robusto I-field. Sayla, che occupava il sedile accanto a quello del reporter, scrutava con attenzione lo spazio immediatamente più lontano attraverso un binocolo agli infrarossi e solo dopo qualche secondo di assoluto silenzio rispose con un laconico: “Il miglior nascondiglio é laddove nessuno ha il fegato di cercare!” Già, rifletté Kai, un conto era proteggersi da una occasionale porzione dello sciame di micrometeore stando all'interno di una colonia, ben altro era andare a sguazzare nel fitto delle Nubi di Kordylewski con un piccolo shuttle, per quanto ben attrezzato. Nel tentativo di scacciare il pensiero, il giornalista volse lo sguardo verso il pilota della navetta: Haro, incastrato in una sede semisferica ricavata ad hoc nel pannello del cockpit, era stato convenientemente collegato al sistema computerizzato di navigazione. Il piccolo robot da compagnia aveva perso la sua proverbiale loquacità, concentrato su chissà quante migliaia di processi informatici. Oppure, semplicemente, aveva smesso di parlare con gli umani per ciarlare col computer di bordo... “Sai, non ti facevo tipa da questi giocattoli”, disse Kai. “Se intendi Haro, questo non é affatto un giocattolo”, rispose seria Sayla. Il reporter per un attimo stentò a credere alle proprie orecchie. “Per carità, Sayla, capisco che un Haro possa riportare a noi del vecchio equipaggio della White Base un sacco di ricordi, ma da qui al dire che non é un giocattolo... e fidarsi al punto di fargli pilotare lo shuttle...”, sentenziò infine. “Questo non é un Haro”, Sayla si voltò e lo indicò, “guardalo bene, non puoi non riconoscerlo!” Kai si avvicinò al robot per quanto le cinture di sicurezza del sedile gli consentissero e, allorchè riconobbe alcuni dettagli, sgranò gli occhi. “Per la miseria, questo é l'originale!”, sbottò, “Quello di Amuro!” “É molto di più”, sorrise Sayla, “Amuro cercò di aggiornarlo ogni volta che poté. Poco prima della battaglia di A Baoa Qu, consapevole del fatto che il Gundam non sarebbe tornato, impiantò uno dei suoi cervelli di ricambio in Haro...” Kai sentì la mascella che gli veniva divelta dallo stupore. “Vuoi dire che...” “Sì”, confermò la ragazza, “corpo a parte, questo é in tutto e per tutto l'RX-78-2, così com'era nel momento del suo massimo splendore tattico-operativo.” Kai lo osservò meglio e con rinnovato rispetto. “Te lo ha lasciato Amuro?” “Mi disse che non avrei potuto avere guardia del corpo migliore”, sorrise amaramente lei, accomodandosi meglio sul sedile e riprendendo la sua osservazione col binocolo. Kai attese un attimo prima di osare. “Ti manca molto, vero?” Sayla sospirò. “Mi chiedo solo cosa farebbe adesso lui, se avesse saputo quello che mi hai raccontato!”, ammise. Quando Kai rinvenne, per qualche istante, gli sembrò d'avere ancora il viso attorniato dagli ologrammi proiettati dallo smart desk dell'ufficio di Couvet. In realtà si trattava degli strascichi dello stordimento repentino, qualcosa che nella cultura popolare veniva descritta con l'allocuzione: “vedere le stelle per il dolore”. “Ammetto di essere compiaciuto dalla sua insistenza, mister Shiden”, esordì una figura indistinta di fronte a lui. Kai si sforzò di mettere a fuoco la scena: davanti a lui c'era un uomo di forse settant'anni, col volto deturpato da due profonde cicatrici verticali che correvano quasi simmetriche lungo le gote. Tra i due solchi, la pelle era irregolare ed accartocciata, risultato di una gravissima ustione che aveva interessato anche la quasi totalità del cranio, lasciando pochi ciuffi di capelli qui e la, una sola ciocca dei quali era abbastanza lunga da ricadere sul viso, coprendo o quantomeno distogliendo l'attenzione dall'occhio sinistro, una protesi in vetro di ottima qualità, ma pur sempre una protesi. Alla fine del mento appuntito, un foulard rosso copriva il collo del misterioso interlocutore, per poi allacciarsi elegantemente sotto il colletto di una camicia di sartoria fasciata da un completo fatto su misura. L'uomo era seduto su un'antica sedia a rotelle di fattura europea, cui era stato applicato con perizia degna di restauratori rinascimentali un piccolo motore elettrico, asportabile se necessario. Soddisfatto di aver verificato l'identità del suo interlocutore, Kai passò ad esaminare la sua situazione: era seduto su una poltrona, guardato a vista da un energumeno in abito scuro. Tuttavia, era libero. Tornò a concentrare la sua attenzione sul paraplegico. “Monsieur Covet! Prego, stia pure comodamente seduto!”, disse. L'energumeno gli assestò un pesante ceffone sulla guancia, girandogli la testa di novanta gradi, ma non riuscì a cancellare il suo ghigno di scherno. “É per questo che ha insistito per settimane perché le concedessi un'intervista, Shiden? Per provocarmi con una battuta stupida?”, scandì il vecchio. “No”, rispose Kai calmo, “la battuta era per ringraziarla per avermi costretto ad infilarmi così nel suo ufficio, a furia di negarsi!” Couvet agì sulla leva di comando della sua sedia, allontanandosi da Kai. “Ammetto d'aver letto qualcuno dei suoi articoli di tanto in tanto, Shiden”, disse con sufficienza, “ma da qui al doverle concedere la mia disponibilità per forza ce ne corre”, girò attorno al tavolo elettronico al centro dell'ufficio, “e men che meno tollero le invasioni della mia privacy! Per cui si ritenga fortunato, se non la denuncio!”, e aggiunse, rivolgendosi al gorilla, “Buttalo fuori!” Il tizio afferrò con forza Kai e lo rimise in piedi, avviandolo ben poco amichevolmente verso la porta. “Oh, sono ben certo che non mi denuncerà!”, ribatté svelto Kai, “dopotutto, questo é solo un banale malinteso! Io non volevo disturbare il signor Couvet...”, puntellò i piedi sulla soglia della porta mentre l'altro cercava di spingerlo fuori, “... io voglio parlare col Colonnello M'Quve!” Al sentire queste parole, il vecchio alzò una mano. Il tirapiedi, che non aveva mai mollato Kai, smise di spingerlo e lo gettò di nuovo sulla poltrona. Dopo un istante di silenzio nel quale studiò l'intruso con lo sguardo più penetrante che la sua visione monoculare gli consentisse, M'Quve parlò. “Shiden, non sei mai stato un gran combattente e nemmeno un gran giornalista. Non so cosa diavolo ti passi per la testa... pur di non permettermi di sbatterti fuori di qui, preferisci costringermi ad ucciderti!” “Oh, lei non mi ucciderà, Colonnello!”, rispose sicuro di sé Kai, “Altrimenti, entro tre ore da adesso, quindici editori di mia fiducia riceveranno una bella e-mail con un scoop su uno dei criminali di guerra più ricercati della storia!”, Kai controllò con teatralità il suo orologio da polso, “Chissà chi di loro pubblicherà la notizia per primo!” M'Quve si morse un labbro. “Cosa diavolo vuoi?”, domandò infine. Kai si accomodò meglio sulla poltrona. “Mentre svolgevo delle ricerche su una vecchia astronave che sembrerebbe sparita nel nulla, mi sono imbattuto in una foto del suo varo. Tra i personaggi presenti ho riconosciuto lei, anche se il tag sulla foto parlava di un certo Mark Uber, azionista della Massive Dynamics...” M'Quve scoppiò in una risata. “Stai cercando di scrivere un articolo sulla Topkapi?”, urlò sporgendosi dalla sedia a rotelle e subito riaccomodandosi, “Beh, tanti auguri! Non se ne sa più nulla da prima che scoppiasse la Guerra di Un Anno!” “No”, rispose Kai senza fare una piega, “voglio sapere cosa ci fanno, in quella stessa foto...”, sfilò da una tasca della giacca una stampa di un'istantanea e la gettò sul tavolo. M'Quve la raccolse e la esaminò. Un gruppo di almeno venti persone, i visi di cinque dei quali erano stati cerchiati. Uno era il suo. Gli altri... “... il dottor Minovsky, che allora lavorava per la Zeonic, Gihren Zabi, Cardeas Vist della Vist Foundation... ed il dottor Ray, della Anaheim Electronics!”, elecò sorridendo Kai. “Ci siamo, la vedo!”, trasalì Sayla, “Haro, rilevamento tre-due-cinque, alzo quindici gradi, distanza stimata quindici chilometri!” Haro ruotò nella sua sede fino ad allinearsi con la direzione indicatagli. “Bersaglio acquisito, miss Sayla, rotta d'avvicinamento impostata!” Kai, che s'era lasciato fluttuare attorno al piccolo robot sfruttando l'assenza di peso, venne disarcionato dal suo movimento repentino e, pur con qualche difficolà, riguadagnò il sedile ed agganciò le cinture di sicurezza. “Fammi vedere!”, disse a Sayla. Lei gli passò il binocolo e gli indicò la direzione. Kai guardò attraverso lo strumento ed improvvisamente si sentì piccolissimo: pur appartenendo alla stessa classe della ben nota e gigantesca Jupitris di Paptimus Scirocco, la Topkapi presentava tutta una serie di pod e serbatoi aggiuntivi che si dipartivano dallo scafo principale, come le zampe di un colossale insetto. “Per non riuscire a scovarla in tutti questi anni, vuol dire che davvero da queste parti non ci hanno nemmeno provato, a cercarla!”, disse infine. “Probabilmente, chi era già a conoscenza dei segreti della Topkapi l'ha cercata usando il radar”, ammise laconicamente Sayla, “ma grazie alle Nubi, questa porzione della Sfera Terrestre é l'unica in cui i radar sono davvero inutilizzabili, a prescindere dalla bufala delle particelle Minovsky” Già, la bufala delle particelle Minovsky, rifletté Kai. “La Massive Dynamics era leader nella costruzione delle colonie spaziali, ma ad un certo punto il Governo Federale si rese conto che non se ne sarebbero potute costruire all'infinito”, sospirò M'Quve accendendosi un sigaro. “Venne riattivata la legge per il controllo delle nascite del periodo precoloniale”, rispose Kai. Una nuvoletta di fumo azzurro volteggiò tra i due. “Ovviamente, alla ditta questo non garbava affatto, perciò si ritenne necessario inventare un nuovo business per tirare avanti...”, continuò M'Quve. “...E fu così che la Massive Dynamics si divise in Zeonic e Anaheim per vendere le forniture militari ad entrambi gli eserciti!”, rispose Kai battendo le mani. “No.”, rispose secco l'anziano ufficiale. Kai sussultò. Era convinto d'aver intuito la storia, ma era chiaro che stava per venire fuori altro... “Nessuno avrebbe osato sfidare la Federazione, ai tempi. Per convincere le colonie ad innescare una guerra d'indipendenza, dovevamo far credere loro che esistesse un modo per aggirare impunemente i sensori dei federali...”, continuò M'Quve, greve. “E, contrariamente a quanto penso io, questo mezzo non erano i Mobile Suit, giusto?”, suggerì Kai. M'Quve fece una smorfia. “Le particelle Minovsky”, ammise, “non esistono. Non sono mai esistite. Non esistono gli psy-commu. Non esistono i NewType.” Kai si sentì mancare la terra sotto i piedi. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 12 Novembre 2013, 19:58:30 “Dev'essere questo”, indicò Sayla.
Kai alzò lo sguardo: la saracinesca dell'hangar era alta oltre trenta metri. Purtuttavia, sembrava un'entrata secondaria, se paragonata agli immensi interni della Topkapi. Era stupefacente il fatto che una nave così immensa contenesse ancora aria respirabile ad una pressione atmosferica ideale. Nonostante all'esterno lo scafo fosse completamente buio, all'interno era tutto perfettamente funzionante. Anche la chiusura di sicurezza di quella saracinesca. “Dobbiamo sbrigarci”, soggiunse Sayla richiamando Kai dai suoi pensieri, “gli uomini di M'Quve potrebbero arrivare qui da un momento all'altro!” Già, gli uomini di M'Quve. Troppo tardi Sayla avevano colto il vero motivo delle rivelazioni del vecchio colonnello. Solo al momento di attraccare sulla gigantesca astronave, il radar dello shuttle era stato abbastanza lontano dalle Nubi di Kordylewski da poter rilevare lo squadrone di Geara-Zulu in avvicinamento. L'esercito privato di M'Quve. “Haro, tocca a te!”, disse Sayla. Il piccolo robot si avvicinò alla saracinesca ed attivò il suo modem wireless per interagire con la chiusura di sicurezza. Dopo qualche secondo, il pannello di sicurezza s'illuminò e la saracinesca iniziò ad aprirsi. Kai, Sayla e Haro si fiondarono dentro, ma si bloccarono esterrefatti dopo pochi passi. “É lui”, disse Sayla. Kai lo guardò a sua volta. Non c'era dubbio, in effetti. Due grossi radomi di antenne radar avevano preso il posto delle beam sabers, gli avambracci montavano dei lanciatori multipli di missili, il beam rifle era il più grosso che avesse mai visto e, soprattutto, ovviamente non c'era alcuno scudo... ma era il Gundam, nella sua variante originaria. L'RX-78. Il Gundam dei Gundam. Una vibrazione percorse lo scafo, un rumore di passi in corsa risuonò lungo i corridoi. Kai si voltò. “Prendilo e portalo via!”, gridò a Sayla, mentre si lanciava in corsa fuori dall'hangar. “Tu cosa farai?”, rispose lei. “Ti faccio guadagnare tempo!”, rispose Kai prima di sparire oltre la saracinesca. “Convincemmo Minovsky, che era un fisico di terz'ordine ed un alcolizzato, a sostenere la scoperta delle particelle. Gli permettemmo di battezzarle col suo nome. Gli abbiamo fatto vincere il Nobel.”, ammise M'Quve, “ma, nella realtà, la Massive Dynamics manometteva sistematicamente i sensori dei veicoli federali durante le manutenzioni periodiche, in modo che rilevassero solo quello che noi volevamo.” “E perché introdurre i Mobile Suit?”, sbottò Kai. “Modificare i veicoli già esistenti non sarebbe stato un gran guadagno, così inventammo la Zeonic e la Anaheim... convincemmo Gihren e Dozul che l'effetto Minovsky era stato scoperto per caso durante le prove dei prototipi di Mobile Suit, causato dagli scarti dei nuovi reattori compatti Minovsky-Ionesco”. “Avete convinto Gihren che, se fosse scoppiata una guerra, usando i Mobile Suit avrebbe potuto vincerla?”, balbettò Kai. “Di più”, ammise M'Quve, “lo istigammo, tramite la Zeonic, e corrompemmo alcuni alti ufficiali federali perché, almeno inizialmente, non adottassero gli stessi prodotti, proposti loro dalla Anaheim. Arrivammo a fingere di licenziare alcuni dei nostri per far fondare loro altre ditte che fingessero di far concorrenza a Zeonic ed Anaheim. Rendemmo la via dei Mobile Suit universalmente accettata e credibile.” “Avete di fatto scatenato una guerra... con una truffa!”, realizzò Kai. Un lampo attraversò l'occhio buono di M'Quve. “Il nostro scopo era fare in modo che anche la Federazione acquistasse i Mobile Suit, per questo fornimmo a Gihren i motori per lanciare Island Iffish dentro l'atmosfera terrestre. Molti credono che l'operazione British fallì nel colpire Jaburo. In realtà fu la Massive Dynamics a far detonare la colonia prima che decapitasse lo Stato Maggiore Federale... Facemmo liberare Revil dalla prigionia, dopo avergli fatto subire in prima persona quello che i Mobile Suit potevano fare! la Federazione sarebbe stato un cliente assai più munifico di quanto avrebbe potuto mai essere Zeon!” Kai rimase in silenzio per un attimo. Anche per uno come lui, che amava definirsi un cinico bastardo, l'idea di due miliardi di morti in pochi giorni, tutti a causa di un contratto di forniture, era davvero troppo da mandar giù. Ma M'Quve non aveva di simili pensieri, non adesso perlomeno, e continuò spietato il suo racconto. “Poi però Gihren si montò la testa, voleva annientare la Federazione e farlo presto... non potevamo permettercelo, la guerra doveva durare il più possibile. Per questo permettemmo a Tem Ray di sviluppare il Gundam.” “Il padre di Amuro... sapeva?” M'Quve ghignò. “Ho conosciuto molti figli di puttana arrivisti, in vita mia... ma Tem Ray... meritava la fine che ha fatto. La cosa migliore che sia mai capitata ad Amuro Ray é l'essere rimasto orfano!” “Cosa aveva davvero di così speciale, il Gundam?”, trovò la forza di domandare Kai. “La spiegazione ufficiale? Aveva un modulo d'apprendimento delle battaglie. La spiegazione vera? Il suo cervello elettronico includeva un piccolo radar che a volte, su base randomica, funzionava!” “Amuro diceva che ogni tanto il Gundam sembrava facesse da sé...”, ricordò Kai. “Quel ragazzo non era un caso del tutto disperato!”, sorrise M'Quve. Kai cercò di tirare le somme della questione: la Massive Dynamics si vede bloccare la costruzione delle colonie, quindi crea due sussidiarie che riforniscano di armi fallate gli arsenali delle due fazioni e convincono la più debole delle due di poter davvero vincere. La guerra è innescata. Poi, quando la fazione numericamente più forte é in ginocchio, le offrono le stesse armi del nemico... la sconfitta é scongiurata, così come la fine del conflitto, e gli affari continuano. Restava solo una cosa, non chiarita. “Cosa c'entrano, in tutto questo, i Newtype?”, domandò. Kai era ormai convinto che il tempo concessogli su questo mondo si fosse esaurito. Legato alla sedia, pesto e malconcio, vide M'Quve sparire dentro l'ascensore della plancia della Topkapi lasciandolo in balia di due dei suoi uomini mascherati. Alzò lo sguardo verso la guardia alla sua destra, la quale gli aveva poggiato la canna di una pistola sulla fronte... a causa del passamontagna, poteva vedere solo gli occhi di quella guardia, occhi di un blu glaciale eppure contratti in un'espressione feroce. Sentendo un brivido lungo la schiena che sembrava un conto alla rovescia per l'oblìo, chiuse gli occhi. Sentì distintamente l'indice che si serrava sul grilletto. Strinse i denti e la vescica, pur consapevole che le viscere, “dopo”, si sarebbero subito rilassate. BANG! L'uomo alla sua sinistra s'accasciò al suolo tenendosi lo stomaco che zampillava fiotti di sangue. Kai riaprì gli occhi mentre la guardia dagli occhi blu rinfoderava la pistola e si sfilava il passamontagna. “Filiamo di qui!”, ordinò Sayla, risoluta come non mai. Kai restò per qualche secondo congelato in un sorriso ebete. Poi si riprese e, mentre la sua vecchia amica lo liberava dai legacci, chiese: “Ma allora chi diavolo lo sta pilotando, l'Omega Gundam?” Sayla lo afferrò per la collottola e lo rimise in piedi. “Il miglior pilota che un Gundam possa mai avere!”, rispose, e corse verso i pannelli di comando della plancia. “Amuro? Char?!”, pensò Kai, ad alta voce. Sayla si voltò. “No. Gundam stesso!” “Ma... ma... e la faccenda del 'tre volte più veloce' che dicevano i tecnici di M'Quve? Non è la firma della Cometa Rossa?” “Quella era un'altra trovata pubblicitaria. I NewType non esistono, no? In realtà, Casval mi confessò che, al massimo, era più veloce di UN TERZO! Ma Haro potrebbe anche farcela...”, rispose la ragazza mentre agiva sul pannello radio. Lo colpì con un pugno sbuffando di frustrazione. “Kai, aiutami a sintonizzarla, se le particelle Minovsky sono una balla, allora dovrebbero funzionare anche le radio... dobbiamo chiamare Haro... impedire a M'Quve di scappare!” Kai si avvicinò con un'aria stranita ed esordì dicendo: “Sayla, ecco... non sono stato del tutto sincero con te!” “Quando gli ufficiali più anziani delle due fazioni tirarono fuori delle armi più... tradizionali ed efficaci...”, iniziò M'Quve, mentre schiacciava il mozzicone di sigaro nel posacenere. “...parla del Solar System e del Solar Ray?”, interruppe Kai. M'Quve annuì. “Avevamo già iniziato a sviluppare il nostro business bellico successivo: i mobile armor.”, fece una pausa d'effetto, “Per pilotare i quali, dicemmo, servivano individui dotati di poteri speciali, degli Esper...”, M'Quve proruppe in una risata. “Allora... erano anche loro una truffa?”, sospirò Kai. “Lo spunto ce lo diedero i vaneggiamenti filosofici pseudoscientologisti di Zeon Deykun. L'evoluzione dell'uomo passa per le stelle!”, M'Quve sputò un rimasuglio di tabacco rimastogli tra i denti nel posacenere, poi riprese: “Noi nascondemmo dei radar e delle radio che funzionavano davvero nei Mobile Armour e fornimmo di ricevitori gli elmetti dei piloti. Riciclammo e perfezionammo una vecchia tecnologia sviluppata dai sovietici durante la “Guerra Fredda” dell'ultimo medioevo... Il ”sesto senso” dei NewType? Semplicemente, un radar collegato al loro cervello! La loro capacità di “comunicare” anche nello spazio? Lo facevano via radio, solo che non lo sapevano...” Kai scosse la testa... “Ne ho sentite di storie schifose, in vita mia, ma questa...” “Non é ancora finita, mio caro Shiden. Ci sono due dettagli di cui dobbiamo parlare...”, lo interruppe M'Quve, serio. “Quali dettagli?”, chiese Kai, stupito. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 12 Novembre 2013, 19:59:33 Haro, o meglio il computer dentro Haro, non combatteva da quasi vent'anni. Nondimeno, la macchina alla quale era interfacciato gli risultava comoda nella misura con la quale una scarpa sinistra fatta a mano e su misura può star comoda ad un piede snello, ben allenato, ma destro. L'RX-78-2 sentiva che l'RX-78-99 gli calzava come un guanto sbagliato, ecco. La rinnovata e accresciuta potenza di fuoco inebriava la macchina, per quanto una macchina, pur avanzatissima, possa provare simili sensazioni. L'unico problema era quella che un essere umano avrebbe chiamato “abitudine”, ma che per un robot era un “bug da incompatibilità verso il basso”. Si, insomma, lo scudo non c'era, ma l'RX-78 continuava a gestire il suo braccio sinistro come se esso ci fosse ancora... aggiungiamoci l'inebriamento di cui sopra, ed il pasticcio era stato presto combinato: potendo usare solo l'efficacissimo lanciamissili montato sul braccio destro, visto che il sinistro era impegnato con lo scudo immaginario, adesso il Gundam era a corto di missili. Mentre Haro nel cockpit si dannava per riprogrammare il suo modo di usare il braccio sinistro e poter adoperare anche i restanti missili, il sistema automatico dell'Omega Gundam si rifiutava di selezionare il beam rifle come arma principale in quanto secondo lui, a ragione, di missili ce n'erano ancora a bizeffe.
In tutto questo, l'unica cosa su cui entrambe i Gundam erano pienamente d'accordo era la lettura di un apparecchio che, sulla carta, non avrebbero nemmeno dovuto avere: il radar. Il radar diceva che gli otto Geara Zulu superstiti avevano abbandonato la Topkapi ed adesso si stavano avvicinando, il che era un problema visto che ancora non si era deciso con cosa combatterli. Nell'angolo più avanzato del suo sofisticatissimo cervello elettronico, Haro scommise con se stesso che a miss Sayla doveva esser sembrata proprio una gran pensata mettere un Gundam dentro un Gundam. Il radar tracciava il gruppo di Geara Zulu in avvicinamento costante ad ormai meno di quindici chilometri. Allontanarsi avrebbe voluto dire finire nelle Nubi di Kordylewski, annullando l'esile vantaggio del radar funzionante. Avvicinarsi senza aver risolto il conflitto nella selezione dell'arma sarebbe stato l'equivalente robotico del suicidio. Nel frattempo, le poche risorse di sistema di Haro non impegnate dalla gestione del combattimento, risorse che qualora fossero state libere gli avrebbero garantito di riprogrammare con maggior velocità l'impasse, erano impegnate nello svolgere una piccola routine che Kai Shiden aveva inserito nel piccolo robot-palla mentre questo era impegnato a pilotare lo shuttle e Sayla era concentrata nella ricerca della Topkapi... “Il primo dettaglio, mio caro Shiden, é che stiamo parlando ormai da oltre quattro ore, eppure nessun media sta parlando di me...”, ghignò M'Quve, “ergo, la tua minaccia, come sospettavo, é un bluff!” Kai si guardò l'orologio e si lasciò sfuggire un “Ahio!” “Il secondo dettaglio é che io voglio la Topkapi, o perlomeno l'ultimo Mobile Suit conservato al suo interno, la creazione incompiuta di Tem Ray, l'RX-78-99 Omega Gundam.” “L'Omega Gundam?”, ripeté Kai, sentendosi un po' stupido. “L'unico Mobile Suit mai costruito senza tenere in considerazione l'affare Minovsky. Una macchina vecchia vent'anni ma contro la quale nessun Mobile Suit odierno potrebbe aver scampo.” M'Quve si sporse di nuovo sulla sedia e puntò il dito verso Kai. “Vuoi uscire vivo di qui? Trovami nave e suit!” “Visto che sa che i radar in realtà funzionano, non potrebbe costruirselo da solo, un suit con un radar vero?”, lo schernì Kai. L'energumeno che era sempre rimasto alle sue spalle gli schiaffeggiò la nuca, come fosse solo per ricordargli che era ancora lì. “Non posso”, ammise M'Quve, “Io sono un executive, non un tecnico, e di tecnici radar non ce ne sono più. Il prezzo da pagare per rendere credibile l'affare Minovsky comportava anche lo smettere di formare nuovi specialisti.” “Per cui le serve l'Omega Gundam per copiarlo?” “O i suoi progetti contenuti nella nave, vedi un po' tu!” “E se mi rifiutassi?” “Non usciresti vivo da qui” “E se mi rifiutassi dopo esser uscito vivo da qui?” “Ti troveremmo, non sei difficile da seguire!”, ghignò M'Quve, aggiungendo: “E poi... vuoi scriverlo o no, questo scoop?” “Hai permesso loro di seguirci???”, urlò Sayla mentre stringeva entrambe le mani al collo di Kai e gli sbatteva ripetutamente il capo sulla consolle radio che tanto, apparentemente non funzionava. Kai annaspava cercando invano di liberarsi dalla morsa e ripetendo stridulo le parole “ho-un-piano-ho-un-piano!” con la poca aria che gli rimaneva in corpo. “Dovevo ammazzarti!”, continuò Sayla imperterrita, “avrei dovuto ammazzare M'Quve e poi ammazzare te, anzi no!”, smise di percuoterlo e lo sbattè al suolo facendolo rimbalzare per aria a causa dell'assenza di gravità, “Dovevo ammazzarti a Sweetwater”, gli puntò contro la pistola. “Quella radio funziona!”, sbottò Kai, riguadagnando il contatto col pavimento. “Come sarebbe a dire?”, chiese Sayla abbassando l'arma. “Haro non può risponderti non perché non ti riceve... ma perché sta già parlando alla radio con qualcun altro!” Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 13 Novembre 2013, 10:43:37 Che posso dire? Bellissimo, credo il tuo capolavoro. Haro che pilota il Gundam rende finalmente utile la palla verde, purtroppo Kai è vivo, ma con chi sta parlando Haro?
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 13 Novembre 2013, 10:49:25 Haro che pilota il Gundam rende finalmente utile la palla verde :mrgreen: quoto il resto - limabile stilisticamente qua e là , ma non voglio menare troppo il torrone ... Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Rezin - 13 Novembre 2013, 13:47:17 Il "programma S.I.D.E." !!!
Sei un genio!!! :clapclap: Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: roberto - 13 Novembre 2013, 14:19:12 me lo sono stampato per leggerlo con calma, quando non lo so ma lo leggerò :brindisi: :brindisi: :brindisi: :brindisi: :brindisi:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 13 Novembre 2013, 14:30:41 Come potrei non adorare questa storia? Menano Kai, la Divina ha un ruolo di primo piano, che posso chiedere di più? Ah, ecco, che Kai crepi!
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 14 Novembre 2013, 00:39:40 Grazie a tutti! Le risposte arriveranno nel capitolo finale. Per le limature, artesio, sono tutto orecchi
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 26 Marzo 2014, 00:43:44 V
“Ancora niente?”, domandò nervosamente M'Quve all'ufficiale suo sottoposto, che armeggiava già da diversi minuti con l'interfono a contatto del piccolo shuttle di salvataggio sul quale il commando si era rifugiato dopo aver abbandonato la plancia del Topkapi. “Nessun contatto da Rosencrantz e Guildenstern, Colonnello...”, ammise laconico questi, “forse un problema ai loro comunicatori...”, cercò di spiegare, più a se stesso che al suo comandante. “Rosencrantz e Guildenstern sono morti!”, sbottò invece l'anziano ufficiale, “e senza delle normal suit per agire sul comando manuale dei portelli dell'hangar, noi siamo bloccati qui!” “Mando gli altri a verificare?”, suggerì nervosamente il subalterno. M'Quve sbuffò e tacque per qualche secondo, scrutando il vuoto con l'unico occhio buono rimastogli. Poi, rialzò lo sguardo verso il suo interlocutore. “Non se ne parla”, disse, “Se Shiden é sopravvissuto come temo, ci sta probabilmente osservando attraverso le telecamere di sorveglianza. Aprirebbe il portello esterno della baia d'attracco non appena vedesse il primo di noi che mette il naso fuori dalla navetta, mandandoci tutti al Creatore in una sola mossa... anche io, al posto suo, farei così...” Il tenente osservò in silenzio il suo capo, quindi chiese: “Cosa facciamo, quindi?” M'Quve picchiettò nervosamente col pugno sul bracciolo della sua sedia a rotelle. “Contatta i Geara Zulu rimasti e dì loro di tornare indietro ed aprire il portello dall'esterno... dovranno scortarci fino al limite delle Nubi di Kordylewski... da lì in poi il radar dell'Omega Gundam non dovrebbe più essere un problema!” “Ma signore”, obiettò l'ufficiale, “con il portello chiuso, non c'è modo di stabilire una comunicazione laser con i suit!” “Usa la radio HF dello shuttle”, sorrise M'Quve, “vedrai che funzionerà!” Il tenente si voltò perplesso verso la consolle radio, un apparato che non aveva utilizzato più dai tempi dell'accademia e che dubitava perfino si sarebbe acceso. Parlò al microfono. “Crossbone Team da Crossbone Leader su frequenza Hotel Foxtrot, mi ricevete?”, abozzò. “Forte e chiaro, Crossbone Leader!”, fu l'immediata risposta che tuonò dall'altoparlante. L'ufficiale si voltò verso M'Quve, che ordinò: “Falli tornare qui... e dì loro anche di predisporre un contatto laser con il Quartier Generale!” Il colonnello sorrise e soppesò il piccolo device che stringeva in mano: il comando a distanza per l'autodistruzione del Topkapi. Improvvisamente un led verde cambiò in rosso, e la scritta “OFFLINE” apparve sul minuscolo schermo centrale dell'apparecchio. Il ghigno di M'Quve si spense con il led verde. Per un istante durato pochi Cicli Macchina, un infinitesimo di secondo, il Gundam dentro Haro schernì quella brutta copia di sé stesso cui era ai comandi per un evidente errore di tracciamento radar. Secondo l'RX-78-99, tutto ad un tratto gli otto Geara Zulu, i quali stavano convergendo in formazione d'attacco a tenaglia verso la loro posizione, avevano invertito la rotta e si stavano ritirando... Inconcepibile, visto che non era riuscito a sparare un solo misero colpo verso di loro negli ultimi, lunghissimi, trentacinque secondi! La memoria del vecchio RX-78-2 di Amuro Ray ricordava benissimo che il Gouf di Ranba Ral era riuscito ad assalirlo per ben due volte in trentacinque secondi, tra le ore 15 e 56 e le 15 e 57 -fuso di Greenwich- del 16 ottobre dell'UC 0079. E quel suit si muoveva sulla Terra, in condizioni di piena forza di gravità! Le due macchine ricontrollarono gli elementi cinematici dei veicoli nemici: nessun errore, stavano tornando sulla Topkapi. Questo voleva dire che Miss Sayla e Kai Shiden erano in pericolo, elaborò la piccola parte di cervello elettronico che ancora supportava le routine amichevoli originarie di Haro. Haro ordinò alla sua personalità-Gundam di comandare all'altro Gundam di far fuoco contro i suit nemici in allontanamento. Ancora una volta il braccio sinistro si estese in posizione per far fuoco con i lanciamissili montati sull'avambraccio, e ancora una volta un messaggio d'errore sentenziò che le armi non potevano essere usate fintantoché lo scudo non fosse stato rimosso dall'avambraccio. “Non c'è scudo su quel braccio! Non c'è scudo su quel braccio!” protestò il sintetizzatore vocale di Haro, rompendo il silenzio che aveva finora regnato nel cockpit del Mobile Suit. Inutilmente. Poi, un altro rumore. Un crepitio. Una comunicazione digitale, inintelligibile da principio, poi mano mano più chiara. Haro fece ruotare l'Omega Gundam in maniera che il suo comunicatore laser si allineasse meglio con la sorgente della trasmissione. Una voce umana risuonò cristallina in cabina: “Veicolo sconosciuto che sta inviando un SOS via UHF, parla la nave da sbarco Rah Calium della flotta Lond Bell della Federazione Terrestre, se siete in grado di contattarci su laser commlink passate su questo indicando nome del vascello e natura dell'emergenza. Questo messaggio verrà ripetuto su UHF e VHF...” Gli altoparlanti delle radio UHF e VHF nel cockpit dell'RX-78-99 fecero eco a loro volta con lo stesso messaggio. Haro cessò l'esecuzione della subroutine installatagli da Kai durante il viaggio d'andata verso la Topkapi e contattò i nuovi arrivati col commlink laser. “Maledizione!”, ringhiò Sayla colpendo con un pugno la consolle su cui stava armeggiando, “quel bastardo ha fatto sganciare il nostro shuttle dall'approdo poppiero non appena ha messo piede su questa maledetta nave!” Si voltò verso Kai, che si massaggiava il collo dopo il suo tentativo di strangolarlo e consultava lo schermo di un computer incassato nella parete in fondo alla plancia del Topkapi. “Andando alla deriva per tutto questo tempo, potrebbe già essere finito nel bel mezzo delle Nubi di Kordylewski...”, continuò lei con un sospiro, “...nemmeno Haro potrebbe rintracciarlo, lì... Se non altro, sono riuscita a mandare offline il comando a distanza di M'Quve, ma comunque siamo bloccati qui, come loro... Ci tocca aspettare Bright!” Kai non fece una piega, né sembrò darle retta. “Si può sapere cosa diavolo stai facendo, adesso?”, urlò infine la donna. Kai non distolse lo sguardo dai monitor, mentre le rispondeva. “Non ti pare strano che un pezzo grosso come M'Quve sia venuto qui di persona? Conciato com'è, poi? E che se ne stava scappando via con l'intenzione di far saltare tutto, senza nemmeno aver messo le mani sull'Omega Gundam?” Sayla rifletté per un istante e mosse qualche passo verso il suo vecchio commilitone. “A cosa stai pensando?”, chiese, e nel chiederlo si rese conto che era tutto vero: I NewType, decisamente, non esistevano. “Qualcosa in questa storia non mi tornava...”, rispose il giornalista, distogliendola da quell'amara epifania, “...mentre ero legato, ho prestato attenzione a tutto quello che il nostro amico ha fatto con questo terminale... ho memorizzato ogni percorso, ogni passaggio... nel caso mi fossi alla fine salvato, come alla fine é successo, grazie a te!” Rivolse un sorriso a Sayla, che non venne ricambiato. La tensione sul volto di lei era palpabile e Kai decise di non tirarla per le lunghe: “A M'Quve non frega proprio niente dell'Omega Gundam!”, sospirò, “Qui, stava cercando altro. Stava agendo per conto di qualcuno ancora più importante di lui... per recuperare qualcosa contenuto in questi database... o, più probabilmente, per distruggerlo!” Sayla guardò il monitor a sua volta e lesse ad alta voce: “Progetto Cosmo Babylonia...” Sullo schermo c'era una mappa digitale della Sfera Terrestre, con la rappresentazione dei vari Bunch di colonie orbitali. Sayla ne indicò un paio. “Non ricordavo che ci fossero delle colonie, lì” “Non ci sono”, confermò Kai, “non ancora!” Il reporter selezionò una delle colonie indicate da Sayla. Si aprì una legenda con la dicitura “Frontier IV”. “Un nuovo programma di colonizzazione spaziale?” domandò Sayla. Kai abbandonò il computer, sprofondò le mani nelle tasche dei pantaloni e si diresse a passo lento e claudicante verso la consolle sulla quale aveva lavorato Sayla fino a poco prima. “La Massive Dynamics, se semplifichiamo tutto, é fondamentalmente una compagnia edile.”, ragionò ad alta voce, “Queste guerre non le servivano a proiettarsi in un nuovo business...” Sayla colse dove voleva andare a parare Kai. “Loro... volevano che la popolazione diminuisse, ma anche che fossero distrutte quante più colonie possibile... per poter riprendere a costruirle!”, disse inorridita. Kai, ora fermo davanti alla consolle principale con le mani ancora infilate nelle tasche, si morse un labbro ed annuì. Sayla raggiunse Kai di corsa, lo scostò da parte e iniziò ad ispezionare tramite i terminali ogni singolo hangar della Topkapi. “Che fai?”, chiese Shiden. “Dobbiamo trovare un modo per filarcela da qui e distruggere questa nave prima che M'Quve riesca a liberarsi!”, rispose lei, risoluta. “Ma perché? Lond Bell avrà ricevuto l'SOS di Haro, ormai! Saranno qui a minuti e questa nave è la prova di quello che è successo davvero negli ultimi vent'anni!”, sentenziò Kai. Sayla, continuando ad armeggiare alla consolle, si voltò verso di lui. “Scordati di poter raccontare mai questa storia, Kai! Non puoi dire a cinque miliardi di persone che dieci miliardi di loro congiunti sono morti per un appalto edile! Scateneresti un'altra guerra!” Kai non rispose, guardando fisso davanti a sé. “Bright Noa è un brav'uomo. Gli racconteremo tutto e definiremo cosa fare! Ma M'Quve, va fermato subito, qui ed adesso...”, aggiunse lei. Poi, capì che Kai non taceva perché colpito dalla profondità del suo eloquio... tornò a voltarsi verso la consolle, e dovette aggrapparsi ad essa per non svenire: Sul monitor, l'interno di uno degli hangar prodieri, siti nella direzione opposta a quella da cui i nostri erano entrati... Al centro dello schermo, uno Zaku. Dipinto di rosso, rosso come il sangue, rosso come... “Non é possibile...”, riuscì ad articolare Sayla. “Beh, questa nave dopotutto apparteneva a Dozul!”, rispose Kai, “Mi ero sempre chiesto che fine gli avesse fatto fare, dopo aver destituito tuo fratello per la morte di Garma!” Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 26 Marzo 2014, 00:44:25 Comandato manualmente dall'esterno da una coppia di Geara Zulu, il portello della baia d'attracco dove stazionava lo shuttle di salvataggio sul quale s'erano imbarcati M'Quve ed i suoi uomini, finalmente si aprì.
“Il collegamento è stabilito, Colonnello!”, disse il tenente facendosi da parte ed offrendo al suo superiore libero accesso al minuscolo monitor del commlink laser di bordo. M'Quve si avvicinò all'apparato e inserì un codice alfanumerico su una tastiera. La videata passò dal blu scuro con sovrimpressi i dati di collegamento all'inquadratura di un uomo biondo sulla cinquantina, dall'aspetto aristocratico e marziale, così come gli abiti che indossava, i quali ricordavano non poco le Grandi Uniformi vestite dai nobili della vecchia Europa del diciannovesimo secolo del vecchio calendario. M'Quve portò la mano destra alla fronte eseguendo in maniera ineccepibile, nonostante le sue condizioni, il saluto militare. “Lord Ronah”, esordì, “mi scuso per averla disturbata all'ora di pranzo...” “Non se ne preoccupi, Colonnello”, sorrise l'altro restituendo il saluto, “piuttosto mi aggiorni sulla missione.” M'Quve esitò qualche istante, quanto bastò al suo interlocutore per perdere il buonumore ed intuire l'intoppo. “Milord, siamo riusciti a salire a bordo della Topkapi, era nascosta poco oltre le Nubi di Kordylewski...” “Le Nubi di Kordylewski!”, ripeté forte Ronah applaudendo una volta, “Un nascondiglio tanto perfetto e ovvio che nessuno ci avrebbe mai pensato!” “I dati del Programma S.I.D.E., dei progetti delle colonie spaziali tipo Island 3, gli archivi contabili di Zeonic e Anaheim, i nomi di tutti i membri dello staff originario della Massive Dynamics e perfino la bozza del nuovo programma Frontier e di Cosmo Babylonia... erano tutti nel database del computer centrale, come speravamo. Non ci sono evidenze che siano mai stati copiati o riversati altrove...”, aggiunse M'Quve. “Tuttavia, mi sembra di capire che non tutto sia andato per il meglio, Colonnello”, rispose l'altro massaggiandosi nervosamente il mento, “che ne é dell'Omega Gundam?” M'Quve deglutì prima di rispondere. “Shiden é riuscito a trafugarlo prima che potessimo distruggerlo, sir...”, ammise con rammarico, “...ha ricevuto supporto dall'ultima persona che pensavamo avremmo mai affrontato...” Meitzer Ronah socchiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. “Si riferisce al Maggiore Sarah Aznable di Neo Zeon, M'Quve?” “Precisamente.” Il nobile distolse lo sguardo dallo schermo, come in un tentativo di sopprimere un poco aristocratico impeto di rabbia. “Posso almeno sperare che la Topkapi sia già stata demolita con tutti i suoi segreti, Colonnello?”, tuonò infine. “Milord, l'urgenza della mia chiamata é dovuta proprio a questo...” M'Quve abbassò lo sguardo prima di continuare. “...abbiamo bisogno di rinforzi!” L'Omega Gundam, dopo qualche secondo d'impasse dovuto al suo singolare pilota, si lanciò all'inseguimento dei Geara Zulu. Pur vantando un sistema di puntamento ed acquisizione dei bersagli che surclassava senza sforzo qualsiasi Mobile Suit moderno, i vernier che costituivano il suo sistema propulsivo erano precisamente gli stessi del Gundam originario, quindi estremamente performanti... vent'anni prima! Haro non ebbe il minimo problema nel calcolare l'enorme gap esistente tra la velocità di punta che riusciva ad ottenere e la ben superiore velocità di crociera dei suoi avversari, qualcosa come il 40% in più. Altrettanto matematica fu la consapevolezza che i Geara Zulu avrebbero raggiunto la Topkapi diversi minuti prima del Gundam. Diversi minuti potevano fare la differenza nella sopravvivenza della sua padrona. L'unico modo per rallentare i suit nemici sarebbe stato ingaggiarli, ma il bug tra i due sistemi operativi impediva ancora la selezione di un'arma secondaria: l'Omega Gundam voleva usare il lanciamissili contenuto nell'avambraccio sinistro, l'unico ancora carico, ma il Gundam originario lo vietava perché i suoi sensori non avevano evidenza -né avrebbero mai potuto averla- che detto avambraccio fosse libero dallo scudo previsto dalla sua dotazione di combattimento standard... per cui insisteva nel selezionare il Beam Rifle, ancora inutilizzato, impugnato dalla mano destra. Ma su questo, ad opporsi era l'Omega Gundam, che riteneva la scelta dell'arma a raggi fallimentare, avendo ancora metà dotazione di missili autocercanti a disposizione. Poi, i Geara Zulu, forse accortisi d'essere inseguiti, accelerarono ulteriormente. Il vecchio radar dell'Omega Gundam mostrò ad Haro un altro bug, stavolta provvidenziale: il sistema di tracciamento automatico non riusciva a concepire che quegli oggetti così veloci potessero essere dei Mobile Suit, quindi li riclassificò istantaneamente come “caccia spaziali”. Se Haro avesse avuto familiarità col concetto di “colpo di fortuna”, lo avrebbe riconosciuto in quell'incidente. Se l'Omega Gundam pensava di avere a che fare con dei caccia, allora gli avrebbe permesso di selezionare i cannoncini Vulcan. Inutili, per abbattere un mobile suit... ma dotati di proiettili abbastanza veloci da colpire e rallentarne uno in fuga. Haro selezionò i Vulcan, con successo. Fu proprio a quel punto, dopo quella piccola vittoria del vecchio software sul nuovo, che il sistema di combattimento dell'Omega Gundam agganciò un altro bersaglio. Uno Zaku rosso. Sayla aprì il portello del cockpit dello Zaku di suo fratello, si sporse dentro ed inspirò con forza. Sperava che il profumo di suo Casval, o anche solo l'odore del suo sudore, fossero rimasti intrappolati nell'aria stantia dell'abitacolo. Ma non sentì nulla. Sospirando per l'ennesima delusione di quel maledetto giorno, infilò il casco di pilotaggio e ne assicurò la tenuta stagna con la sua normal suit. “Ehi, guarda!”, gridò Kai che ancora si trovava giù, al livello dei piedi del Mobile Suit. Sayla vide cosa le stava indicando: su una paratia dell'hangar era stato posizionato uno scudo appartenuto indubbiamente ad Mobile Suit federale, vistosamente danneggiato. Mentre ancora stava guardandolo, Kai la raggiunse con un salto. “Dev'essere lo scudo che Amuro perse al suo primo scontro con Char, appena fuori Side 7”, continuò l'uomo, non provando minimamente a nascondere il divertimento che gli suscitava quel ricordo, “sembra come fosse stato ieri: Amuro aveva scaricato tutta l'energia usando il rifle, così Ryu rimorchiò il Gundam col Core Fighter fino alla White Base... Era la prima battaglia anche per lui e aveva tenuto gli occhi chiusi per buona parte del volo... così non s'era accorto che avevano lasciato lo scudo alla deriva nello spazio... a quanto pare lo aveva preso Char!” “Chiudi il becco ed entra!”, gli rispose Sayla accennando il gesto di chiudergli la portiera dell'abitacolo sulla testa. Kai si accomodò dietro al sedile, sfruttando lo spazio normalmente riservato alle scorte di cibo d'emergenza e che era stato lasciato vuoto. Sayla chiuse il portello e inizializzò la sequenza d'avvio: i tre monitor panoramici s'accesero uno dopo l'altro mostrando l'esterno. “Sembra funzioni tutto!”, disse rincuorata. “Munizioni nel rifle?”, chiese Kai. “Solo cinquanta colpi... ce li faremo bastare!”, rispose lei. “Come speri di superare i suit di M'Quve con questo vecchio catorcio e soli cinquanta colpi?” “Appena fuori di qui, contatto Haro e gli dico di coprirci la fuga...” “E... hai detto che Haro adesso ha il cervello elettronico del Gundam di Amuro, giusto?” “Si.” Kai fece schioccare la lingua contro il palato. Sayla odiava quel rumore. Interruppe la manovra d'avvio dello Zaku. “Cosa c'é?!”, sbottò. “Te lo ricordi, vero, che quel computer aveva un modulo di memorizzazione all'avanguardia...” “Certo che lo ricordo!”, protestò la donna. “Lui si ricorda tutto, ma proprio tutto-tutto... sarebbe capace di dirti quanti colpi ha sparato durante l'intero conflitto, o perfino quante volte Amuro lo ha riverniciato...” Sayla si sentì arrivare il sangue agli occhi. “Vuoi arrivare al punto?!”, urlò. “Il punto é...”, disse Kai cercando di mantenere la calma, “...che sono abbastanza sicuro che se Haro vedrà questo Zaku rosso fiammante... ci farà il culo a strisce prima che tu possa comunicargli qualsiasi cosa!” Il silenzio calò nel cockpit. “Mi sa che prendo anche quello scudo!”, disse dopo qualche secondo Sayla. “Sì, buona idea!”, approvò Kai. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 26 Marzo 2014, 09:08:34 oh finalmente! peccato che adesso stia lavorando e per le prossime 8/9 ore non possa leggerlo
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: roberto - 26 Marzo 2014, 10:56:44 io avevo stampato i primi per leggerli a letto, ma non mi ricordo che fine hanno fatto. poi archivio per quando avrò tempo cioè mai
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 30 Marzo 2014, 09:43:19 "Rosencranz e Guilderstern sono morti" una citazione al cubo :).
pensa che proprio in questi giorni mi era venuta voglia di rivedere il film di Tom Stoppard, che ai tempi avevo visto almeno tre volte (al cinema). adesso però 1) finiscilo 2) fai rimontare la Divina, che me la stai un po' strapazzando... Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 31 Marzo 2014, 10:52:47 Meraviglioso, peccato che Kai sia ancora vivo. Ed entra in scena Cosmo Babylonia? Ci manca solo una neonata Cecilia (ma forse non è ancora nata). Per una volta Haro serve a qualcosa! Ottimo lavoro. Non c'è nulla di più bello della Divina che strapazza Kai in ogni momento, se poi lo lasciasse, per sbaglio, sulla nave sarebbe il massimo.
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 31 Marzo 2014, 14:33:36 peccato che Kai si riveli molto perspicace - qua e la più di lei ...
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 31 Marzo 2014, 16:30:47 Ovvio! Essendo Ella Divina infonde la sua scienza anche nelle menti inferiori che così vivono di riflesso un piccolo pezzetto della sua Divinità! Essendo inoltre Filantropa, Ella non rivela la sua enorme sapienza e fa credere all'inutile stolto che siano tutte sue intuizioni! :inchino: :inchino: :inchino:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 07 Aprile 2014, 13:30:56 VI
Sebbene la Ra Cailum, astronave ammiraglia dei Lond Bell Corps, misurasse quasi mezzo chilometro di lunghezza e contasse un equipaggio paragonabile ad una piccola cittadina, il fenomeno colloquialmente conosciuto come “radio prora”, ovvero la facilità con cui le voci di corridoio ed i pettegolezzi si spargevano tra le persone di ogni età, ruolo e grado, non era meno efficace di quanto fosse nelle unità minori della flotta federale. La notizia di quanto stava avvenendo appena oltre le Nubi di Kordilewsky, a poche decine di chilometri dalla nave, era stata originata dalla Sala Radio, che l'aveva comunicata come suo dovere in Plancia, dove un cuoco impegnato nel servire il caffé al personale di guardia l'aveva captata e riportata alle cucine, dalle quali era stata poi diffusa alle mense ed al bar, per raggiungere infine le sale macchine e i due hangar principali. “Hai sentito, Jupiter boy? Là fuori c'é nientemeno che la Cometa Rossa!”, aveva ciarlato ad un certo punto uno dei meccanici, e la notizia aveva colto Judau Ashta così di sorpresa dal distogliere la sua attenzione da quell'epiteto, “Jupiter boy”, che detestava profondamente e che già lo aveva spinto a fare a pugni molte volte coi suoi commilitoni da quando, pochi mesi prima, aveva lasciato la Compagnia Energetica di Giove per tornare, dopo un decennio, a prestare il suo talento come pilota di Mobile Suit agli ordini di Bright Noa. Judau aveva incontrato Amuro Ray solo due volte, in vita sua, non dando particolare peso alla cosa, almeno inizialmente. La Guerra di Un Anno aveva infuriato e s'era spenta quando lui era ancora un bambino, troppo lontana nel tempo e nello spazio, vissuta a distanza e di riflesso nella relativamente sicura Shangri-La di Side 1, colonia filo-zeoniana che aveva goduto di protezione da parte del Principato, a patto di cedere in cambio parte del proprio Spazio Aereo all'asteroide-fortezza chiamato prima Solomon e successivamente Kompei Island. C'erano voluti i Titans, o meglio un sopravvissuto di essi, Yazan, per far maturare in quel ragazzino una coscienza adulta, all'alba della Prima Guerra di Neo Zeon. Il conflitto aveva trasformato quello che era un ladruncolo ed un giovinastro in un adulto maturo, in un fratello maggiore premuroso e alla fine in un marito dedito, cambiamenti che lo avevano portato perfino ad allontanarsi dai commilitoni per molti anni. Solo la notizia della morte di Amuro Ray a seguito del suo estremo tentativo, peraltro riuscito, di impedire alla vecchia roccaforte nemica Axis di cadere sulla Terra aveva innescato nell'ormai venticinquenne Judau il tarlo del dubbio, il sospetto di non essere là dove avrebbe dovuto, di non star facendo quello per cui era davvero nato. Gli ci erano voluti mesi per convincere Roux, la sua ex compagna d'armi e adesso consorte, a lasciarlo provare, a lasciarlo tornare. Non meno tempo aveva preteso la Compagnia di Giove prima di concedergli un periodo sabbatico ovviamente non remunerato. La paga da sottotenente di Lond Bell non era minimamente paragonabile a quella di addetto alla sicurezza dei trasporti energetici per conto della ditta, ma la sensazione di essere finalmente nel posto giusto, a fare la cosa giusta, almeno per adesso bastava a colmare la differenza. Fu rimuginando questi pensieri che Judau lasciò l'hangar, percorrendo sei diversi corridoi saldamente aggrappato alle maniglie scorrevoli, fino a giungere in Plancia. Quando entrò il comandante dell'astronave, il Capitano di Vascello Josef Meran, aveva due proiezioni olografiche davanti agli occhi: la prima era una videochiamata al Comandante in Capo di Lond Bell, il Contrammiraglio Bright Noa, che gli parlava dal suo ufficio di Londenion; l'altra era un'istantanea dello spazio esterno. Judau si concentrò su quest'ultima: vide una porzione dello scafo di una gigantesca astronave che istantaneamente riconobbe come una classe Jupitris, identica a quelle sulle quali aveva lavorato fino a pochi mesi prima... lo stupore nel vederne un esemplare in un'area così inusitata del Sistema Solare venne però sorpassato da quanto dominava il centro dell'immagine: un Gundam vecchio modello ed uno Zaku rosso che affrontavano, spalla a spalla, un plotone di Geara Zulu che sembravano intenzionati a circondarli. “Judau, so a cosa stai pensando...”, lo distolse una voce interfonica proveniente dall'altra trasmissione. Judau alzò lo sguardo verso Meran e l'ologramma di Bright. “...non abbiamo abbastanza elementi per decidere quale linea d'azione intraprendere”, continuò Bright, “stavo appunto consigliando al Comandante Meran di aspettare ed osservare l'evolversi della situazione...” Bastarono quelle poche parole a far trasalire il giovane ufficiale. “Tra qualche minuto potrebbe non esserci più, una situazione da osservare!”, sbottò fuorioso Judau indicando l'altra immagine. “La Cometa Rossa é una fuorilegge ricercata dalla Federazione”, disse Meran scuotendo la testa. “Per voi, forse... per me é una persona cui devo la vita di mia sorella!”, rispose Judau voltandosi di scatto ed infilando la porta della plancia. Meran provò ad articolare un rimprovero, ma non fece in tempo ad emettere un suono che il pilota era già uscito, verosimilmente diretto all'hangar dei Mobile Suit. Il comandante volse lo sguardo al suo superiore, che sedeva alla sua scrivania con le mani incrociate sul ripiano ed i pollici che tamburellavano nervosamente sui palmi. “Lascialo andare”, disse lui, “perlomeno, finalmente avremo un collaudo realistico del nuovo Gustav Karl!” “É un elemento difficile, da gestire!”, rispose Meran, sottintendendo quanto fosse dipeso dal volere di Bright, il rientro di uno come Judau nelle Forze Federali. E quanto lui vi si fosse opposto, a suo tempo. “Lo so”, ammise il contrammiraglio, “ogni volta che gli parlo, rimpiango Kamille e Banagher!” “Pensavo rimpiangesse il Colonnello Ray, ammiraglio!”, sospirò Meran. Bright annuì, greve. “Vent'anni fa non mi sarei mai sognato che un giorno l'avrei detto ma… Amuro, adesso, lo rimpiango ogni giorno.” Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 07 Aprile 2014, 13:31:34 Kai adorava avere ragione.
Non c'era sensazione più inebriante, per lui, che il riscontro oggettivo di un fenomeno o una situazione che avesse già in anticipo dedotto o subodorato. Se poi la sua intuizione s'era dovuta scontrare col sentire altrui, prima della conferma, la sensazione che ne traeva era dieci, cento, mille volte ancora più appagante. A Kai piaceva un sacco il voltarsi verso qualcuno, sorridergli e dire: “te lo avevo detto!” Stavolta però, Kai avrebbe voluto sbagliarsi. Non percepiva alcunché di piacevole nell'aver verificato la sua tesi. I muscoli del viso erano tesi in un'espressione terrorizzata che nulla aveva del tipico sorriso cinico ed un po' sghembo del giornalista. Aveva pronunciato una sola parola, se così la si poteva definire, dal momento in cui lui e Sayla avevano lasciato la Topkapi a bordo dello Zaku rosso di Char, un suono inintelligibile che non suonava affatto come il suo tipico e canzonatorio “te lo avevo detto”, ma piuttosto come il lamento del paziente di un dentista operato senza anestesia. “Gyhaaaaaaaarl!!!”, più o meno. Mentre Kai si copriva il visore del casco della normal suit con entrambe le mani, incastrato nel retro del sedile di pilotaggio occupato da Sayla, quest'ultima lottava con i controlli del mobile suit per mantenere un assetto di volo decente, nonostante la grandinata di proiettili che si abbattevano su di loro facendo vibrare il cockpit nella sua interezza, ma che avrebbero di certo sortito più drammatico effetto se non fossero stati in massima parte deflessi dall'ampio scudo da suit federale che lo Zaku stava brandendo con la mano destra, in aggiunta a quello di normale dotazione fissato sulla spalla sinistra. “Smettila di piagnucolare!”, lo rimproverò la donna, “i Geara Zulu ci stanno ignorando, ed i soli cannoncini Vulcan del Gundam non bastano a forare l'armatura di uno Zaku custom!” “Perché”, chiese terrorizzato il giornalista “non sta sparando con nient'altro?” “Guarda tu stesso!”, lo sfidò Sayla, mentre premeva entrambe i pedali per aumentare la spinta dei propulsori vernier. Timidamente, il casco di Kai fece capolino da dietro al poggiatesta del sedile del pilota... ma tornò subito dietro all'improbabile rifugio. “Cazzo! Ma ha ancora il beam rifle in mano!”, protestò. “Ma non lo sta usando”, corresse lei, “forse ha finito le munizioni!” “L'abbiamo controllato da cima a fondo, nell'avviarlo”, obiettò Kai, “tra missili e beam, aveva assai più colpi di quanti gliene servissero!” “Nonostante questo”, ribadì Sayla, “il suo sembra un tentativo di tenerci a distanza, piuttosto che di abbatterci!” Kai si affacciò di nuovo. “Beh, allora facciamolo contento ed allontaniamoci, no?” Sayla si voltò sorridendo. “Scherzi? L'unico modo che abbiamo per comunicare con Haro é toccare il Gundam... gli andremo dritti addosso!” E premette i pedali dei vernier fino in fondo. Forse fu l'accelerazione repentina piuttosto che la rivelazione degli intenti della compagna, tuttavia Kai si sorprese a ripetere perfettamente l'inintelligibile neologismo di poco prima... “Mi conferma, quindi, che i dati contenuti nel computer della Topkapi non sono mai stati copiati?”, insisté Meitzer Ronah. M’Quve inarcò il sopraciglio dell’occhio buono. Si guardò attorno prima di rispondere: gli altri con lui sul minishuttle di salvataggio stavano ultimando le manovre per la fuoriuscita dalla docking bay della Topkapi, mentre gli otto Geara Zulu sopravvissuti del Crossbone Team avevano attorniato la navetta per proteggerla durante quella delicatissima fase iniziale del volo. “Affermativo, milord, l’unica copia l’ho effettuata poco fa io stesso e gliela sto trasmettendo in background con questa comunicazione laser…” Ronah sfilò un tablet pieghevole dal taschino della sua vistosa divisa, lo svolse e controllò qualcosa. “Ho ricevuto tutto, Colonnello. Ottimo lavoro!” “E per quanto concerne i rinforzi?” Ronah ripiegò distrattamente il tablet. “Oh, per quelli… ritengo non ve ne sia più alcuna necessità!” M’Quve deglutì intuendo quale sarebbe stato il prossimo ordine dell’aristocratico. Si voltò verso i suoi uomini e urlò: “Invertire la rotta, torniamo subito sul Topkapi!” Ronah guardò fisso dal monitor e disse, decisamente rivolto a qualcun altro: “Crossbone Team da Crossbone Vanguard… procedere con l’eliminazione dei testimoni!” L’occhio buono di M’Quve strabuzzò mentre gli otto Geara Zulu che avrebbero dovuto scortarlo in salvo si voltarono all’unisono verso il minishuttle e, come impegnati in una macabra coreografia, puntarono i loro beam cannon verso di lui… Esaurite le poche preghiere che ricordava, Kai passò a chiedersi perché mai in tutta quella storiaccia fatta di finti disturbi elettromagnetici ed invisibilità radar fasulle, lui fosse finito sull’unico Mobile Suit davvero privo di radio, ma anche di commlink laser compatibile coi protocolli federali, che fosse ancora in servizio da oltre vent’anni… e si rispose che sarebbe verosimilmente morto così, lanciato in una carica suicida guidata da una pazza sorella di un noto megalomane contro il più letale soldato meccanico mai costruito. L’improvvisa decelerazione accompagnata da scossoni ai limiti dell’umana sopportazione lo catapultarono fuori dal suo rifugio improvvisato, mandandolo a sbattere con la schiena contro il monitor panoramico di destra. “Haro, cessa il fuoco, siamo noi!”, urlò Sayla al microfono. Kai si voltò galleggiando nell’assenza di gravità e vide lo scudo supplementare dello Zaku saldamente puntellato contro il torace dell’Omega Gundam, che sembrava guardarli dritti in faccia, ma non sparava più. “Miss Sayla…”, si sentì rimbombare dopo un istante che parve eterno attraverso le pareti stesse del cockpit. La voce di Haro, attraverso il sintetizzatore vocale dell’RX-78-99, appariva più profonda e priva della tipica cantilena. Il Gundam si allontanò un attimo e sembrò squadrarli, poi si avvicinò di nuovo e poggiò la mano sinistra sulla spalla dello Zaku, ristabilendo il contatto audio. “…mi permetta di dirle che i suoi gusti in fatto di Mobile Suit sono alquanto discutibili!” “Ma sentilo!”, sospirò Sayla soffocando un sorriso. Kai scosse la testa e guardò oltre la spalla del Gundam, verso la Topkapi ed i Mobile Suit nemici. “C’è del fermento, davanti alla docking bay!”, disse infine. Sayla lo guardò: era facile al piagnisteo fin da quando lo conosceva, ma doveva ammettere che, passate le crisi, si riprendeva alla svelta. “Haro, nessuno deve lasciare quella nave vivo!”, ordinò perentoria. L’Omega Gundam si voltò verso il Topkapi e poi di nuovo verso lo Zaku. “Roger”, rispose, “potreste per cortesia restituirmi il mio scudo, adesso?” Kai e Sayla si scambiarono un’occhiata, poi lei fece spallucce e manovrò la cloche di destra. Lo Zaku porse lo scudo all’Omega Gundam, il quale lo afferrò, lo agganciò al braccio, lo stese davanti a sé con un fare che, non fosse stato per l’immutabilità espressiva del suo “volto”, sarebbe sembrato nostalgico.. dopodiché lo sganciò e lo lanciò via, lontano, alla deriva nello spazio. “Ma che cavolo fai?!”, si sorpresero a dire all'unisono Sayla e Kai. Tuttavia, a loro insaputa, nel buio del cockpit dell'RX-78-99, il colore dei display relativi al lanciamissili del braccio sinistro e del beam rifle, finalmente, era passato dal “rosso” al “verde”... Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 07 Aprile 2014, 13:32:08 L'FD-03 Gustav Karl era il nuovo prototipo di mobile suit della Anaheim Electronics, sviluppato da quell'RGM-89 Jegan che aveva ben figurato tra le fila della Lond Bell Corps ai tempi della Seconda Guerra di Neo Zeon, al punto da surclassare il concorrente diretto (e meglio armato) GM III quale Mobile Suit di punta per tutte le forze federali. Le Alte Sfere erano così favorevolmente impressionate dal Jegan da aver stipulato ordini e commesse per almeno vent'anni, il che poneva la Anaheim nella sgradevole condizione di essere la maggiore concorrente di sé stessa.
Con l'intento di sfruttare la deriva positiva intrapresa dal programma Jegan, la ditta aveva quindi deciso di svilupparne una versione meglio armata e corazzata, in modo non dissimile da come aveva già fatto nell'anno 0083 affiancando al GM II il GM Cannon. Da qui era nato appunto il Gustav Karl, battezzato col nome di un antico sistema missilistico anti-tank di grande successo alla fine del Ventesimo Secolo del Vecchio Calendario, progettato per fornire ai Jegan “modello base” un intenso fuoco di copertura a medio e corto raggio, ma soprattutto pensato per rifornire il mercato dei Mobile Suit di un degno successore del GM Cannon, ormai impiegato da oltre quindici anni, senza allontanarsi troppo dall'acclamatissimo Jegan pur millantando un design “totalmente nuovo”... e distogliendo l'attenzione degli analisti di settore dai costi operativi, decisamente superiori. Il prototipo affidato a Judau era, assieme ad altri due esemplari identici assegnati sempre alla Ra Cailum, il frutto di tre anni di sviluppo presso gli stabilimenti di Von Braun City sulla Luna ed il poligono sperimentale di Torrington, in Australia. Verificata la bontà del prodotto nell'impiego operativo sulla Terra, la EFF aveva chiesto ulteriori riscontri là dove la minaccia di attacco da parte di un qualche nuovo avversario era più probabile, ossia nello spazio. Il Gustav Karl era grosso, pesantemente blindato e interamente verniciato in tinte blu. Judau, messo a capo del piccolo team sperimentale, aveva impiegato pochissimo a scegliere il nome per la sua nuova squadra: il “Blue Team” era l'avversario che più aveva meritato il suo rispetto, ai tempi della Prima Guerra di Neo Zeon, nei giorni passati a combattere e pattugliare i dintorni di Dakar. Adottare il nome di un nemico rispettabile, sulla nave che già aveva ospitato una nuova incarnazione delle famigerate “Black Tri-Stars” della Guerra di Un Anno, gli parve naturale. Convincere i suoi nuovi compagni, il veterano Primo Maresciallo Tehodore "Terry" Sanders Jr. e la Sottotenente pilota Cyber-NewType Yuri Azissa, una volta narrato l'antefatto, era stato abbastanza semplice. Judau aveva sentimenti perennemente contrastanti verso le decisioni e gli ordini che venivano dall'alto, oggi come dieci anni prima... ma era contento della squadra che aveva messo in piedi e sapeva, nel profondo del cuore, che difficilmente il Contrammiraglio Bright lo avrebbe costretto a fare qualcosa di cui non era convinto oppure, come in questo caso, non avrebbe insistito troppo per fermarlo qualora egli avesse deciso di agire. “Dunque, é vero quello che si dice?”, gli chiese Sanders facendoglisi incontro non appena Judau rientrò nell'ampio Hangar dei Mobile Suit. “Così pare”, ammise Judau, “hai mai incontrato la Cometa Rossa, durante la Guerra di Un Anno?” Sanders sospirò profondamente. “Come ti ho raccontato, non ho avuto gran fortuna nello spazio, a quei tempi”, disse infine, “fino a quando non mi sono rifugiato sulla Terra, nell'Ottavo Plotone del battaglione Kojima, si può dire che non ho fatto altro che perdere compagni su compagni...” “É successo a tutti noi”, lo interruppe Judau, “é la guerra.” “Si”, ammise il maresciallo, “ma in una di quelle missioni la sfortuna era tinta di rosso!” Judau sgranò gli occhi. “Char Aznable?” Sanders chiuse gli occhi. Le labbra si distendevano in una smorfia nervosa mentre parlava. “Lui... sembrava non trovasse altro piacere che combatterci. Si muoveva a zig-zag in mezzo a noi ad una velocità paurosa, impossibile da colpire... alcuni di noi nel provarci si fecero fuori l'un l'altro. Un intero squadrone di Guncannon sbaragliato in pochi minuti da lui e tre dei suoi...” Sanders riaprì gli occhi. “...raccontano che gli Zabi organizzarono una festa per celebrare quella sua azione, ma lui preferì andare su Side 7 a compiere un altro massacro, appena il giorno dopo!” Judau poggiò una mano sulla spalla dell'anziano sottufficiale. “Quell'uomo é morto, lo sai... questa Cometa Rossa é...” “Sua sorella!”, lo interruppe Sanders, con gli occhi colmi di ferocia. Judau tacque e chinò il capo. Poi lo rialzò. “Io ho un debito di riconoscenza, verso quella donna. Qualcosa mi dice che lei non ha niente a che fare con Char...” “Allora perché ne veste i colori? Perché lo ha sostituito adesso che Neo Zeon era stata finalmente decapitata?”, rispose l'altro. “Probabilmente, per impedire che fosse sostituito da qualcuno ancora peggiore!”, disse una voce femminile. Yuri Azissa era coetanea di Judau. Rimasta orfana sulla Terra ai tempi della Guerra di Un Anno, era finita nel famigerato laboratorio Murasame gestito dai Titans ed era stata trasformata in un formidabile CyberNewType, il più psicologicamente stabile mai ottenuto, sebbene nemmeno lontanamente potente quanto le celebri Four Murasame e Rosamia Badan. I laboratori Murasame, come l'agenzia Flanagan, sapevano ovviamente la verità sui NewType, ma quella leggenda ormai universalmente accettata aveva fornito loro l'occasione e la scusa per rendere ammissibile la più inaccettabile delle pratiche scientifiche: la sperimentazione umana finalizzata allo scopo bellico. Dopo la dipartita dei Titans, Yuri aveva prestato servizio nell'AEUG per un anno, prima di sparire nel corso di una missione. Ritrovarla e farla riassegnare alla taskforce di Lond Bell era stata una espressa richiesta di Amuro Ray a Bright Noa, pochi giorni prima della sua tragica morte in azione. I due uomini videro la giovane donna lanciarsi dal cockpit del suo Gustav Karl numero 3 per poi atterrare dolcemente a pochi metri da loro. La tuta sporca d'olio indicava che aveva voluto supervisionare personalmente la messa a punto del suo Mobile Suit. “So per certo che quando lavoravo col Colonnello Ray nello Zeta Team, lui si vedeva regolarmente con lei, anche se pare si nascondessero sotto false identità...”, continuò lei sfilandosi i guanti ormai sudici, “Amuro amava lei tanto quanto ne detestava il fratello, ho avuto modo di conoscerlo bene e... sì, decisamente era attratto da donne problematiche, ma non certo dalle poco di buono, o peggio dalle pazze criminali...” Sanders fece spallucce. “Non ho mai avuto il piacere d'incontrarlo, quindi non saprei dirti ma... ancora oggi su questa nave gira voce che non fosse tanto giusto, di testa!”, disse. “Se é per questo, sono vent'anni che gira voce che tu porti sfortuna, Sanders, eppure noi continuiamo a lavorare con te!”, rispose secca lei. Juadau capì cosa aveva innescato e decise d'intervenire. “Va bene, calmiamoci tutti! Questa é una faccenda personale, non mi aspetto la vostra comprensione né tantomeno il vostro supporto, okay? Andrò da solo...” “La situazione là fuori sta precipitando!”, intervenne il Capitano di Corvetta Maura Boscht, responsabile dell'hangar della Ra Calium, ruolo che aveva già ricoperto sulla Albion, unità gemella della White Base, nei tristi giorni dell'Operazione “Polvere di Stelle”, quindici anni prima. “Il Comandante ha autorizzato la sortita del Blu Team da lei richiesta, Tenente Ashta”, continuò lei, “ma dalla plancia dicono che nelle vicinanze di quella Classe Jupitris abbiano già cominciato a sparare, ci sono almeno otto Geara Zulu oltre allo Zaku e a quel Gundam-type, non é chiaro chi sia affiliato con chi...” Maura fece una pausa e squadrò tutti e tre i piloti dall'alto del suo abbondante metro e novanta di statura. “Se volete ancora andare, dovete comunicarci la tipologia d'equipaggiamento che volete... e dovete farlo adesso!” Judau guardò gli altri due. “Equipaggiamento CQC standard sul Gustav numero 1, vado solo io...”, disse voltandosi verso il suo Mobile Suit. La mano di Sanders calò pesantemente sulla sua spalla, impedendogli di spiccare il salto verso il cockpit. “Facciamo per due, Comandante!”, disse sorridendo Sanders, rivolto all'ufficiale tecnico. Maura si voltò verso Yuri. “Facciamo tre!”, aggiunse lei. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 07 Aprile 2014, 13:52:59 Il portasfiga è ancora vivo? Mitico. E torna pure "testacalda" Judau (che ha mollato la moglie su Giove, era troppo autoritaria?)! E così Amuro c'è riuscito, alla fine! Son contento per lui, non è morto invano!! Mi sono commosso!
Si vede, comunque, che è una fanfiction, infatti Bright è stato promosso contrammiraglio invece di finire su qualche pescereccio spaziale!! :angelo: Ottimo lavoro, al nostro autore, soprattutto là dove Kai se la fa addosso! Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 07 Aprile 2014, 14:06:58 Il portasfiga è ancora vivo? Mitico. E torna pure "testacalda" Judau (che ha mollato la moglie su Giove, era troppo autoritaria?)! E così Amuro c'è riuscito, alla fine! Son contento per lui, non è morto invano!! Mi sono commosso! veramente Bright é già contrammiraglio anche in Unicorn! Grazie, come sempre, per i complimenti... Ma non sperare che uccida Kai! :asd:Si vede, comunque, che è una fanfiction, infatti Bright è stato promosso contrammiraglio invece di finire su qualche pescereccio spaziale!! :angelo: Ottimo lavoro, al nostro autore, soprattutto là dove Kai se la fa addosso! Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 07 Aprile 2014, 14:14:31 veramente Bright é già contrammiraglio anche in Unicorn! Grazie, come sempre, per i complimenti... Ma non sperare che uccida Kai! :asd: Ah, non ci pensavo, ho visto Unicorn tempo fa, hai ragione. Ma perché Kai non può morire? Ma almeno un'invalidità permamente (una cosa anche leggera, tipo che rimanga senza braccia e senza gambe), gliela pago io la pensione! Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 07 Aprile 2014, 14:18:44 Ma perché Kai non può morire? Perché il finale che ho pensato, che poi da senso a tutta la storia e mi é maturato in testa prima di tutto il resto, prevede e necessità che resti vivo e operi una scelta gravosa.Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 07 Aprile 2014, 15:29:49 E va bene, almeno una lieve invalidità del 100%!
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 08 Aprile 2014, 23:19:54 VII
Le esplosioni, osservate da quasi quindici chilometri nello spazio, sembravano quei piccoli flash fotografici provenienti dalle tribune degli stadio durante le partite di calcio, rifletté Kai che di fotografia se ne intendeva, ma di esplosioni lontane nello spazio un po' meno, avendole sempre vissute molto, molto più da vicino. Al posto delle tribune, però, stavolta osservava le fiancate della gigantesca Topkapi, i flash venivano esplosi dal piccolo team di Geara Zulu, i quali non cercavano d'inquadrare un pallone da calcio, bensì uno shuttle in fuga. “Che diavolo sta succedendo?”, si fece sfuggire Sayla. “Pare che il nostro amico a rotelle abbia qualche divergenza di vedute con i suoi piloti”, esultò Kai, “andiamocene e lasciamo che si scannino tra loro!” Sayla parlò direttamente nell'interfono a contatto. “Haro, a parziale modifica degli obiettivi: dobbiamo far fuori i Suit nemici e catturare integro il minishuttle che stanno cercando di abbattere!” Kai trasalì. “Ma... lasciamo fare tutto a lui e noi ce ne andiamo incontro alla Ra Cailum, vero?” Sayla si voltò verso di lui. Nei suoi occhi, una ferocia che Kai non aveva mai visto prima. Quando rispose, la sua voce normalmente armoniosa e profonda sembrava il sibilo di un cobra. “Casval, Amuro, Ramba Ral, Hayato, Ryu, Katz... morti per i giochetti della Massive Dynamics! Voglio M'Quve vivo nelle mie mani, voglio dirgli in faccia i motivi per i quali lo ucciderò, mentre lo ucciderò!” Kai ristette un istante. “Sayla, questa non sei tu...”, sussurrò sbigottito. “Io sono Sarah, adesso!”, rispose, mentre lo colpiva con un formidabile diretto al centro dello stomaco. Kai si piegò in due lottando per non perdere i sensi. “Haro, apri il cockpit”, tuonò la donna all'interfono, mentre apriva a sua volta il portello dell'abitacolo dello Zaku. Assestando al vecchio commilitone una spinta con entrambe i piedi, lo lanciò nello spazio in direzione del portello aperto dell'Omega Gundam, poi richiuse la cabina. “Haro completa il recupero di Kai Shiden!”, ordinò. Attraverso i monitor, vide il cockpit del Gundam che si richiudeva. “Ho Kai Shiden in custodia, miss Sayla”, rispose la voce sintetica. “Bene, formazione d'attacco schiena a schiena, io ho solo cinquanta colpi, aggancia tu i bersagli per il mio Zaku, hai sensori migliori...” I due Mobile Suit si piazzarono schiena contro schiena e puntarono le loro armi. “Ho le soluzioni di tiro su otto Mobile Suit di tipo sconosciuto, Miss Sayla, le sto già trasferendo nella sua Fire Control Station in background a questa comunicazione...” “Sono dei modelli Geara Zulu, aggiungili al database... libertà di fuoco... adesso!”, disse lei. L'Omega Gundam tese il braccio sinistro e, finalmente, lanciò la prima salva di quattro missili. Dentro l'abitacolo, Kai ancora dolorante ed a corto di fiato alzò lo sguardo verso i monitor. “É cominciata...”, disse, rivolto ad un insolitamente silenzioso Haro. “Non possiamo rientrare nella docking bay, Colonello!”, urlò il tenente, “I portelli sono bloccati in apertura, non ci fornirebbero alcuna protezione!” M'Quve si voltò ed indicò la fiancata del Topkapi la quale, da quel punto d'osservazione, sembrava un'infinita muraglia di metallo. “Raggiungiamo l'approdo a poppa, quello da dove era imbarcato Shiden! Massima velocità!” Sebbene lo shuttle avesse abbastanza vernier da poter ruotare sul suo stesso asse, per cambiare rotta compì invece un'ampia parabola, mentre i colpi sparati a cortissima distanza dai Geara Zulu più vicini si abbattevano sulle sovrastrutture della gigantesca astronave madre, mancandolo sempre di pochissimo. “Stima dei danni!”, urlò M'Quve. “Nessun colpo diretto finora!”, rispose uno dei pochi commandos rimastigli fedeli. “Tenente, mantenga una rotta irregolare, non dobbiamo dare ai loro computer la possibilità di calcolare una soluzione di tiro corretta!” Il Tenente agì sulle cloche di comando facendo piegare lo shuttle su un fianco, con un'accelerazione laterale degna di un caccia. “Eccellenza, riesce a reggersi alla...?”, chiese un altro dei commandos indicando la sedia a rotelle ma non trovando il coraggio di chiamarla col suo nome. Un colpo esplose vicino, ma non abbastanza. “Questo é l'ultimo dei miei problemi, adesso!”, ringhiò M'Quve. “Yuri Azissa, Gustav Karl numero tre, lancio!”, comunicò la giovane pilota. Il grosso Mobile Suit blu scivolò lungo la corsia di lancio trascinato dalla potente catapulta elettromagnetica e volò incontro agli altri due identici che lo precedevano in formazione quasi senza alcun ausilio dei suoi vernier. Osservandola attraverso il monitor circolare del suo Linear Seat, il maresciallo Sanders ammirò la perizia con cui la manovra di entrata in formazione venne eseguita limitando al minimo l'utilizzo d'energia. “Maledettamente brava...”, si fece sfuggire distrattamente, senza rendersi conto del commlink laser già attivo. “Grazie, anche tu non sei affatto male... per essere un vecchietto!”, gli rispose ridendo una voce femminile in cuffia. Invece che adirarsi, Terry sorrise. Era il loro modo di far pace dopo la spiacevole discussione avuta in Hangar. La voce di Judau interruppe lo scambio di cortesie. “Okay gente, i possibili bersagli sono otto, ma potrebbero diventare undici visto che non sappiamo ancora da che parte stiano né il Gundam e lo Zaku, né quel minuscolo shuttle in fuga, lo vedete?” “Non ancora”, rispose Sanders “Io l'ho agganciato”, gli disse Yuri in cuffia, “passo i dati al tuo computer di bordo!” Un quadrato rosso apparve al centro dello schermo. “Tally oh!”, confermò Sanders annuendo. “Proviamo a fare le cose per bene”, proseguì Judau, “per prima cosa gli intimiamo di fermarsi tutti...” “Non ci ascolteranno...”, disse Sanders. “Non ci ascolteranno!”, gli fece eco Yuri. “Lo so, ma noi ci proveremo lo stesso!”, insisté Judau, canticchiando poi: “Noi non siamo i Titani, non siamo l'AEUG...” “...Siamo rispettabilissimi sbirri federali!”, conclusero tutti e tre in coro. Judau rise e continuò: “niente colpi di testa, risolviamo tutto e torniamo alla nave per l'ora di cena! Weapons Check!” “Tutte in sicura, all green!”, rispose Sanders e poi, tra sé, ripeté il monito del suo vecchio comandante Shiro Amada: “...restare vivi!” Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 08 Aprile 2014, 23:20:47 La prima salva di missili lanciata dall'Omega Gundam s'abbatté sui due Geara Zulu più vicini allo shuttle di M'Quve. Il potenziale esplosivo di ciascuno degli ordigni, progettato per i Mobile Suit dell'anno 0079, non era sufficiente da solo ad abbattere un modello recente, ma bastava a danneggiarlo pesantemente e certamente a fargli perdere l'assetto di volo. Il Geara Zulu che si trovava più avanti, appena colpito, perse istantaneamente un braccio, mentre l'esplosione del secondo e terzo missile ne deviarono il volo dritto contro la fiancata del Topkapi. Il Suit urtò la superficie perdendo entrambe le gambe e strappando via una porzione di scafo, per poi rimbalzare lontano ed andare ad impattare col secondo Geara Zulu che lo seguiva distaccato di poco, il tutto mentre il quarto missile, che lo aveva seguito senza essere riuscito ad avvicinarsi abbastanza per innescarsi, finiva la sua corsa anche lui sul secondo Suit il quale, a causa dell'impatto col compagno, era venuto a piazzarsi proprio davanti all'ordigno.
“Colonnello, l'Omega Gundam ci sta coprendo la fuga!”, disse il braccio destro di M'Quve mentre lottava senza sosta coi comandi della navetta per mantenere una rotta imprevedibile. L'anziano ufficiale osservò il monitor della telecamera posteriore. “Non sono esattamente i rinforzi che avevo chiesto, ma basteranno a farci guadagnare del tempo!” “Eccellenza!”, lo richiamò un altro dei suoi uomini, “l'approdo poppiero é a ore dieci, cinquecento metri!” “Bene!”, ghignò M'Quve, “virate a dritta!” “A dritta, eccellenza?”, domandò incredulo il tenente. M'Quve non rispose, sbloccò le ruote della sua sedia e si lanciò verso il pilota, afferrandone le mani e spingendo con una forza insospettabile la cloche a destra. Lo shuttle compì una strettissima virata sulla destra, volando al di sotto di altri due Geara Zulu che lo seguivano e sorvolando la porzione di scafo della Topkapi squarciato dal suit che era stato colpito per primo. I due Geara Zulu compirono una capriola in volo ed invertirono anch'essi la rotta, tornando a sorvolare il fianco della gigantesca astronave, mentre gli altri che sopraggiungevano abbandonarono l'inseguimento e presero rotte divergenti per dirigere, con una successiva manovra a tenaglia, verso il Gundam e lo Zaku. “Miss Sayla, quattro Geara Zulu, ore 9, 11, 14 e 15, tra i sette e i nove chilometri, velocità 160, rotte convergenti, saremo a tiro delle loro armi tra quaranta secondi”, riferì con laconica efficacia Haro. “Munizioni?”, chiese Sayla. “Altre due salve da quattro missili, sedici colpi nel beam rifle, vulcan esauriti” “Ok, io prendo quelli di destra, ma devi distrarmeli, la gittata delle loro armi é maggiore della mia e ho solo cinquanta colpi!”, chiese la donna. “Roger, attenzione alla forza centrifuga, Miss Sayla!”, avvertì Haro e, detto questo, prese a braccetto lo Zaku con il braccio sinistro, curando di avere comunque i lanciamissili liberi da impedimenti. Quindi, avviò alla massima potenza i vernier del lato destro del corpo, imponendo ad entrambi i suit una rapida rotazione antioraria. “Haro... non posso prendere la mira, così!”, protestò Sayla mentre si sforzava di restare aggrappata ai comandi. “I bersagli li aggancio io, miss Sayla, si limiti a premere il grilletto quando glielo suggerisco”, rispose Haro mentre l'Omega Gundam sparava in sequenza tutti i missili rimanenti. Gli ordigni corsero silenziosi verso i loro bersagli, spingendo i Geara Zulu a rompere la formazione d'attacco per evitarli. Poi, prima di impattare sui bersagli, tutti i missili esplosero contemporaneamente, accecando temporaneamente i sensori infrarossi dei suit. Fuori formazione, quindi impossibilitati ad usare il puntamento laser; Circondati da esplosioni, quindi impossibilitati ad usare il puntamento termico; Restava solo il puntamento radar, ma l'unico ad avere il radar a bordo era l'Omega Gundam. “Miss Sayla, fuoco, adesso!” Lo Zaku fece partire una raffica decapitando un suit nemico. “Cessi il fuoco!”, sentenziò Haro, accelerando la rotazione. “Di nuovo, miss Sayla, fuoco!” Un'altra raffica, un altro nemico centrato. “Cessi il fuoco!”, suggerì di nuovo Haro, cambiando il braccio con cui teneva lo Zaku ed invertendo il senso di rotazione. “Fuoco di nuovo!” Una raffica strappò entrambe le gambe, dal ginocchio in giù, al primo Geara Zulu colpito. “Continui a sparare!”, disse Haro, allineando la linea di tiro dello Zaku col secondo Geara Zulu, raggiunto da una salva che ne attraversò in diagonale il busto, facendolo finalmente esplodere. “Miss Sayla, sto per lasciarla, ho programmato il suo AMBAC perché riesca a fermare la rotazione da sola, mi dica quando è pronta al rilascio.” disse infine Haro. “Pronta!”, disse Sayla. “Tre... due.. uno... rilascio.” L'Omega Gundam lasciò il braccio dello Zaku, il quale continuò a piroettare brevemente come una ballerina per poi arrestarsi grazie ad un robusto colpo di reni associato al potere frenante di parte dei propulsori vernier. Poco più in là, anche l'Omega Gundam arrestò la rotazione e mise il Beam Rifle in posizione di tiro. “Miss Sayla, ho un messaggio da Kai Shiden” “Trasmettilo”, ordinò lei. Si udirono distintamente violenti conati di vomito, seguiti da un furioso: “Vi odio! Tutti e due!” Ma non ci fu tempo per tirare il fiato. Il beam di uno degli altri due suit nemici attraversò lo spazio tra l'Omega Gundam e lo Zaku, asportando di netto il piede sinistro di quest'ultimo. Entrambi i vecchi suit si voltarono verso la provenienza della minaccia ma, prima che potessero reagire, un razzo di segnalazione provocò un'esplosione di luci e bagliori che si frappose tra le due fazioni. Una voce risuonò in tutti i cockpit contemporaneamente: “Ai Mobile Suit non identificati, parla il Sottotenente Judau Ashta dei Lond Bell Corps, state operando con armi da guerra in un settore federale controllato, vi ordiniamo di cessare ogni attività immediatamente ed agevolare la verifica delle vostre credenziali da parte di un nostro team ispettivo!” Per un istante, tutto sembrò fermarsi. Sayla sentì Kai che, da dentro l'Omega Gundam, protestava: “Judau? Judau?! Bright Noa, già che c'eri potevi mandarci in soccorso Topolino!” Poi, i Geara Zulu tornarono ad aprire il fuoco. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 08 Aprile 2014, 23:21:25 Lo shuttle riemerse improvvisamente dallo squarcio nello scafo della Topkapi e riprese la sua corsa verso il punto d'approdo sito a poppa della mastodontica nave spaziale. I due Geara Zulu rimasti a dargli la caccia furono nuovamente presi in contropiede, e dovettero ruotare su loro stessi per riprendere l'inseguimento, perdendo secondi preziosi: quando furono di nuovo in rotta d'avvicinamento, lo Shuttle stava ormai ultimando l'agganciamento alla docking bay poppiera.
Il Geara Zulu più vicino, lanciato a tutta velocità, tentò il tutto per tutto e fece fuoco col suo beam cannon “a vista”, senza cioé aver calcolato una soluzione di tiro, quello che con le pistole tradizionali viene chiamato “tiro istintivo”. Fu un colpo fortunato, dopotutto. Pur non colpendo direttamente lo shuttle, andò ad abbattersi poco oltre la docking bay, generando una fontana di detriti che si frapposero tra la navetta e l'approdo, interrompendone la manovra d'agganciamento. All'interno dello shuttle, il tenente ai comandi vide attraverso il parabrezza i due giganteschi suit che si avvicinavano e prendevano correttamente la mira, stavolta. Si portò le braccia davanti al viso per un inutile istinto di difesa, e fece in tempo a dire: “Colonnello M'Quve...” Una salva di raggi spazzò via lo shuttle e la docking bay tutto in una volta. “No!”, urlò Sayla osservando l'esplosione sul monitor, e così facendo si distrasse una volta di troppo: un'altra salva di raggi proveniente da uno dei due Geara Zulu ancora impegnati in combattimento con lo Zaku ed il Gundam strappò di netto il braccio destro del suo suit, portandogli via anche il rifle. Un secondo colpo, potenzialmente fatale, venne fermato dalla gamba destra dell'Omega Gundam, che si frappose disperatamente tra lo Zaku ed i nemici. I due vecchi mobile suit, ormai fuori assetto per i colpi subiti, finirono uno contro l'altro. In un estremo tentativo di difendere la sua padrona, Haro comandò all'Omega Gundam di afferrare lo Zaku con la mano sinistra e stringerlo a sé, mentre contemporaneamente faceva fuoco alla cieca col beam rifle che aveva nella mano destra per tenere ancora lontani gli avversari, ma dopo appena un paio di tiri fu proprio il potente fucile a raggi ad essere colpito da una terza salva nemica. L'Omega Gundam riuscì appena in tempo a gettare via l'arma prima che esplodesse. Nonostante ciò, la deflagrazione ravvicinata tranciò l'avambraccio destro e il radome di una delle due antenne radar montate sul backpack. Bloccati in una sorta di abbraccio e costretti dal momento angolare generato dalle esplosioni a ruotare su loro stessi fuori controllo, i due vecchi mobile suit erano ormai un bersaglio facile ed inerme. Andata a buon fine l'intercettazione del minishuttle, gli altri due Geara Zulu invertirono la rotta per andare in supporto a quelli impegnati nel combattimento, ma non li raggiunsero mai. Una serie di mini-missili ad alto potenziale, provenienti dal limite delle Nubi di Kordilewsky, li investirono mutilandoli. “Due fuori, ne restano altri due!”, trasmise Sanders, esultando per i colpi mandati a segno dal suo Gustav Karl. “Bel colpo”, rispose Judau, “Vado a soccorrere lo Zaku ed il Gundam! Yuri, coprimi le spalle!” “Roger!”, rispose la giovane pilota, impegnando il suo mobile suit in una virata agile e strettissima nonostante le imponenti dimensioni, che la portò perfettamente in posizione di tiro verso i due nemici ancora operativi. Il Gustav Karl numero 3 estrasse i due componenti del suo beam rifle a lungo raggio dagli alloggiamenti lungo le gambe, li unì assieme e puntò l'arma così ottenuta. Uno dei Geara Zulu, evidentemente a corto di munizioni, abbandonò alla deriva il suo beam cannon ed armò l'ascia termica per i combattimenti ravvicinati. Avvicinò quel che restava dello Zaku e del Gundam e tese in alto il braccio, pronto a vibrare il colpo di grazia. Un beam ad altissimo potenziale gli asportò di netto avambraccio, mano e quanto essa impugnava. Il Geara Zulu si voltò nella direzione dalla quale era stato sparato il colpo, ma dalla direzione opposta emerse il Gustav Karl 1 di Judau che placcò al volo Zaku e Gundam portandoli via a tutta velocità dalla zona di combattimento. “Sanders, adesso!”, gridò Yuri. Il Gustav Karl 2 di Terry Sanders, già lanciato alla massima velocità verso i due avversari, sguainò contemporaneamente le due beam sabers alloggiate nelle cosce, estese le braccia in modo da ampliare il raggio d'azione delle lame energetiche, quindi passò tra i due Geara Zulu tranciandoli a metà del torace. “Signorina Sayla, é davvero lei?”, chiese Judau sfruttando il contatto tra il Gustav Karl e lo Zaku. “Sì, Judau”, rispose una voce femminile arruffata, “sono proprio io. Grazie per il salvataggio!” “Siamo pari!”, corresse il sottotenente ridendo. “Guardate, non é ancora finita!”, urlò Sanders attraverso il commlink. Tutti si voltarono verso il Gustav numero 2, e videro a cosa si riferiva... La Topkapi aveva acceso i suoi colossali motori e stava accelerando per uscire dalle Nubi di Kordilewsky... Sayla non dubitò un attimo, ma ringhiò con quanta rabbia aveva in corpo una sola parola, un nome: “M'Quve!” Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 09 Aprile 2014, 08:48:53 orpo fino a domani mattina non posso leggerlo... :furioso:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 09 Aprile 2014, 11:06:35 Bellissimo, Kai vomita e la Divina è adorabile nella sua ferocia!!!!
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 10 Aprile 2014, 15:27:22 VIII
“Cosa crede di fare?!”, qustionò minaccioso Meitzer Ronah dal monitor principale della plancia del Topkapi. M'Quve, seduto alla poltrona di comando della gigantesca astronave, sorrise. “Glielo dirò, dopotutto glielo devo...”, fece una pausa per valutare le reazioni del suo interlocutore. “Grazie alla sua abitudine di voler comunicare via laser, ho la posizione precisa della trasmittente, ossia di dove lei si trovi in questo momento...”, rivelò, “...secondo il computer di bordo, non appena accesi i motori d'apogeo, il che avverrà tra circa... quaranta secondi... mi ci vorranno appena quattro minuti per raggiungere il bunch Mua City, su Side 4!” Ronah tradì il suo nervosismo con una smorfia. “Vuole lanciare la Topkapi contro la colonia?! Lei é pazzo!” “Dubito che lei possa organizzare una fuga da lì in meno di quattro minuti e mezzo!”, puntualizzo M'Quve con un ghigno, “A presto, milord!”, e chiuse il contatto prima che l'altro potesse rispondere. M'Quve alzò lo sguardo verso la grande finestra panoramica della plancia. A poco meno di un chilometro di distanza, le Nubi di Kordilewsky raggiungevano la loro massima densità. Piccoli meteoriti, uniti a pezzi di ghiaccio e detriti prodotti dall'uomo, erano stati addensati dalla gravità terrestre in una fitta coltre che si tingeva di riflessi argentei ogni volta che la luce solare poteva raggiungerla. Come in quel momento. Osservando meglio, M'Quve notò uno scafo che attendeva immobile poco oltre la fine delle Nubi. Lond Bell lo stava già aspettando al varco. L'anziano ufficiale non si impressionò. “Cara Ra Cailum”, sospirò, “dubito che tu possa spingerti alla metà della velocità di questa astronave della Flotta di Giove!” “E se invece spegnessimo tutto, adesso?”, domandò truce una voce di donna. Prima che M'Quve potesse voltare la sua poltrona di Comando, uno sparo risuonò nella sala e s'abbatté su uno dei quadri del pilota automatico. Quando il colonnello poté vedere emergere dalla semioscurità la nuova arrivata riconobbe, nonstante lei indossasse integralmente una normal suit, Artesia Som Deykun. “Sta per uscire dalle Nubi, se avvierà i motori d'apogeo, non la prenderemo più!”, disse Judau, che conosceva fin troppo bene quella classe di Navi Spaziali. “Sto trasmettendo alla Ra Cailum la sua rotta, cercheranno d'intercettarla appena fuori dalla zona più densa di detriti”, rispose Yuri. Dentro la cabina del suo Gustav Karl, Judau scosse la testa: “Se accelera alla massima velocità, non esiste cannone a megaparticelle che possa tenerla in punteria!”, ammise. “E se colpissimo adesso i motori d'apogeo?”, chiese Sanders. “Sarebbe un suicidio, il raggio dell'esplosione di un motore termonucleare é assai maggiore di quello delle nostre armi, senza contare i detriti delle Nubi... quelli non vaporizzati dalla detonazione, verrebbero proiettati contro la Ra Cailum e le colonie più vicine!” “C'é Side 4, qui vicino!”, ricordò Yuri. “Perciò l'unica opzione é distruggerla prima che i motori si avviino?”, chiese Sayla dal suo Zaku danneggiato. Judau attese un attimo prima di rispondere. “Bisognerebbe prima disabilitarli dalla consolle dell'autopilota, in plancia!”, rispose. “Bene!”, rispose Sayla, “Gundam, voglio che restino tutti qui... voialtri, preparate le armi e dite alla Ra Cailum di fare altrettanto!” “Qui gli ordini li do io, signorina Sayla!”, protestò Judau, ma i vernier del vecchio Zaku rosso già vomitavano fiamme e lo spingevano verso la Topkapi, alla leggendaria Velocità di Combattimento della Cometa Rossa. I tre Gustav Karl si voltarono per lanciarsi all'inseguimento, ma l'Omega Gundam si frappose tra di loro puntandogli contro a bruciapelo il lanciamissili montato sul braccio superstite. Era vuoto, ma loro non potevano saperlo. “Vi supplico, non sparate!”, gridò Kai dalla cabina. “Il signor Shiden?”, riconobbe Judau, “Lei? Che diavolo ci fa lei a bordo di un Gundam?” Kai si sentì ferito nell'orgoglio e riprese coraggio. “Bamboccio, se l'hai potuto fare tu, lo posso fare anche io!” Judau non raccolse la sfida. “Abbasi l'arma!”, ordinò. “Vorrei, ma non posso!”, ammise Kai. “Come sarebbe che non può?”, insité Sanders, stavolta. “Non sono esattamente io, che sto guidando...” “E chi, allora?”, perse la pazienza Judau. “Haro.” Calò un silenzio gelido. “Mi sta prendendo in giro, vero?”, chiese Judau. “Veloce come si addice alla leggenda, Cometa Rossa!”, schernì M'Quve. Sayla puntò la pistola ed esplose un altro colpo, facendo sussultare il vecchio nemico e distruggendo un monitor a pochi centimetri alla sua destra. “Questo é per Ramba Ral!”, disse secca. “...Quell'idiota!”, rise M'Quve. Un altro sparo fece fuori il monitor alla sua sinistra, ma senza spaventarlo stavolta. “Questo è per Amuro Ray!” M'Quve scosse la testa. “E due!”, disse. Sayla si avvicinò e poggiò la canna della pistola sulla fronte di M'Quve. “E quest'altro é per Casval... e per me!” “Ah-ah!”, agitò l'indice della mano destra M'Quve in senso di diniego, “Hai dimenticato Zeon Deykun!” Sayla sgranò gli occhi, e M'Quve approfittò dell'istante. Inaspettatamente, sferrò da seduto un calcio allo stomaco di Sayla. Un calcio devastante, dalla potenza disumana, che la proiettò all’indietro per oltre venti metri. Il colpo che partì dalla sua pistola andò a piantarsi nel vetro della grande finestra panoramica. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 10 Aprile 2014, 15:28:31 “C'é qualcosa che non torna!”, rifletté ad alta voce Kai.
“Haro, dammi i comandi di questo coso!”, ordinò alla palla verde, che era ancora comodamente piazzata al centro del sedile di pilotaggio, e che lo ignorò. “Dammi i comandi, ho detto!”, insisté Kai cercando di afferrare la cloche di destra. Una delle breccia telescopiche di Haro fuoriuscì dalla sua sede e colpì il giornalista all'inguine. “Porca...!”, sibilò Kai, afferrandosi i genitali. “Si può sapere che succede, la dentro?”, chiese via commlink Sanders, facendo muovere leggermente il suo Gustav Karl n°2. Haro tornò a controllare l'Omega Gundam per correggere la posizione del lanciamissili in modo che passasse dal puntare il suit di Judau a quello del suo wingman. Kai approfittò del nuovo e più gravoso task del piccolo robot: memore di quanto gli era appena successo, aprì di scatto il portello del cockpit e sferrò un calcio alla palla verde, lanciandolo fuori, nello spazio aperto. Poi, agì sulla chiusura. Haro si proiettò nello spazio e andò a sbattere sullo scafo del Gustav di Judad. “Ehi, c'era davvero Haro, là dentro!”, disse il pilota, mentre manovrava con delicatezza la mano sinistra del suo suit per recuperare il minuscolo automa. Tanto bastò a Kai per lanciare l'Omega Gundam a tavoletta, in direzione della Topkapi. Quando Sayla si riebbe dal colpo, si ritrovò semisdraiata in fondo alla plancia del Topkapi. Alzò lo sguardo, e M'Quve era di fronte a lei, in piedi, che la teneva sotto tiro con la sua stessa pistola. “Abbastanza ingenuo, da parte vostra, altezza!”, esordì il vecchio ufficiale, “Dopotutto, sono l'executive di una ditta che fabbrica Mobile Suit, vuole che non abbia accesso a delle protesi bioniche?” M'Quve sorrise e tirò con la mano non armata un lembo dei suoi eleganti pantaloni, rivelando uno stinco interamente meccanico. “Perché questa pagliacciata?”, domandò lei. “Strana domanda, lei é la sorella di un uomo che é andato in giro per anni con una maschera sul viso, sostenendo di avere cicatrici che in realtà non aveva... maschera che, mi dicono, adesso porti spesso anche lei... nonostante abbia ancora un bel visino!”, spiegò con disprezzo M'Quve, chinandosi e battendo con la canna della pistola contro la visiera chiusa del casco di lei. “Cosa c'entra mio padre in tutto questo?”, chiese lei, mentre intimamente si sforzava di non rivelare la paura che provava a quel verme. “Zeon non avrebbe mai permesso lo scoppio della guerra, così come non lo avrebbe mai fatto il suo amicone Degwin Zabi!” “La... Massive Dynamics?”, realizzò Sayla. “Gihren era un altro paio di maniche, però...”, continuò lui, “...messo nel posto giusto, riuscì a inabilitare suo padre risparmiandoci il disturbo di dover eliminare anche lui!” Inclinò la testa di lato senza smettere però di fissarla. Fece spallucce. “Certo, poi lo ha ammazzato lo stesso, Degwin, ma chi siamo noi per giudicare? Dopotutto si diceva avesse ucciso perfino il suo mentore Zeon!” “Sei un bastardo..!”, sibilò lei. M'Quve scosse la testa. “Hai distrutto i comandi dei motori d'apogeo, puttana”, scandì, “il tuo piccolo cervello da scimmia bionda non immagina nemmeno che così facendo hai appena salvato la pelle ad un altro bastardo, che scatenerà un'altra guerra, tra qualche tempo...”, le sferrò un altro calcio su un fianco, neanche lontanamente forte quanto il primo, ma comunque il calcio dato da una macchina. Sayla urlò di dolore. M'Quve si chinò di nuovo su di lei, mettendo l'indice davanti alle labbra per ingiungerle di non fare rumore, mentre con l'altra mano premeva la canna della pistola contro il punto in cui l'aveva appena colpita. “Ssst! Non ti preoccupare, mi occuperò di lui subito dopo aver finito con te!”, l'afferrò e la tirò su, in piedi. Tenendole la pistola piantata nel fianco, la trascinò verso la finestra panoramica della plancia. “Non ti ucciderò, non ora... sarai il mio lasciapassare!” Quando arrivarono davanti alla finestra, videro spuntare l'Omega Gundam dal basso, dritto di fronte a loro, monco di un braccio e di una gamba, ma indubbiamente funzionante. “Ma guarda! Scommetto che c'é Shiden, lì dentro! É riuscito a guidare un Gundam, alla fine!” Sayla non lo ascoltò. Si concentrò su un minuscolo dettaglio sul vetro della finestra. M'Quve si rese conto d'essere ignorato e trasalì. Spinse più forte la canna sul fianco malandato. Sayla gemette. “Fagli ciao ciao con la manina così che sappia che sei ancora viva e non tenti una cazzata delle sue!”, ordinò Sayla volse lo sguardo verso il Gundam. “Kai, se mai c'é stato del vero nella dottrina newtype di mio padre, adesso ti supplico, sentimi!”, pensò tra sé la donna, mentre alzava una mano e faceva un cenno. L'Omega Gundam sembrò indietreggiare leggermente. Agendo col gomito della mano che salutava, Sayla colpì M'Quve in pieno volto, facendo schizzare via l'occhio finto dalla sua sede. Contemporaneamente, si divincolò dalla sua presa. M'Quve, accecato del tutto dal dolore, tirò il grilletto. Un secondo proiettile si piantò nel vetro, poco distante dal primo. Con una torsione, M'Quve gettò Sayla a terra. “Maledetta troia!”, gridò, tenendosi l'occhio mancante. “Ti sono sempre piaciute, le cose belle, vero?”, ghignò lei mostrando l'occhio finto stretto saldamente nella mano destra e facendolo ruotare di centottanta gradi, mostrando il luccicante retro: “Qui dietro c'é proprio un bel diamante!” M'Quve ringhiò. Sayla lanciò l'occhio contro il vetro della finestra. Nel tentativo di afferrarlo, M'Quve saltò con tutta la forza delle sue gambe nella stessa direzione. Una forza disumana. M'Quve fu il terzo proiettile sul parabrezza. Quello più devastante. Il vetro andò in pezzi. La decompressione esplosiva che ne derivò, risucchiò entrambi, e tutto quanto di mobile c'era in plancia, nello spazio. L'Omega Gundam afferrò al volo Sayla mentre veniva soffiata via tra i detriti. Sulla plancia della Ra Cailum il Direttore di Tiro si voltò verso il Comandante Meran. “Il Gundam s'è allontanato dalla linea di tiro, Comandante!”, disse. “Bene”, annuì Meran, “Mirate ai serbatoi di elio 3, ma attenzione a non colpire i motori d'apogeo. Tutte le armi: fuoco!” Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 10 Aprile 2014, 15:29:39 EPILOGO
Kai soppesò il suo miniregistratore digitale 3d nella mano. Il sobbalzo dell'auto rischiò di farglielo sfuggire, così decise di metterlo via, sprofondandolo in una tasca della giacca. “Chiedo scusa!”, disse la voce sintetica del taxi automatico. Kai fece una smorfia e guardò fuori dal finestrino. La sera era calata da un po' a Green Noa. Le luci della strada gli scorrevano attorno assieme al traffico dell'ora di punta, sulla tangenziale che portava dal centro in periferia. Ci sarebbe voluto ancora qualche minuto. Socchiuse gli occhi. “Ahio!”, protestò Kai mentre Sayla gli disinfettava un largo taglio sullo zigomo, uno dei tanti esiti del pestaggio dei commandos di M'Quve. “Smetti di lamentarti come un bambino!”, disse pazientemente lei completando la medicazione con dei punti adesivi. “Sai, non ho mai scoperto che tipo di dottore sei...”, disse lui guardando il risultato allo specchio. “Quello giusto per te: un veterinario!”, rispose lei mentre si sfilava i guanti sterili. Kai si voltò verso di lei e sbatté gli occhi. Sorrise. “Non mi freghi, stai mentendo!” “Forse!”, sorrise Sayla. Il taxi si fermò sul ciglio della strada, giusto davanti alla soglia della villetta di Kai. “Il costo della corsa è proiettato sullo schermo poggiatesta davati a voi!”, disse la voce sintetica del pilota automatico. Kai accostò la mano allo schermo, che ne lesse le impronte digitali. Sentì lo scatto delle portiere che si sbloccavano. “L'ammontare verrà addebitato sul suo conto corrente, Mr. Shiden! Grazie e arrivederci!” Kai sbuffò, afferrò la sua ventiquattr'ore e uscì dall'auto. “Hai distrutto di proposito i comandi della Topkapi, vero?”, domandò Kai, “Potevi sparare direttamente a M'Quve e poi fermare la nave, ma volevi costringere Lond Bell a distruggerla!” “Se così ti pare...”, rispose lei, mentre osservava, assorta nei suoi pensieri, lo spazio esterno attraverso l'oblò, “…tu hai tralasciato di dirmi che quel bastardo camminava ancora...!” “Perché, Sayla?”, insisté il giornalista ignorando l’appunto di lei, mentre le si sedeva accanto. “Perché non vuoi che questa storia si sappia? Davvero pensi che i morti di queste ultime guerre non riceverebbero più giustizia, se si sapesse la verità?” Si girò in modo che lei fosse costretta a guardare lui piuttosto che il finestrino. “Non potremo riportare indietro i morti, é vero”, continuò, “ma lasciare che il loro sacrificio affoghi nella menzogna, che i loro cari ignorino la verità, non è peggio?” Sayla si voltò verso di lui. “Kai, i newtype esistono!” Kai sbatté le palpebre allibito. “Devono esistere!”, disse lei, “Devono esistere anche se non esistono. Perché solo se il genere umano crederà fermamente che il prossimo passo nella sua evoluzione sia la comprensione, la comunione, la carità... solo allora ci sarà davvero, un nuovo tipo d'umanità!” Kai distolse lo sguardo. “Se riveleremo... se rivelerai, Kai, quello che é successo, non riporterai in vita nessuno. Forse scatenerai un'altra guerra. Ma quel che é peggio, tarperai le ali alla speranza che un giorno, un giorno vicino, gli uomini possano capirsi invece che combattersi... non ci serve gente che sappia comunicare a distanza o possa deflettere i fasci di megaparticelle col pensiero... ci servono persone in grado di comprendersi, indipendentemente dal fatto che questa facoltà sia extrasensoriale o meno.” Kai non rispose. Sayla gli prese la mano. “So quanto é importante il tuo lavoro per te, e ti chiedo scusa se a volte l'ho disprezzato. Ti chiedo scusa per le volte che ti ho sfruttato per fare indagini per conto mio. Ma adesso ti imploro...” Kai si voltò verso di lei, allobito. “... ti imploro di fare la cosa giusta. E la cosa giusta da fare é una sola.” Kai fece per dire qualcosa. “Non togliere la speranza all’umanità!”, concluse lei. Le luci dell'ingresso-soggiorno si accesero automaticamente appena Kai attraversò la porta. Sfilò la giacca e la gettò distrattamente sul divano ad angolo poco più in là, nonostante avesse un appendiabiti a muro a fianco della porta di casa. Sprofondò le mani in tasca e passeggiò fino al grande monitor a muro che fungeva da PC, tv e telefono. Agitò la mano davanti allo schermo e questo s'accese. Un messaggio in segreteria. Il suo editore. Fece partire il messaggio e, con un ampio gesto del braccio, trasferì l'immagine bidimensionale sullo schermo in un ologramma tridimensionale al centro della stanza, ma non degnò il tipo basso e grassoccio che gli parlava di uno sguardo. “Shiden, sono settantadue ore che non ti fai vivo...” Kai andò al mobile bar e si versò una dose doppia di bourbon. Sorseggiò brevemente, come in trance. “...mi hai promesso lo scoop della tua vita! Hai voluto un congruo anticipo!”, continuò l'ologramma. Kai alzò lo sguardo sul muro accanto. C'erano appesi, incorniciati, i suoi articoli andati in prima pagina nel corso degli anni. Erano solo quattro, ma una era la copertina del Time Magazine. Kai si voltò come risvegliatosi all'improvviso, corse verso la giacca e tirò fuori il registratore 3d. Premette un tasto e l'ologramma del nuovo programma Frontier apparve nel palmo della sua mano. Agitò la mano, ed esso fu sostituito da documenti del progetto Cosmo Babylonia. C'era tutto, in pochi istanti era riuscito a copiare tutto il computer della Topkapi, prima di mostrarlo a Sayla. Si voltò verso l'ologramma che aveva preso a sbraitare minacce. Strinse il registratore in mano. Gli angoli della bocca si curvarono all'ingiù. Scagliò il miniregistratore contro lo schermo a parete. Finirono entrambi in mille pezzi. “Grazie per la comprensione e l’aiuto, porta i miei saluti all’Ammiraglio Bright”, disse Sayla a Judau, che le teneva aperto il portello d’imbarco di uno degli shuttle della Ra Cailum. Judau si voltò verso Kai. “Ehm, sì, digli che lo richiamo!”, disse lui. Lei gli lanciò un’occhiataccia. “Calma!”, fece lui intuendo il sospetto, “mi ha solo chiesto di fare un’indagine su un certo Mafty, per conto suo!” “Sul sedile c’è una sorpresa!”, disse Judau facendo l’occhiolino alla donna. Sayla sorrise, s’affacciò in cabina e, quando riuscì, aveva Haro tra le braccia. “Grazie! Peter non mi avrebbe perdonata, se lo avessi perso!” “Peter? E chi sarebbe?”, domandò Kai. “Andiamo, prima che Lond Bell cambi idea!”, disse Sayla. Kai si affacciò alla finestra del salotto. Essendo la villetta costruita in cima ad una delle finte colline di Green Noah, era facile osservare il cielo stellato nelle finestre sul lato opposto della colonia. Si immaginò di vedere uno Zaku rosso che sfrecciava, percorrendole per tutta la lunghezza. “Va bene”, disse tra sé, “facciamo a modo tuo, Sayla.” Il telefono integrato nello schermo a parete squillò. Maledicendosi per l’intempestività del suo scatto di collera, Kai agì sul telecomando manuale, visto che il comando gestuale era andato in pezzi con lo schermo. “Pronto?”, disse. “Mr. Shiden, sono io, ho verificato quello che mi aveva chiesto… come mai non la vedo sullo schermo?” “Tutto ok, ho un guasto al monitor, dimmi pure…” “Ah, ok. Bene, c’è effettivamente un ragazzino di nome Peter, nel palazzo del governo a Sweetwater.” Una nuova luce s’accese negli occhi di Kai. “Descrivilo.” “Dieci anni o poco più, capelli ricci, rossi, occhi blu.” “Va bene”, annuì Kai, “e il campione di DNA che ti ho dato per il confronto?” “Corrisponde”, disse la voce, “chi è questo tizio, capo?” “Tutto ok, ci sentiamo domani!”, tagliò corto Kai, e chiuse la chiamata. Bevve un altro sorso di bourbon. Forse uno scoop lo aveva, dopotutto. Aprì un cassetto e ne tirò fuori un vecchio portatile Apple del ventunesimo secolo. Adorava la roba vintage, al punto che s’era imbarcato sulla White Base con una Polaroid. “Questa volta mi ammazza davvero!”, disse sorridendo mentre il pc si avviava. Aprì il Word Processor e digitò il titolo, per cominciare: “Amuro & Sayla: What is and what should never be.” F I N E Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 10 Aprile 2014, 18:02:25 Ma che meraviglia meravigliosa!
(click per mostrare/nascondere) Spettacolare, ottimo lavoro Bright. Un vero peccato che sia finita. Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 10 Aprile 2014, 18:42:14 Ti ringrazio sinceramente. Ti chiedo solo, se non ti disturba, di mettere alcuni passaggi sotto spoiler. Solo se ti va. Magari un bigniamino fa comodo cmq... ;)
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 10 Aprile 2014, 23:16:38 ah ah ti sei riattaccato a te stesso mica male. poi ci vuole il seguito comico con la divina che insegue kai per tutti gli angoli del mondo.
bello, ma io, forse, avrei lasciato in sospeso la scelta di Kai - alla fine il problema etico che si pone non è di poco conto. la prima risposta che viene in mente è "la verità prima di tutto" ma la controrisposta "a qualsiasi costo?" viene subito in mente e non c'è una risposta univoca... Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 11 Aprile 2014, 01:20:04 Non potevo, F91 e Victory sono ambientati dopo, ma hanno i newtypes e le particelle minowsky!
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 11 Aprile 2014, 07:14:48 Non scherziamo, la Divina ha chiesto di non parlare, quindi non c'è alcuna scelta da compiere, si ubbidisce e basta!
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 11 Aprile 2014, 08:43:05 Non potevo, F91 e Victory sono ambientati dopo, ma hanno i newtypes e le particelle minowsky! ma chi se ne fotte! :lol: lo sai che per me esiste solo 0079 - e forse z va' (anche se non trovo l'ultima puntata :dunno:) Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 11 Aprile 2014, 09:03:29 ma chi se ne fotte! :lol: lo sai che per me esiste solo 0079 - e forse z va' (anche se non trovo l'ultima puntata :dunno:) eh ma il racconto abbracciava epoche e serie diverse... Poi l'unico altro modo di risolvere il dilemma sarebbe stato far uccidere Kai da Sayla ma mi sembrava di copiare il finale di Watchmen...Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 11 Aprile 2014, 12:11:24 A me sarebbe andato anche bene! :angelo:
Chi sono io per criticare la Divina e le sue scelte? :inchino: :inchino: :inchino: Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 11 Aprile 2014, 17:54:15 A me sarebbe andato anche bene! non avevo dubbi, magari lo scrivo pure questo epilogo alternativo... Poi faccio una polo per il migliore!Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: roberto - 12 Aprile 2014, 08:58:43 benissimo, adesso mi sono copiato in un file word tutto e me lo leggo nei momenti di calma :asd: :evil2:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 18 Aprile 2014, 10:36:24 benissimo, adesso mi sono copiato in un file word tutto e me lo leggo nei momenti di calma :asd: :evil2: mi hai appena dato un'idea...Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 18 Aprile 2014, 10:43:01 bah qualcuno mi aveva suggerito di suggerirti di rilegare in volumetto amatoriale condito di disegni free copy...
poi lo vendi a noi, ti arricchisci, apri un conto svizzero cambi mestiere e finalmente vai a vivere alle Maldive Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 18 Aprile 2014, 11:58:34 bah qualcuno mi aveva suggerito di suggerirti di rilegare in volumetto amatoriale condito di disegni free copy... appunto quello che sto facendo, raccoglierlo in un volume PDF intendo, non rilegarlo per venderlo. Magari con qualche extra... poi lo vendi a noi, ti arricchisci, apri un conto svizzero cambi mestiere e finalmente vai a vivere alle Maldive Com'é che i suggerimenti per me passano per tuo tramite? Ho un segretario e non lo sapevo? :angelo: Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: fabiotrb - 18 Aprile 2014, 12:02:29 ECCO... il Pdf andrebbe benissimo, così lo stampo e lo leggo con calma... :mrgreen:
.. e guai a chi tocca KAI :furioso: Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 18 Aprile 2014, 12:30:07 rilegare è l'espressione che è venuta in mente a me :old: ovviamente il consulente editoriale intendeva un pdf... mentre io povero esecutore ho il cervello spento...
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Hikaru - 18 Aprile 2014, 14:09:17 ECCO... il Pdf andrebbe benissimo, così lo stampo e lo leggo con calma... :mrgreen: .. e guai a chi tocca KAI :furioso: Ma Kai buttalo nel cesso, sperando che non lo intasi! :loool: Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 21 Aprile 2014, 21:09:58 The Minovsky Affair and Other Universal Century Fan Stories - ora in un unico e-book!
http://www.filedropper.com/theminovskyaffairandotheruniversalcenturyfanstories (http://www.filedropper.com/theminovskyaffairandotheruniversalcenturyfanstories) Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 21 Aprile 2014, 23:06:32 era nell'uovo di pasqua! lo scarico subito sperando che Kai non intasi nulla :mrgreen:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 21 Aprile 2014, 23:09:57 all'anima! 206 pagine :shock:
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 22 Aprile 2014, 09:59:41 all'anima! 206 pagine :shock: non esageriamo! Sono in formato A5 come i romanzi "veri" e minovsky occupa solo le ultime 90 o poco più...Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: artesio - 22 Aprile 2014, 11:27:17 appunto e le altre 110...? leggeremo...
Titolo: Re: Mobile Suit Gundam 0099: The Minovsky Affair Post di: Bright - 22 Aprile 2014, 11:29:11 Roba che hai già letto, ma visto il finale direi che così si quadra il cerchio...
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